giovedì 28 novembre 2013

Far politica a Capaccio: deferenza, consenso e protesta.



di Enzo Di Sirio


Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi e veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza. (G. Bruno)


Nelle mie precedenti riflessioni pubblicate su Unico, ho cercato di individuare le ragioni “storiche” e “culturali” per le quali è difficile nel nostro paesello attribuire identità ed appartenenze a chi fa politica. In questa, invece, vorrei toccare un altro aspetto, quello dei “luoghi”, che dovrebbero essere attori principali e motori della Politica, intesa nel suo senso più alto, cioè quello che inerisce i fatti della Polis (la Città) e le modalità ed i contenuti dell’azione politica.

Oggi, apparentemente, a Capaccio pare esserci un solo “luogo”, dove si discute e ci si confronta, ed è il PD. Anche se appare più un partito d’apparato che di iscritti, i quali sembrano essere chiamati in causa solo al momento della prova dei rapporti di forza, come ad esempio nei congressi o le primarie. Ciò non toglie, che nel bene e nel male, è uno dei pochi luoghi dove comunque ci s’incontra, si discute, ci si confronta e magari si litiga anche, dove si cercano modalità di confronto con gli eletti, che sia la formazione di un gruppo consiliare (che pone in evidenza delle contraddizioni politiche) o il tentativo di far “sintesi”, come nella mozione congressuale, che ha visto parte della dirigenza del partito e degli eletti convergere su Landolfi, il candidato di area deluchiana.

Esistono, poi, partiti con organigrammi ed iscritti solo su carta, come il PDL e FdI

Persino l'UDC, che pur aveva fatto immaginare durante il periodo elettorale una certa vitalità, appare ormai gestito come “cosa privata” ed è solo sulla carta.

C’è, poi, l’API, che sembra vicina ad Enzo Sica ed il movimento di Giovanni Piano, Vola Alto.

“Per quanto riguarda il Movimento Vola Alto da me creato ed iscritto a Livello Nazionale con quasi 600 tesserati ha come riferimenti politici Salernitani”, ha affermato Giovanni Piano, gli onorevoli Mara Carfagna, Enzo Fasano e Franco Cardiello del PDL e l'on. Edmondo Cirielli ed Antonio Iannone di FdI.  “Vola Alto”, quindi, pare collocarsi a destra, anche se in posizione dialettica con la cosiddetta “destra di governo e civica” dell’attuale amministrazione Voza.

Purtroppo questo interessante esperimento politico pare scontare una sovraesposizione del suo leader e l’apparente incapacità di essere “movimento”, inteso nel senso di una pluralità di soggetti, iscritti e simpatizzanti, che movimentano la sua vita interna come il manifestarsi coralmente nella vita politica del paese.

Sempre in area centro-destra è recente l’indiscrezione, non so quanto fondata, che vorrebbe il “transito” di tre consiglieri comunali importanti nel Nuovo P.S.I. di Antonio Fasolino e di Stefano Caldoro.  Operazione, se confermata, che darebbe “un peso” ed “un ruolo” ancora maggiore ai tre consiglieri in seno all’amministrazione comunale, i quali oltre a possedere “le chiavi” per le porte della Regione, potrebbero rimettere in gioco lo stesso avvocato Fasolino apparentemente “tagliato fuori “, all’indomani delle elezioni amministrative, da quella compagine civica che tanto aveva contribuito a far nascere.

La politica, quella vera è partecipazione. Prevede l'esistenza in vita del Cittadino, che virtuosamente scaccia la moneta cattiva, cioè i sudditi ed i clientes emarginandone i riferimenti padronali.
C’è, poi, la “sinistra massimalista ed ambientalista” capaccese, che sotto varie forme e sigle comunque anima l’asfittica vita politica e culturale del paese, anche con interessanti manifestazioni e proposte di contenuti, ma che è discontinua o assente nella fase di controllo e verifica dell’azione amministrativa degli enti sul territorio.

In sostanza quello che è accaduto a Capaccio è la vanificazione o l’annullamento di quei luoghi aperti ai cittadini e deputati alla partecipazione ed al confronto politico, che abbiano forma realmente civica o partitica.

Di fatto il tentativo di far nascere un reale movimento civico a Capaccio fallì subito dopo le elezioni del 1995, quando, Pietro De Rosa, il fondatore delle liste “Rinnovamento” e “Venti Nuovi” si trovò ad essere “esternalizzato” dagli eletti, facendo venir meno quella dialettica fondante l’originaria civicità, quella cioè tra movimento organizzato e la sua rappresentanza elettiva in seno all’ente comune. In sostanza quando gli “eletti” (in ogni senso vogliate intenderne la parola) non ebbero più necessità di confrontarsi con quanti li avevano votati, rimanendo unici interpreti della loro azione politica ed amministrativa.

Dopo di allora, quindi, si ebbero solo aggregazioni elettorali, pseudo politiche (come quella dell’esperienza della sindacatura Sica) o pseudo civiche (come quelle dell’esperienza Marino o Voza), che in realtà nulla erano se non dei gentlemen's agreement (cioè dei patti tra gentiluomini) in cui i singoli o gruppi cercavano di piazzarsi sul carro del possibile vincente.

Personalmente penso che l’antidoto a questa antipolitica sia tornare ai “luoghi della politica”, cioè ai luoghi dove il comune cittadino, come simpatizzante o iscritto, possa partecipare alla determinazione dei programmi e dei contenuti dell’azione politica-amministrativa, confrontarsi con gli eletti per realizzare quella “verifica” democratica delle cose fatte o da farsi ed il reclutamento o la selezione della classe dirigente.

E ciò indipendentemente se la forma scelta della partecipazione politica dei cittadini sia partitica o di associazionismo civico.  Perché ritengo che questi “luoghi” siano anche scuole di democrazia e di senso civico. 

La grande sfida è però culturale più che politica. Quella di ridare centralità alla gente e di renderla soggetto attivo dei processi politici, protagonista più che mero soggetto delegante, cittadino e non cliente o suddito, timorosa persino di dar voce ai propri pensieri, recuperando quella dignità che anche in situazioni personali, economiche e sociali più difficili non impedì ai Capaccesi dei due secoli precedenti al ventunesimo di battersi per i propri diritti. Le “battaglie per la terra” per strapparla al monopolio di pochi è cosa appena di ieri. Allora mi domando: possibile che i nipoti, più acculturati, di quegli uomini che compirono tali imprese, oggi, possano essere meno capaci ed ardimentosi di chi li ha preceduti? 

Diceva Luigi Sturzo: “le rivoluzioni sono figlie di idee e di sentimenti prima che di interessi”.

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