martedì 1 settembre 2020

IL SISTEMA DIFENSIVO NELLA PIANA DI CAPACCIO PAESTUM TRA MEDIOEVO E PRIMA MODERNITÀ.

 



È noto come sin dal primo medioevo la nostra zona sia stata interessata prima dalle incursioni saracene e poi da quelle barbaresche, come anche da molte vicende belliche che interessarono il Regno di Napoli, tra cui la ben nota Guerra del Vespro.

In particolare le incursioni saracene prima e poi quelle corsare barbaresche spinsero le popolazioni dei centri abitati presso la costa a spostarsi verso l'interno, cosa che comunque non le mise completamente al riparo da tali sciagure come da altri eventi bellici.

Ciò però non significa che le zone costiere non fossero ancora luogo di interessi economici o piuttosto fossero completamente disabitate.

Difatti sappiamo della laboriosa opera di recupero e messa cultura di non pochi luoghi della Piana di Capaccio per iniziativa sia dei monaci greci (nel senso di rito greco, cioè ortodosso) che dei Benedettini, come anche delle popolazioni locali.

Sul Capodifiume e sul Solofrone sorsero numerosi mulini, indice di una notevole produzione di cereali, che poi attraverso l'approdo di Torre di Paestum e dei diversi porti fluviali sul Sele, prendevano la via di Salerno, Napoli e della Costiera Amalfitana, dove i mercanti atranesi ed amalfitani li commercializzavano in tutto il Mediterraneo, specie verso il Nord Africa. 

Altro bene commerciale nostrano che trovava spazio in un ambito internazionale sempre attraverso la mediazione degli amalfitani era il legname proveniente dalle zone interne.

Bene considerato di grosso pregio e valore.

Non mancavano poi villaggi e casali che ritroviamo citati nei documenti d'epoca, quali  Gromola, S. Basilio, Spinazzo,  S. Barbara, Casavetere di Capaccio (Capodifiume), Silifone  e  Mercatello.

In particolare è interessante la dizione di "castrum" con cui sono citati alcuni di questi insediamenti nei documenti cavensi. 

La notizia ce la fornisce il Ventimiglia nel suo "Notizie storiche del Castello dell'Abate...", dove cita "Spinacium, castrum apud Capuacum", S. Barbara e "S. Nicolaus, castrum ultras fluvium Silarum" (cioè Mercatello sul Sele).

Da precisare che con "castrum" nel tempo e nei luoghi si sono intese cose assai diverse, ma accomunate dal concetto di luogo difeso.

Si va quindi dal castello, al villaggio fortificato, sino ad una costruzione non necessariamente militare fortificata come una torre, un mastio o anche una masseria.

Ciò, se fosse ulteriormente confermato ci darebbe un quadro diverso del sistema di difesa del territorio che non si esauriva nei due castelli di Caputaquae e di Agropoli o nelle torri costiere.

Dovremmo, poi, aggiungere un ulteriore tassello al quadro da noi sommariamente delineato, cioè la presenza nell'attuale Barizzo di una fortificazione, costituita da almeno un mastio, di cui alcuni suoi elementi strutturali, nel suo rifacimento cinquecentesco, sono ancor oggi visibili nell'architettura della villa di scuola vanvitelliana dei Principi Doria d'Angri: le sue mura perimetrali inclinate e spesse 2.2 metri e la cisterna centrale alimentata da una fonte d'acqua.

Salvo questi elementi fisici di questa fortificazione non abbiamo notizie documentali dirette.

Sarebbe interessante quindi una ricognizione della documentazione archivistica della famiglia Doria presso l'archivio di stato di Napoli per trovare dei riscontri.

Abbiamo però un possibile riscontro indiretto nell'opera di Teodorico di Niem, De Schismate, redatta fra il 1407 e il 1410, che descrive la fuga da Nocera di papà Urbano VI sino ad una fortificazione sul Sele, dove poi delle galere genovesi lo avrebbero tratto in salvo.

Questa fortificazione è denominata in diversi modi da Teodorico di Niem (castro  fluviarii, portum  fluminarium,  loco  fluminario) ma sempre collocato presso il fiume Sele.

Potrebbe quindi trattarsi di questo mastio a Pontebarizzo, come anche riferirsi a Mercatello, che abbiamo visto denominato "castrum" nei documenti cavensi citati dal Ventimiglia.

Resta comunque impensabile che quella che era la masseria più importante del feudatario di Capaccio, avente funzione centrale e direttiva nell'economia dei suoi domini, ma anche luogo della sua autorità di governente e "barone", non fosse anche fortificata. Fortificazione che, poi venuta meno nelle sue funzioni di difesa, fu sostituita nel settecento da una più elegante e alla moda villa.

A completare il sistema di difesa della sinistra Sele, vi erano le ben note torri di guardia (del Sele, di Paestum e di S. Marco).

Alessandro La Volpe (1820 -1887), Marina di Paestum.


Foto storica della Torre di Foce Sele dall'archivio di Massimo Caramante


Sicuramente queste torri rientrarono nel piano dei viceré spagnoli (XVI sec.) di organizzazione di un sistema di guardia e di difesa delle coste del regno, come un'ampia documentazione archivistica attesta (sappiamo in molti casi persino il nome delle maestranze e la data di inizio dei lavori).

Meno noto è che non tutte le torri di questo articolato sistema di difesa furono costruite allora. Alcune sono molto più antiche e risalgono a periodi antecedenti, come quelle costruite sotto i sovrani normanni o angioini.

Un esempio ci è dato da un documento cavense del XIII secolo (Arca L, n. 23) che riprende una "direttiva" di Federico II, che ordinava la riparazione e manutenzione delle torri costiere cilentane e che vedeva partecipi nell'atto "di recepimento" i rappresentanti dei più potenti baroni locali, cioè la Badia ed il Vescovo di Capaccio.

Le torri non sono esplicitamente indicate, ma comunemente si ritiene fra gli studiosi che siano quelle cilentane di Tresino, di Licosa, di Cannicchio, di Ascea, di Palinuro e di San Giovanni a Piro.

Tra queste in un suo studio A. La Greca inserisce anche quella di S. Marco di Agropoli forse perché rientrante anch'essa nel dominio di uno di quei potenti signori feudali di cui si fa cenno nel documento cavense, cioè il vescovo di Capaccio.

Possono quindi essere più antiche le torri di Paestum e sul Sele?

Taluni studiosi pensano di sì, indicandole come di età angioina. Altri decisamente no!


Immagine 1: la Piana di Capaccio Paestum in una presunta mappa aragonese (XV sec.).


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