sabato 10 novembre 2012

Quando la medicina era davvero amara. Ovvero quando il medico era filosofo, praticone, stregone e sicuramente ciarlatano.


Dal Libro di Memorie della famiglia Materazzi di Serramezzana (Cilento, anno 1799) 
"Nell'ottobre del 1799" il barone Materazzi, "colpito << da una ben lunga, e penosa febre terzana>> si sottopose alla cura << di rinomatissimi medici com'è generalmente di costume>> , ma i loro specifici, gli accrescevano anziché diminuire il male (<<influivano più tosto all'imperversamento della malattia, che alla guarigione>>). Gli fu consigliato di cambiar aria e se ne andò nel convento dei cappuccini di Perdifumo, dove conobbe un monaco di 88 anni, padre Pasquale della Salella, << il quale all'età accompagnava una probata esperienza avendo viaggiato buona parte dell'Europa, e dell'Africa>>. Discorrendo dei medici questo monaco gli consigliò di avvalersene quanto meno poteva e di tener presente la seguente parafrasi:
M.E.D.I.C.O.

Minuitur
Etas
Dilungatur
Infirmitas
Carnifex
Occultus.


<<Tanto mi piacque - conclude il Materazzi - e la ritrovo vera,  che per non dimenticarmela l'ho voluta qui trascrivere>>".

Da pag. 52 de "La borghesia di provincia nell'età borbonica" di Francesco Volpe, E.S.I., 1991. 


 

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