7. Considerazioni finali.
1 Premessa
Nel 2010 presentai all’attenzione dell’Amministrazione Comunale e della Commissione Comunale per la Toponomastica una mia proposta, sintesi, completamento e rielaborazione di quelle di tutti i componenti della Commissione medesima, dal titolo “Considerazioni sull’Odonomastica locale e proposte di criteri generali sulla Toponomastica cittadina”[1], fatta propria dalla Commissione e adottata tale e quale dalla medesima amministrazione con la deliberazione del Consiglio Comunale N.31 del 12 Marzo 2011.
Nella Parte II parlando dell’odonomastica della contrada Laura al punto 7[2] propongo l’enumerazione ed intitolazione degli sparti fuochi, che oggi ai più risultano anonimi, poco identificabili, non solo per l’utenza dei vari stabilimenti balneari in zona, ma anche per un’eventuale azione di emergenza di polizia o pronto soccorso sanitario.
Pur rimanendo necessaria un’intitolazione di queste “Vie al Mare” , è stata accantonata dalla Commissione, per esigenze tecniche espresse dai competenti uffici, quella di una loro numerazione funzionale, seguendo oggi quella legata ai dati catastali.
Sulla loro denominazione, invece, la Commissione ha ritenuto di optare per la scelta di nomi di personaggi della cultura e delle arti che hanno reso celebre nel mondo Poseidonia-Paestum, in particolare coloro che furono attori del Grand Tour e della diffusione e sviluppo del “Modello Paestum” nel movimento Neoclassico del XVIII secolo.
2 Le Vie del Mare
Le vie d’accesso al Mare, per la zona compresa tra la Foce del Sele e Torre di Mare, risultano essere ben 16.
Ho enumerato progressivamente tali accessi solo per una loro comoda individuazioni ai fini della presente proposta.
Muovendosi nella direzione Salerno -Agropoli sulla SP 175, comunemente denominata Via Foce Sele, troviamo il primo accesso al mare, indicato col numero 1. Questa dinanzi alla sede del Corpo Forestale si biforca, sulla destra in uno Spartifuoco 1 a, che porta al Mare, e sulla sinistra in una via 1 b, sulla quale sono presenti anche numerosi accessi di abitazioni private. Strada che si prolunga sino all’Eden Park - Foce dei Tramonti .
Figura 1 - Vie al Mare da 1 a 4 (Google Satellite) |
Figura 2 - Vie al Mare da 1 a 6 (Google Satellite) |
Le Vie al Mare da 1 a 6 sono quelle presenti dal Ponte sul Sele alla rotatoria dove inizia l’ex Via Sterpinia, ora Via Poseidonia. La Via 6 è, come appare nella Figura 3, una via provinciale, la SP 424, anch’essa attualmente denominata come Via Poseidonia, cui potremmo però attribuire una denominazione diversa.
Figura 3 - Mappa "Territorio e località di Capaccio", edita dal Comune di Capaccio, Area IV, Pianificazione Urbanistica [3] |
Figura 4 - Le Vie del Mare (6 -11) che portano alla via dei lidi, cioè il futuro auspicabile lungomare. (Google Satellite) |
Figura 5 - Vie del Mare da 10 a 16 (Google Satellite). |
La VdM 14 o Via Marittima, parte dalla rotatoria sulla SP 175, attraversa Via Poseidonia, per arrivare all’Hotel Schumann. Tale attuale denominazione è orrenda ed a mio parere, la via andrebbe intitolata ai coniugi Schumann, che fondarono la prima struttura recettiva della zona, appunto la pensione Schumann, facendo un’eccezione nello schema proposto, cioè la scelta di un’odonomastica localizzata legata al Grand Tour.
3 La denominazione delle Vie del Mare
Nell’ambito del dibattito interno alla Commissione per la Toponomastica comunale è emersa la necessità di testimoniare il lascito di quegli eruditi e studiosi, che sulla Via del Grand Tour, resero noto nel mondo il nome di Paestum e la magnificenza dei suoi tre templi dorici.
Tratto da Architettura pubblica e privata nell'Italia antica a cura di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2007 – pag. 143 |
Op. cit. pag. 144 |
Op. cit. pag. 145 |
Inizialmente anche su proposta del Maestro Sergio Vecchio si era pensato di intitolargli delle vie nella contrada di Licinella. Successivamente però sono emerse altre necessità. La prima è di non stravolgere dove non necessario l’impianto della toponomastica esistente per non gravare i cittadini e le imprese di adempimenti e costi superflui. La seconda, di dare un’intitolazione alle vie ed agli sparti fuochi che dalla SP 175 e da Via Poseidonia vanno verso il mare.
Inevitabilmente, poi, emerge anche la necessità di giocarsi questi “nomi” là dove esiste una valenza turistica più che urbana, cioè ad esempio nelle Vie al Mare.
4 Proposte per l’intitolazione.
Le personalità che hanno contribuito alla diffusione della conoscenza di Paestum sono tantissime. Inevitabile operare una scelta. Infatti non mancano nelle varie arti i possibili candidati, dalla letteratura, alle arti figurative sino alla filosofia o alla storia. Come già premesso ho ristretto la rosa a quanti hanno contribuito alla diffusione del modello Paestum nel movimento neoclassico. In ultimo ho inteso segnalare anche esponenti della più moderna delle arti figurative, la fotografia, che continuarono a perpetuare nell’ottocento il mito di Paestum nel mondo, alimentando ulteriormente il Grand Tour anche in quel secolo.
La scelta di tali personaggi non poteva che essere inevitabilmente non legata alla loro notorietà al grande pubblico, ma all’importanza che ebbero nel veicolare Paestum nel contesto storico dell’epoca.
5 Paestum e i neoclassici
1. Claude-Mathieu Delagardette (Parigi 1762-Orléans 1805). Nel 1791 ebbe successo con un monumento dedicato a Mirabeau e vinse il Prix de Rome. In Italia studiò i monumenti antichi sui quali scrisse Les ruines de Paestum ou Posidonia (1799). A Orléans, vinse il concorso per la “S.te-Montagne de la liberté” e costruì un tempio alla patria con materiale asportato da Notre-Dame. Fra le sue opere teoriche, Leçons élémentaires des ombres dans l'architecture (1786).
2. Thomas Major, 1720-1799. Les Ruines de Paestum, ou de Posidoniae dans la Grande Grece and The Ruins of Paestum, otherwise Posidonia, in Magna Graecia. London: J. Dixwell, 1768. L’opera di Thomas Major consiste di 24 incisioni a piena pagina (23 delle quali dei templi e delle maestose rovine di Paestum, e una di carattere numismatico), precedute da un’introduzione storica e dalla descrizione degli edifici. L’opera fu pubblicata per la prima volta a Londra in un’edizione bilingue francese e inglese, e tradotta in italiano e in tedesco nel 1781. L’opera del Major, che predata quella di Giovan Battista e Francesco Piranesi di qualche anno, può essere considerata la prima descrizione organica e sistematica di questo imponente sito archeologico.
3. Antonio Joli (Modena, 1700 – Napoli, 29 aprile 1777) è stato un pittore e scenografo italiano, esponente del Vedutismo. Iniziò come apprendista di Rafaello Rinaldi, poi lavorò in Roma con Giovanni Paolo Panini e con lo studio Galli-Bibiena. Divenne così un pittore di scenografie teatrali a Modena e Perugia. Nel 1735 si trasferì a Venezia, dove rimase fino al 1746, quando iniziò a viaggiare: Germania, Londra (1744-48) e infine Madrid (1750-54). A Londra decorò la magione del King's Theater ad Haymarket, John James Heidegger. Tornò a Venezia nel 1754, dove fu un membro fondatore dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. Viaggiò per Napoli nel 1762, dove decise di rimanere fino alla morte, avvenuta quindici anni più tardi. I suoi dipinti sono custoditi in diversi musei in tutto il mondo.
4. John Robert Cozens (Londra, 1752 – Londra, 14 dicembre 1797) è stato un pittore inglese. Fu un acquarellista di ispirazione e scuola romantica. “Il secondo viaggio che John Robert Cozens compì in Italia fu probabilmente l’occasione per la realizzazione dei suoi disegni dei templi pestani, raggruppati in sette sketch books di riferimento per rielaborazioni dipinte o acquerellate. Alcuni di essi, nella stesura finale, rappresentano i tre templi completamente immersi in un cielo minaccioso, che lascia in balìa degli effetti chiaroscurali la definizione delle masse plumbee al pari di quelle architettoniche: i toni romantici anticipati da Piranesi qui irrompono senza esitazioni, ed anticipano nei valori chiaroscurali e negli scenari minacciosi la drammaticità rappresentativa di William Turner. Proprio nell’opera di Turner, nelle sue vedute ormai pienamente romantiche, infatti, il pathos di simili contrasti si accentua sino a divenire mera contrapposizione tra blocchi di luce ed ombra”.
5. Jean-Claude Richard de Saint-Non, meglio noto come Abate di Saint-Non, o Abbé de Saint-Non (Parigi, 1727 – 25 novembre 1791), è stato un incisore, disegnatore, umanista, nonché archeologo, mecenate e viaggiatore francese. “Nel 1778 visitò Paestum. Suggestionato dai luoghi e dagli scavi archeologici, scrisse Voyage pittoresque, ou description des royaumes de Naples et de Sicile (1781-86, pubblicato con la collab. di D. Vivant de Denon). Durante il suo soggiorno romano protesse alcuni giovani artisti francesi, tra cui H. Robert, J.-H. Fragonard, che gli fornirono disegni per le sue raccolte d'incisioni (Fragments de peintures ... d'après les maîtres italiens, 1770-73 e Vues de Suisse, 1777-79)”.
6. Anton Sminck van Pitloo (Arnhem, 21 aprile 1790 – Napoli, 22 giugno 1837). “È tra Roma e Napoli che si determinerà pienamente la sua personalità di artista, soprattutto a Napoli, dove avrà modo di meditare sull'arte dei tanti paesisti moderni e comunque tutti nordici come Dahl, Rebell ecc. Intorno al 1820 apre una scuola di pittura, una sorta di accademia privata, nella quale si formano alcuni dei più dotati ingegni del tempo: Giacinto Gigante, Gabriele Smargiassi, Raffaele Carelli e Achille Vianelli. Il nucleo primordiale della scuola è Posillipo. Sarà poi chiamato ad assumere l'incarico di professore di paesaggio al Reale Istituto di Belle Arti. Cominceranno tempi nuovi anche per l'Accademia che troverà in Pitloo un professore attento, puntuale e tutto dedito al lavoro”.
7. Carl Christian Costantin Hansen (Roma, 1804 – Copenaghen, 1880) è stato uno scultore danese. Studente a Copenaghen degli ideali neoclassici di Bertel Thorvaldsen, trascorse nove anni (1834-1843) in Italia, dove affrescò villa Albani. In Danimarca fu invece autore delle decorazioni dell'Accademia danese e di vari ritratti. Nell’opera di Costantin Hansen, se pure rimane un accento residuale romantico nell’interno del Tempio di Nettuno, in cui la figura del pastorello denuncia lo stato di incuria e il solitario abbandono in cui sono lasciati i templi, nel poderoso interno del Tempio di Cerere “L’estrema precisione... La chiara luce meridionale ci riporta ai valori luministici del grande paesismo danese del primo Ottocento...“.
8. Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (Parigi, 27 gennaio 1814 – Losanna, 17 settembre 1879) è stato un architetto francese, conosciuto soprattutto per i suoi restauri degli edifici medioevali. Fu una figura centrale tanto nell'architettura neogotica in Francia, quanto nel pubblico dibattito sull'"autenticità" in architettura, che infine trascese tutti i revival, permeando lo spirito emergente del Modernismo. Il viaggio compiuto da Eugène Viollet-le-Duc in Italia è spunto per la verifica di determinate posizioni culturali personali, quale il convincimento dell’importanza dell’indagine e dell’operazione di ricostruzione del manufatto per restituirne l’intrinseca realtà ed unità. Nel suo acquerello dell’Interno del Tempio di Nettuno “il suo occhio architettonico esalta... la maestosa evidenza delle strutture, liberando l’interno del tempio... dalle scorie di un repertorio aneddotico e pittoresco“ (Joselita Raspi Serra).
9. Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768) è stato un archeologo e storico dell'arte tedesco. Fu il primo a adottare, nella storia dell'arte, il criterio dell'evoluzione degli stili cronologicamente distinguibili l'uno dall'altro. Notevole è stato il suo contributo per la storia dell'estetica. È stato uno fra i massimi teorici ed esponenti del neoclassicismo. Per aver pubblicato la Storia delle arti del disegno presso gli antichi, in cui la storia dell'arte antica è ricostruita in base alle scoperte archeologiche, Winckelmann è considerato il fondatore dell'archeologia moderna, sulle orme di Ciriaco d'Ancona, fondatore di questa scienza in senso generale. Del 1758, anno delle raffigurazioni dello Joli, è la visita del padre dell'archeologia Johann Joaquim Winckelmann (1717-1768) che nell'introduzione alle sue Osservazioni sull'architettura degli antichi (1759) dedica ampio spazio, con dettagli acuti, ai templi di Paestum collocandoli nella storia generale dell'architettura e proponendoli come esempio di quella greca, indicata come archetipo di ogni altra successiva.
10. Jean-Léon Gérôme (Vesoul, 11 maggio 1824 – Parigi, 28 gennaio 1904) è stato un pittore e scultore francese. La Paestum raffigurata da Piranesi nel 1777 è la stessa che l’artista francese Jean-Léon Gérôme (1824-1904) raffigura nell’olio su tela, oggi perduto, View of Paestum presentato al Salon del 1852, variante del soggetto già esposto nell’esposizione del 1849. La tela raffigura il tempio di Nettuno immerso in una natura selvaggia lasciata allo stato di secolare abbandono e impaludamento. L’inquadramento della scena e la suggestione delle rovine abitate da una mandria di bufali al pascolo è certamente un topos iconografico che già Piranesi codifica nelle sue incisioni, ormai entrate nella memoria collettiva, segnando pertanto il ritorno al dorico, Greek-Revival, e al gusto dell’antichità classica intesa sia come evocazione sentimentale sia come realizzazione strutturale ed esaltazione del nuovo mito dorico che rappresenta la natura come infinito emozionale. Nella lunga recensione al Salon il critico parigino Gustave Planche (1852, 685) dedica pochi righi alla tela di Gérôme: “M. Gérôme a copié habilement le temple de Neptune de Paestum, et, pour donner au paysage quelque chose de vivant, il a placé devant les colonnes de ce temple un attelage de buffles. Je regrette seulement que le ciel n’ait pas plus de chaleur”.
11. Jakob Philipp Hackert (Prenzlau, 15 settembre 1737 – San Pietro di Careggi, 28 aprile 1807) è stato un pittore tedesco che lavorò molto in Italia. Contemporaneo di Cozens, Hackert, giunge in Italia nel 1768 con il fratello Johann attirato da località lontane dalle note mete del Grand Tour soggiornando nel 1770 per la prima volta a Napoli. Dell’Hackert significativo risulta essere un disegno a penna acquerellato di collezione privata che ritrae la Basilica e il tempio di Nettuno secondo un particolare punto di vista che appare essere il medesimo raffigurato nello schizzo acquerellato conservato presso il Dipartimento dei Disegni del Klassik Stiftung di Weimar. In entrambi i fogli il pittore tedesco offre una lettura del paesaggio come evento naturale, egli pratica un’osservazione attenta dei fenomeni geologici e atmosferici, segnando pertanto una svolta in questo genere di pittura. La sua produzione assume un carattere squisitamente topografico e di vero oggetto documentario visivo, fondamentale per la fortuna di Paestum, immutato da secoli, combinando alla suggestione ideale, echeggiante la mitica realtà del passato, una rappresentazione oggettiva e fotografica, istantanee en plein air. L’artista non si lascia più guidare dalle suggestioni della generazione precedente, come è ben evidente in Piranesi, bensì adesso è in prima persona immerso nella natura, a diretto contatto con la realtà osservandone ogni singolo particolare e praticando una ricerca sia archeologica che storica di quanto sta visitando. Il vedutismo di Cozens, Jones e Hackert non è più idealizzato, al contrario si connota come topografico con un realismo più maturo e immediato.
Lo stesso Hackert afferma come la pratica sistematica e programmatica del dipingere e disegnare en plein air sia assolutamente prioritaria per un artista: «disegnare dal vero, senza attardarsi troppo a seguire copie da disegni, poiché nel copiare apprenderà sì il meccanismo della mano, ma non capirà nulla del disegno se non conosce la natura». Una rappresentazione, o meglio un’istantanea en plein air di Paestum quella di Hackert che, quasi un secolo dopo, appare la stessa ripresa dal fotografo Giorgio Sommer (1834-1914) in cui compaiono i monumentali templi immersi nel paesaggio rimasto immutato, privo dell’azione di antropizzazione e ancora col sapore di un tempo sospeso.
6 I precursori della fotografia a Paestum.
La tradizione del Viaggio in Italia per gli intellettuali europei si protrasse nell'Ottocento con la presenza di fotografi, i cui scopi erano artistici e tecnici (bisognava provare le reazioni dei prodotti alla luce meridionale) ed anche mercantili: le fotografie dell'Italia avevano grande valore a Parigi, a Londra o a Berlino.
1. Giorgio Sommer (Francoforte sul Meno, 1834 – Napoli, 1914) è stato un fotografo italo-tedesco. Nel 1856 trasferì i suoi affari a Napoli e successivamente (1866) formò un sodalizio con il fotografo tedesco Edmund Behles (noto anche come Edmondo Behles) che possedeva uno studio a Roma. Operando dai rispettivi studi a Napoli e a Roma, Sommer e Behles divennero i più prolifici produttori di fotografie in Italia. Il suo catalogo includeva immagini dai Musei Vaticani, dal Museo archeologico nazionale di Napoli, le rovine romane a Pompei, ma anche strade ed architetture di Napoli, Firenze, Roma, Capri e Sicilia. Le più notevoli fra tutte sono quelle da lui pubblicate nell'album Dintorni di Napoli, che conteneva più di un migliaio di immagini di architetture e "scene di vita quotidiana" a Napoli. Le "scene di vita quotidiana" erano, in realtà, ricostruite in studio, essendo all'epoca impossibile, per i tempi d'esposizione, riprendere soggetti in movimento; esse sono spesso macchiate da un vieto folklore. Nel 1872, documentò l'eruzione del Vesuvio in una serie di affascinanti fotografie. Sommer e Behles parteciparono a numerose esposizioni vincendo innumerevoli premi e riconoscimenti per la loro opera (Londra 1862, Parigi 1867, Vienna 1873, Norimberga 1885). Infine, Sommer fu nominato fotografo ufficiale di Re Vittorio Emanuele II d'Italia. Oltre alle fotografie, Sommer produsse stereografie, illustrazioni per libri, biglietti da visita.
2. Gustave Eugène Chauffourier (Parigi 1845 - Napoli 1919) è oggi considerato come uno dei più grandi vedutisti dell’Ottocento, e le sue immagini sono molto ricercate dai grandi collezionisti internazionali.
3. Eugène Le Dien (1817-1865), il più celebre degli allievi di Gustave Le Gray, fù uno dei primi a portare con sé sulle strade ancora incerte degli Stati papalini e del Regno napoletano le ingombranti attrezzature fotografiche dell'età romantica. Le sue fotografie di Paestum furono scattate sicuramente prima del 1865.
4. Alphonse Bernoud (1820 – 1889) è stato un fotografo francese. Pioniere della fotografia, il lionese Alphonse Bernoud abbandonò la Francia per raggiungere l'Italia, ove la sua fama raggiunse ben presto gli alti ranghi della società italiana, tanto da diventare il fotografo della corte dei Borboni prima, e successivamente di Casa Savoia. 5. Robert Rive was a 19th-century photographer who was born in Great Britain but developed most of his work in Italy. After several years working in this country he changed his name to Roberto Rive. Main collections of his work are the photos from Pompei and Rome in the 1860/70's. Rive exhibited at the "10th Annual Exhibition of the Photographie".Robert Rive worked as a topographical and portrait photographer from the beginning of the 1860s until 1889 in Naples.[1] In 1867, he took part at the Exposition Universelle of Paris. His studio produced views and stereographs of many Italian cities. He took photographs of monuments of Paestum. “Giorgio Sommer and Robert Rive began a systematic census of the monuments and daily life, in an amazing collection that provided information on Campania and Sicily”.
6. Gustave Le Gray (Villiers-le-Bel, 30 agosto 1820 – Il Cairo, 30 luglio 1882) è stato un fotografo francese del movimento pittorialista. Fu uno dei fondatori della Société héliographique e della Société française de photographie. Intorno al 1860 fu compagno di viaggio di Alexandre Dumas e si trovò a Palermo al passaggio dei Mille. Documentò la devastazione causata dell'insurrezione popolare, in vedute deserte di uomini ma piene di rovine.
7 Considerazioni finali
In questo lavoro non ho attribuito alcuna denominazione alle Vie del Mare individuate, limitandomi semplicemente a fare un’elencazione di possibili intitolazioni. Penso, infatti, che tale compito debba e possa essere svolto in commissione collettivamente da tutti i suoi componenti, unendo quindi le capacità e le conoscenze specifiche di ciascuno. Mi limito a segnalare, a mia opinione, la necessità di rinominare:
• lo spartifuoco 6 (ora denominato Via Poseidonia, cioè la SP 424);
• il 7 considerato come prolungamento di Via Cristoforo Colombo (per capire la via del Villaggio Oasis), che a questo punto potrebbe ancora essere considerata un tutto unico con lo spartifuoco nella nuova denominazione;
• Via Marittima, indicata col numero 14.
• In ultimo la cosiddetta Via dei Lidi , che potrebbe divenire Lungomare Laura o Poseidonia;
• Via Poseidonia, che dovrebbe recuperare nel nome il suo toponimo storico, per preservarne il ricordo, cioè Via Sterpinia.
NOTE:
[1] Protocollo del Comune di Capaccio N. 51115 del 5 Dicembre 2010.
[2] “Considerazioni sull’odonomastica locale e proposte di criteri generali sulla Toponomastica cittadina”, di Vincenzo Di Sirio, Parte II, 2.2 Laura, L’odonomastica della frazione, punto 7.
[3] Da ora Mappa TLC.
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