giovedì 24 settembre 2020

IL TERRITTORIO DELLA PIANA DI CAPACCIO ATTRAVERSO UNA RICOGNIZIONE STORICA - CARTOGRAFICA : la Tabula Peutingeriana e la cartografia tolemaica.

 



In questo articolo  tentiamo, con  i  nostri  modesti  mezzi,  un approccio  allo  studio del  territorio fondato sullo  studio incrociato  della  cartografia  delle  diverse  epoche  storiche con le  tante raffigurazione  artistiche  del  territorio, che  hanno un esempio  importante  nelle  diverse  vedute  della piana  pestana  dal  XVIII secolo  ad oggi, ma anche con le narrazioni di viaggiatori o le descrizioni dei luoghi contenuti in documenti d'epoca come gli atti notarili.

Fonti, quindi,  di  questa  ricerca sono la  non sempre facilmente  reperibile  cartografia del  Principato Citra e della Piana di Capaccio, ma  anche  quella  realizzata  dai  primi  studiosi  di  Paestum  e  delle  sue rovine  oltre  che l'immensa  produzione  di  vedute  che  dal  settecento raffigurano  non solo i  noti templi  ma anche il  territorio  circostante. 

Ad essa  potrebbe  aggiungersi,  in una  seconda  fase  di  approfondimento,  quella  reperibile  presso gli archivi  di  Stato  di  Salerno  e  Napoli.  In questo caso non si  tratta  di  opere  d'importanti  autori  della cartografia  generale  o “regionale”,  ma  di  tecnici  di  provincia  che  assumono le  qualifiche  più varie (ingegneri,  architetti, maestri,  mastri, geometri,  periti, agrimensori, tavolari,  compassatori,  ecc.), spesso riunite  nella  stessa  persona  anche  con  aggiunte  specificatorie  (camerale,  regio, forestale, provinciale,  provisorio, ecc.).  Si  tratta  di  “artisti”  che,  se  non sono inquadrati  in un ente  statale (Officio  Topografico,  Ponti  e  Strade, ecc.),  lavorano  su commissione  di  potentati  ed enti  feudali (laici  o religiosi),  trovando occasionale  impiego  nei  lavori  pubblici,  ma  anche  come  periti  o coadiuvanti  di  quest'ultimi  nelle  numerosissime  cause  civili  tra  cittadini, tra  questi  e  maggiori possidenti  o enti  di  varia  natura. 

La Tabula  Peutingeriana 

Una  delle  prime  rappresentazioni  cartografiche  che  toccano anche  il  nostro  territorio è  quella  della “Tabula Peutingeriana”  (ill. iniziale),  mappa  che  prende  il  nome  dall’umanista  Konrad Peutinger  che  la scoprì  alla  fine  del  XV  secolo. 

Di  datazione  controversa,  è  ritenuta  una  copia  di  età  medievale, databile  tra  il  XII e  il  XIII secolo,  da  un originale  romano  del  IV  secolo d.C..  La Tabula  indica  i  siti  e  le  strade  esistenti  nella  tarda  antichità  e  nel  periodo bizantino-longobardo almeno  fino a  Carlo Magno.


Ill. 1 - Cosmographia Nicolai  Germani,  Ulma, 1482.


Particolare  d'immediata  rilevanza  è  che  il  Silarum  f(lumen), cioè il Sele, è disegnato  erroneamente congiunto  a  nord con un altro fiume, il  cui  nome  non è  indicato  ma  che  per alcuni  è  il  Sarno. Questa congiuntura  potrebbe  però sottolineare  la  volontà  in  sede  di  redazione  di  distinguere  in modo  netto  i territori  compresi  tra  i  due  fiumi, i  Picentini.

Infatti  l’attuale  regione  Campania  non corrisponde  a quella  storica  romana,  il  cui  confine  era  proprio  il  fiume  Sele (1). Plinio nelle  sue  descrizioni  cita proprio l’Agro Picentino come  l’ultima  parte  della  Campania;  mentre  a  sud del  Sele  inizia  la Lucania  che  si  estende  sino al  fiume  Lao

Da Salerno passava  la  via Popilia/Annia   che  dopo 12 miglia  toccava  Picentia  (Icentiae), da  cui partiva  una  diramazione  per  Abellinum,  fino  ad arrivare 9 miglia  dopo al  ponte  sul  Sele  dove c’era,  secondo  l’itinerario,  una  stazione  del  servizio  postale  e/o un villaggio  chiamato Silarum/Silaron/Silarium, che  segnava  l’inizio della  Lucania. 

 Il  toponimo  Paestum  è  trascritto  nella  Tabula  con  un omissione  finale  (Pestū), da  alcuni  studiosi proposta  come  Pestum, da  altri  come  Pesti, considerando  quindi  una  resa  volgarizzata  del  toponimo romano.  Accanto  all'indicazione  di  Paestum  è  annotata  la  cifra  XXXVI, cioè  le  miglia  mancanti  alla città  successiva:  “Cesernia”. Numerose  ville  sorgevano lungo  la  strada  litoranea, che  da  Paestum  raggiungeva  le  attuali  località situate  tra  le  attuali  Agropoli  e  Sapri, passando per  Velia  e  Buxentum. 

L’esistenza  della  strada  è  attestata  da  Frontino,  che  riferisce  l’episodio (avvenuto tra  il  282 e  il  281 a.C.) nella  guerra  tra  Roma  e  Taranto, quando l’esercito  del  console  Emilio  Paolo percorse “una  stretta  via  lungo la  costa  in  Lucania”  (Strateg.,1,4,1). Il  nome  di  questa  strada  doveva  essere  forse,  all’epoca  degli  Antonini, quello di  Aurelia Nova,  come  proposto  dallo  studioso  Vittorio Bracco (2): un percorso costiero alternativo alle  vie  interne. Via  che  dovette  essere  ancora  in  uso in  tarda  età  come  pare  suggerire  l’itinerario seguito  dal vescovo pestano Felice  che  da  Acropoli  (Agropoli)  lo portò, su invito  di  papa  Gregorio Magno del 592 con l'epistola  Quoniam  Velinam (3), alle  comunità  cristiane  di  Velia  e  Buxentum. 

Altro aspetto  saliente  della  Tabula  è  che  in essa  mancano quasi  completamente  indicazioni  delle località  lucane,  che  pur in  età  romana  erano  di  rilievo.  Forse  perché  zone  di  “minor  traffico”  o prive di  luoghi  attrezzati  per  i  viaggiatori,  o forse,  volendo presupporre  delle  rielaborazioni  successive della  mappa  di  età  medievale,  perché  ormai  luoghi  non più  significativi  a  causa  del  loro spopolamento. Infatti  negli  scrittori  antichi  e  negli  itinerari  di  età  romana  abbiamo  molte  località  che  non sono presenti  nella  Tabula.  Ad esempio  Lucilio (II secolo  a.C.) cita  il  Portus  Alburnus  sul  Sele  (III, v.126), indicandone  implicitamente  la  navigabilità  fino all’interno, e  per  questo ipotizzato come variante  della  stazione  di  "Silaron", mentre Frontino  (I secolo d.C.) i  due  monti  del  territorio  pestano, il Calamatrum  e  il  Cantenna  (Strat., 2, 4-5), oppure  la  “Palude  Lucana”  a  cui  accennano  diversi autori  (Plutarco,  Sallustio,  Appiano  Alessandrino,  ecc.).  Ma  è  anche  vero che  la  Tabula Peutingeriana,  più che  essere  una  “carta”  che  vuol  descrivere  i  luoghi, ha  una  funzione  ben  diversa indicando  invece  dei  percorsi. Cosa  che  spiega  la  sua  essenzialità. 

La cartografia tolemaica 

Con cartografia  tolemaica  s'intende  tutta  la  produzione  cartografica  basata  sull'opera,  la “Geografia”,  dello  studioso alessandrino  Claudio  Tolomeo  (nato approssimativamente  intorno  100 d. C. e  morto  intorno al  175 d. C.). 

Opera  fondamentale,  non perché  la  prima  o perché  originale  nei  metodi  o nelle  tecniche, ma  perché sullo studio ed  applicazione  dei  metodi  e  principi  in  essa  contenuti  nacque  la  moderna  cartografia.

In essa  si  fa  uso della  latitudine  e  della  longitudine  per collocare  i  diversi  luoghi  sulla  superficie terrestre.  L'opera, quindi,  oltre  che  descrivere  metodi  ed individuare  dei  principi  teorici,  contiene dati  preziosi  per i  cartografi  posteriori  quali  le  coordinate  di  ben 6.345 località. In essa  vi  erano originalmente  anche  27 mappe  del  mondo purtroppo oggi perse.

Ill. 2 - “l'Italia”  di  Stefano Bonsignori, Firenze,  1589.


La“Geografia”  di  Tolomeo  era  ben conosciuta  dai  contemporanei  e  quindi  era  ampiamente  diffusa in tutto l'Impero  Romano, anche se però nei  secoli  successivi si ridusse al solo ambito bizantino. Nel  frattempo però l'opera  si  diffonde  nel  mondo  arabo sin da  IX  secolo d. C. E'  solo  agli  inizi  del  XIV  secolo che  un erudito  bizantino, Massimo  Planude,  la  riscopre  e  ne ricostruisce  le  mappe  perdute  sulla  base  dei  dati  contenuti  nel  testo. Ma la  nuova  fortuna  dell'opera  inizia  con la  traduzione  in latino del  1406 di  Jacopo  d'Angelo da Scarperia,  che  ebbe  una  grande  diffusione  (grazie  anche  alla  successiva  scoperta  della  stampa) e segnò la  rinascita  in Europa  della  cartografia  su basi  scientifiche  e  matematiche. 

Delle  numerose  carte  geografiche  fondate  sulle  indicazioni  del  “Geografia”  di  Tolomeo  ne propongo, la  “Cosmographia  Nicolai  Germani”  stampata  ad Ulma  nel  1482  (ill. 2) e  “l'Italia”  di Stefano Bonsignori,  un dipinto  ad olio  del  1589 (ill. 3), conservato  nella  “Stanza  delle  mappe”  del Museo di  Palazzo  Vecchio a  Firenze  e  la  “Geographia di  Claudio Tolomeo”,  edizione  curata dall'umanista  Girolamo Ruscelli  nel  1564.

Ill. 3 -  La Geographia di Claudio Tolomeo” del Ruscelli, 1564.

La  “Cosmographia  Nicolai  Germani”  è  una  delle  diverse  riedizioni  dell'opera  di  Jacopo d'Angelo del  1410. Nicolaus  Germanus  era  un benedettino nativo di  Ulm,  che  a  Firenze  fu autore  di  diversi atlanti  per l'alto  clero  del  tempo. Nello  specifico  l'estratto  della  stampa, che  proponiamo, fu realizzata da  Johannes  Schnitzer da Armsheim.   

In essa  compare  correttamente  localizzata  “Pestum”, tra  il Sele  e  le  colline  cilentane  (la  propaggine  verso la  costa  dell'Apenninus  Mons). Diversamente  dalle indicazioni  delle  fonti  storiche  compaiono  i  centri  di  “Blanda” (4) ed  “Ulci”  posizionate  più  o meno nell'area  della  Piana  del  Sele. 

In realtà  le  localizzazioni  eterogenee  di  diverse  località  sono la  norma  anche  nelle  diverse  riedizioni delle  mappe  del  “Geografia”  di  Tolomeo,  in quanto  ogni  curatore  vi  apponeva  delle  presunte “correzioni”  di  propria  mano. 

Stefano Bonsignori,  fu un religioso  olivetano e  cosmografo  al  servizio di  Francesco I de'  Medici. A lui  fu affidato  il  completamento  del  ciclo  delle  mappe  della  Sala  del  Guardaroba  a  Palazzo Vecchio. Le  mappe  furono dipinte  sugli  sportelli  degli  armadi  della  sala  e  quella  riprodotta  in estratto  è  una  di  esse  e  raffigura  “l'Italia”

Mappa  interessante  per  alcune  sue  incongruenze. Pest(um), infatti,  è  collocata  correttamente  a  sud di  “Eboli”, ma  a  nord del  “Silaro f(lumen)”. “Agropoli”  a  sud del  Sele,  ma  lambente  il  fiume.  E'  evidente  che  vi  è  stata  una  trasposizione  del Sele  sul  Solofrone.  Per di  più  “Capace”, cioè  Capaccio Nuova, appare  più a  sud, cioè  tra  Agropoli a  nord-ovest, il  centro  antico  scomparso di  “Cilento”  a  nord-est  ed il  “C. Dellabate”  a  sud-ovest.

La  “Geographia di  Claudio  Tolomeo”,  la  cui  traduzione  fu curata  dall'umanista  Girolamo Ruscelli e  la  stampa  realizzata  a  Venezia  nel  1564 ad  opera  di  Giordano  Ziletti,  ci  da  una  rappresentazione più accurata  e  precisa  dei  luoghi.  “Paestum”  è  correttamente  collocata  a  sud del  “Silarus  f.”,  che  fa da  confine  tra  la  regione  dei  Picentini  e  la  Lucania.

Nel prossimo post parleremo della cartografia napoletana del periodo aragonese e delle rappresentazione delle nostre zone nelle mappe di quel periodo.

Note

1 - La  Tabula  Peutingeriana  rappresenta  la  “Luccania”  fra  i  corsi  del  “Silarum  fl(umen)”  (il  Sele)  e  del  “Crater fl(umen)”.   

2 - Bracco  V.,  Della  Via  Popilia  (che  non fu  mai  Popilia), «Studi  lucani  e  meridionali»,  Galatina,  1977 

3 - Epist. XLIII  in  Ebner  P., Chiese  Baroni  e  Popoli  del  Cilento, I,  pag.  454. Edizioni  Storia  e  Letteratura, Roma, 1982.

4 - Si veda l'Antonini  nella  sua  “Lucania” o anche  tra  gli  altri  l'Holstenius (Olstenio)  L.,  (Note  all’Italia  antiqua  di Cluverio, Lucae  Holstenii  Annotationes in geographiam  sacram  Caroli  a  S. Paulo;  Italiam  antiquam  Cluverii  et thesaurum  geograficum  ortelii, ecc..,  Roma, typis  Iacobi  Dragondelli, 1666 e  altra  edizione  del  1624,  pp. 22 e  288. 






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