martedì 22 agosto 2017

NOTIZIE STORICHE SULLA CONTRADA SANTAVENERE IN ETA' MEDIOEVALE


La contrada Santa Venere ha anch'essa una storia che affonda le sue radici nel medioevo ed è da questa epoca che trae il suo nome.

Il santuario di Santa Venere (fonte: MiBAC)
Anche se comunemente è detta Santa Venere in realtà l'originaria denominazione è quella di Santavenera (Sancta Beneri). 
Tale sostituzione ha anche creato dei malintesi, facendo immaginare che il toponimo fosse legato ad un culto a Venere, che pur lì vicino (ex Cirio) si teneva in età classica.
In realtà il toponimo si origina dalla presenza nel XI secolo d.C. di un "monasterio villanu de monaci greci" (con cui non s'identificava la nazionalità ma il culto ortodosso degli stessi) "bocabulum Sancta Beneri de locum Cornito" che in un altro documento del 1052 del Codice Diplomatico Cavense viene precisato essere "in loco Cornitu finibus Caput Aquis".
Cornito, è toponimo assai diffuso in età medioevale ed indica l'abbondanza in loco di cornioli. Sappiamo, sempre da un documento del 1052 del C.D.C., anche che in tale località presso il basso corso del Salso era presente un mulino.
Abbiamo quindi in quella che era la località Cornito, che poi diventerà Santa Venera, una comunità di monaci con una Chiesa dedicata a Santa Venera (o anche detta Santa Preparazione). Santa da alcuni considerata una trasposizione agiografica del Venerdì Santo.
La tradizione cristiana vuole che la Santa Venera (detta anche Santa Veneranda) sia nata il giorno del Venerdì Santo dell'anno 100 ad Acireale da due nobili originari delle Gallie. 
Morti i genitori, si dedicò alla vita contemplativa ed alla predicazione che tenne anche in Campania.
Fu martirizzata con la decapitazione, per alcuni fonti in Gallia e per altre in Sicilia,
Anche in questo caso abbiamo un'immagine della nostra Piana già nell' XI secolo ben diversa da quella comunemente immaginata. Abbiamo dunque nei pressi dell'antica Paestum, a Cornito - Santa Venera, un cenobio di monaci con una chiesa, ma anche un mulino. Cosa che ci fa ipotizzare che la zona non dovette essere assolutamente abbandonata, quanto piuttosto persino coltivata e luogo di riferimento religioso.

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