Giuseppe Liuccio |
A mio modesto
parere, l'idea di dare un ruolo più dignitoso a Capaccio Scalo, anche
con una nuova toponomastica, non è balzana, ma, invece, coglie e registra
una esigenza vera. E bene ha fatto il sindaco, Italo Voza, a porre il
problema, sollecitando un dibattito tra le forze politiche, imprenditoriali,
intellettuali e tutta la più vasta società civile. Corre, però, l'obbligo,
di chiarire fin da subito che non è solo un problema di toponomastica,
che se mai viene dopo, solo dopo, un lungo percorso che è di cultura,
di storia, di riassetto territoriale, attraverso un restyling , ma non
solo, per bonificare l'esistente e ridisegnare la popolosa contrada,
ipotizzandone ruolo e funzioni per lo sviluppo futuro dell'intero territorio.Entro
anch'io nel tema, non da tecnico, ma da osservatore attento e con occhio
d'amore, con la speranza di dare un contributo. E parto da una premessa
necessaria, sottolineando concetti noti ai più, soprattutto agli addetti
ai lavori.
La città, ed
ogni centro urbano lo è nell'accezione più ampia ampia del nome, ubbidisce,
o dovrebbe ubbidire,ad una logica di organizzazione fisica (l'assetto
urbanistico) e di funzioni (istituzioni,servizi sociali, culturali,
ricreativi e ludici, religiosi,ecc.) con una perfetta sinergia tra spazi
privati e pubblici adeguatamente attrezzati, soprattutto questi ultimi.
Per Capaccio Scalo così non è. Si tratta di una contrada cresciuta
a dismisura negli ultimi decenni con una visione miope dello sviluppo
urbano, che ha privilegiato l'edilizia per civili abitazioni , a scapito,
spesso o quasi sempre, di quella pubblica, a servizio delle esigenze
sociali dell'intera collettività. Ne è venuta fuori una conurbazione
con agglomerazioni a schiera e supersfruttamento del suolo edificabile
ed edificato lungo la statale 18, prima e dopo la rotatoria centrale,
e lungo la via del mare verso la Laura, dando l'impressione a
chi vi capita per la prima volta di essere arrivato più in un quartiere
periferico di Napoli (Secondigliano, Casoria,in parte anche Scampia
ecc) che nel cuore o quasi di uno dei più straordinari siti dell'archeologia
di caratura mondiale, patrimonio dell'Unesco, tra l'altro. Totale assenza,
o quasi, di un minimo di infrastrutturazione di servizi culturali. Per
fortuna l'imprenditoria privata ha fatto la sua parte e sono nati bar
confortevoli, dove è possibile dare appuntamento agli amici per un
caffè o per uno scambio di idee. Diversamente ci sarebbe solo la strada,
il cui traffico intenso a qualsiasi ora del giorno e, da un pò di tempo
a questa parte, anche della notte, non consente neppure una passeggiata
in tranquillità. Certo più giù c'è Piazza Santini, ma è fredda,
poco accogliente, quasi invivibile (necessita di una riflessione a parte
che farò presto).
Per il resto lo sviluppo urbanistico dell'intera
contrada, compreso anche il vicino Rettifilo) ubbidisce ad una
logica più di cittadini migranti che di stanziali. Le case sono a margine di strada, quasi come
per una via di fuga.improvvisa E' la vecchia logica della ruralità:la
casa a distanza ravvicinata della proprietà contadina per raggiungere
con estrema facilità il luogo di lavoro.
Il tema è stimolante e merita
analisi attente e rigorose con l'occhio attento alla sociologia politica
ed ancorandosi alla storia antica e moderna della contrada e dell'intero
territorio per ridisegnarne io futuro. E certamente anche la toponomastica
può e, secondo me, deve aiutare. Mi sia consentito consigliare al sindaco(ammesso
che gli faccia piacere leggere i miei consigli) di dotarsi di una Commissione
Toponomastica all'altezza del compito o quanto meno di un consulente
minimamente credibile, perchè si accinge a mettere mano alla storia,
passata, presente e futuro di Paestum. Il che non può e non deve consentire
peccati/colpe e sfregi alla cultura e alla bellezza. Il mondo ci guarda
e ci giudica.Io ritornerò sul tema.Per intanto vorrei pregare
gli amici del gruppo di animare un dibattito, mettendo da parte battute
ed ironia, ma sforzandoci di affrontare il dialogo con la serietà e
la sobrietà che l'argomento impone.
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