Questa mappa redatta da un agrimensore è assolutamente interessante perché "prova" per una lite giudiziaria (disegnata cioè da un equivalente del moderno CTU) e quindi sostanzialmente veritiera sullo stato dei luoghi nel XIX secolo.
In alto è possibile vedere il Santuario della Madonna del Granato con le due strade da cui era possibile arrivarvi.
Una è quella, tutt'ora esistente, cioè Via Sferracavallo, che partendo dalla SS 166, in località Vuccolo Maiorano, arriva in cima al Monte Calpazio, innestandosi in Via Francesco Crispi.
Sul versante mare del Monte Calpazio oggi vi è l'altro ramo della Sferracavallo, che parte dalla piazzetta e si immette sulla SS 13a (per capire dove è l'edicola della Madonna del Granato). Anticamente invece vi era un'altra strada che come possiamo vedere seguiva un percorso un po' diverso.
Sul Capodifiume possiamo vedere uno dei mulini che allora sorgevano sul corso del fiume, quello in cui oggi si svolge una attività di ristorazione.
Più in alto su quella che era l'antica via per il Cilento, cioè più o meno l'attuale SP 318, vi è un edificio esistente tutt'ora, ma irriconoscibile, che difficilmente farebbe immaginare essere così antico: l'antica Taverna del Conte.
Era qui che secondo un decreto del 1567 era concesso al feudatario della Contea di Capaccio il diritto di riscuotere la “Pandetta seu Tariffa”, cioè il pedaggio che doveva pagare chi percorreva la Via per il Cilento. Questa era una delle tre vie che attraversavano la piana capaccese da nord a sud. Una era costiera, più un sentiero che una via, ma scarsamente usata, perché prossima alle zone impaludate. Partiva dalla torre costiera del Sele, attraversava lo spazio tra la riva e l'acquitrino detto Sele Morto, per giungere all'altra torre sul lido di Paestum e quindi risalire verso l'antica città. Probabilmente in uso da chi prestava servizio presso le torri di guardia e da pescatori o forse connessa con l'antico Portus Maris, che secondo alcuni era alla foce del Sele in quello che era detto Lago Paolino e poi Sele Morto.
Quella mediana, partiva con la Cilentana dall'approdo della scafa e giunta al Barizzo si disgiungeva dall'altra puntando verso Paestum. La più importante e trafficata, ma anche la più antica, era proprio la Via per il Cilento, che costeggiava la piana ai piedi dei rilievi collinari. Questa era quella più sicura anche rispetto al pericolo di un possibile contagio malarico (mal-aria).
Non è un caso quindi che il decreto del 1567 imponesse che proprio su questa strada e “proprio nella taverna e non in altro luogo” gli uomini del Conte di Capaccio dovessero riscuotere il pedaggio. Appresso la Taverna del Conte a Capodifiume, si trovava dopo quasi due chilometri la “Taverna di Giancesare” , la cui memoria sopravvive nell'omonimo toponimo locale. Non caso, a mia opinione, nei pressi di entrambe le taverne erano presenti delle fonti di acqua potabile, utili per dissetare dopo il lungo tragitto uomini ed animali.
A proposito... avete capito quale è l'attuale edificio che anticamente svolgeva la funzione di taverna?
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