venerdì 12 ottobre 2012

AURELIO DI MATTEO ED IL TABU' DELLA CAPACCESITA'

Aurelio Di Matteo
Mi fa piacere leggere ancora Aurelio Di Matteo. Il suo intervento è stato sin dall'inizio più che opportuno. Vorrei però indegnamente fare delle chiose al suo ultimo intervento.

 La questione del nome dello scalo di Capaccio, ma anche della denominazione del Comune stesso, non è cosa recente. Questo Di Matteo, come neo concittadino, non lo può sapere, come anche molti dei miei giovani concittadini. Se ne parla da più di trent'anni. Sono tre le generazioni di Capaccesi che si interrogano e si danno risposte diverse da sempre. Naturalmente campanilismi, approcci superficiali, incomprensioni e strumentalizzazioni  hanno sempre avuto un ruolo determinante in tali dibattiti.

 Già nel secolo scorso, precisamente tra l'89 ed il '90 "il Club del tempo libero"  (Redio-Paestum) promosse un'indagine conoscitiva sulla denominazione della Piana.

I quesiti posti erano:
  • "premesso: che il nome del Comune resti sempre Capaccio, saresti d'accordo che le contrade si unifichino sotto la denominazione "Paestum" (es. Salerno - Paestena, Napoli - Vomero, ecc..)?
  • Secondo te, lo sviluppo in tutta la PIana di un centro urbano con la denominazione "PAESTUM" (diversa da Paestum Archeologica) unitamente ad una migliore programmazione e ricettività turistica, contribuirebbe ad avere più economia, più lavoro..?"
Le schede compilate furono circa un migliaio. Il 70% rispose sì ad entrambi i quesiti, il 25% annotarono che era necessario accentrare i servizi e/o di pensare alla separazione dei  Comuni di Capaccio e Paestum. Non mancarono come nelle vere consultazioni elettorali le schede bianche, gli annulli, le offese a questo o a quel personaggio pubblico, come commenti che possono essere esemplificati in uno per tanti: Capaccio-Paestum è un comune da terzo mondo.

 Il patron di Radio Paestum , Nicola Nigro, allora consigliere comunale, si fece latore della proposta del cambio di denominazione della Piana in Consiglio Comunale. Le reazioni alla proposta furono già allora del tutto simili a quelle a cui oggi assistiamo. Malgrado anche ostracismi e alcune autorevoli contrarietà, la proposta ricevette l'interesse degli allora consiglieri comunali. Fu istituita una Commissione Consiliare "per l'istruttoria degli atti relativi alla denominazione della Piana, nelle persone dei consiglieri: il SINDACO (Pietro De Simone), NIGRO Nicola, De PALMA Giacomino, FASOLINO Raffaele, CAPO Lucio, VITOLO Vincenzo, BELLELLI Enrico".  Seguì la delibera del Consiglio Comunale N. 19 del 20/03/1990,  con cui si disponeva la denominazione unica della Piana (con esclusione, quindi, del territorio collinare) di PAESTUM, come anche l'adozione per questa di unico Codice di Avviamento Postale.
L'iniziativa pare ebbe anche l'autorizzazione del Ministero degli Interni e della Pubblica Istruzione, come il plauso di diverse autorità nazionali, tra le quali la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Tale provvedimento resto però, alla fine, lettera morta.

In seguito, sindaco Pasquale Marino,  con un ulteriore intervento, il Consiglio Comunale decretò la trasformazione dello scalo di Capaccio in "Capaccio Marittima", dimentico che tra il mare e lo scalo vi fosse una contrada di troppo: la Laura!

Tale dovrebbe essere la denominazione dello scalo, secondo anche lo Statuto Comunale, all'art.3, comma 4.
In realtà l'iter amministrativo non fu mai completato mancando il placet del Prefetto, come vuole la legge.

Le contrade di Capaccio-Paestum
 Nel 2010 venne istituita la Commissione per la Toponomastica Comunale e nella seduta d'insediamento il Sindaco, Pasquale Marino, chiese ai suoi componenti (Mario MELLO; Roberto PAOLILLO, Sergio VECCHIO, Vincenzo DI SIRIO) non solo di procedere al riordino e all'aggiornamento dell'odonomastica cittadina, ma anche di pensare ad una nuova denominazione per lo scalo di Capaccio.

Testimonianza del procedere della Commissione e tracce del dibattito cittadino sono leggibili anche su questo blog.

In realtà, però, della questione se ne è sempre dibattutto, a volte sommessamente, a volte pubblicamente, toccando spesso anche la denominazione del Comune medesimo.
Il merito del Sindaco Italo Voza è stato quello di riprendere il filo di un discorso, o forse un processo, mai terminato.

Diversamente da molti credo che l'attuale dibattito, che si è acceso intorno alla questione del nome con gli strascichi inevitabili anche campanilistici, sia un bene. Ciò che è mancato in questo paese è proprio un dibattito sull'identità. Come bene ha osservato Di Matteo, Capaccio-Paestum è la "Città dei venti borghi". Non è una comunità unica, ma un insieme di micro-identità. La colpa o il dolo, io preciserei, è della comunità capaccese originaria come di alcuni "personaggi". La Piana da sempre è terra di immigrazione. I nuovi venuti, gente ormai senza identità e radici, se non la memoria della terra natia, hanno trovato un elemento comune identificativo nella nuova realtà abitativa nella magnificenza e maestosità dei Templi di Paestum. I vecchi Capaccesi, invece, hanno continuato ad avere il luogo della memoria nel paese sulla collina. Paradossalmente i veri eredi e discendenti degli antichi Pestani sono proprio loro e non i nuovi venuti.

Giustamente osservano che anche Capaccio ha una sua storia. Ed è così! Ma qui sta la colpa. Non aver saputo trasmetterla ai nuovi venuti.Un esempio è il patrono del comune, San Vito, che per molti è solo il santo venerato nella parrocchia dello scalo. L''unico elemento religioso unificante parrebbe essere, ma in verità si sbaglierebbe, il culto della Madonna del Granato. Se poi aggiungiamo, che anche urbanisticamente e culturalmente non esiste neanche l'Agorà, cioè la piazza della Città, la cosa diventa più che evidente: non esiste una comunità! Ben venga quindi un dibattito, a mio parere. Per  Aurelio Di Matteo, è solo una questione di marketing territoriale. O almeno parrebbe esserlo.Cosa di cui è più che esperto e titolato. Ma in gioco, a mio parere, c'è di più. Non essendovi comunità, un comune sentire, valori comuni e condivisi, una comune visione del mondo, non vi può essere nemmeno un "Progetto" per la Città Futura.

Ben venga allora parlare del nome, per innescare non solo un dibattito sull'identità, ma come lo stesso Di Matteo, Giuseppe Liuccio e tanti altri hanno osservato, anche interrogarsi ed ipotizzare su un progetto di sviluppo complessivo del nostro territorio. Senza questi elementi la questione del nome sarebbe del tutto vana. Il solo cambio del nome, per una mera questione di marketing. di per sè senza un progetto ed una vera programmazione sarebbe senza alcun senso e soprattutto inutile.

In ultimo mi domando come mai si persevera nello stesso errore di sempre. Abbiamo intelligenze e competenze sul territorio che rimangono inutilizzate. Come dire che i foderi combattono e le spade ...
Perché personaggi come Giuseppe Liuccio o Aurelio di Matteo non sono resi partecipi dall'attuale amministrazione comunale nel "Progetto per Capaccio-Paestum"? Hanno competenze e contatti per promuovere intelligentemente e professionalmente il nostro territorio oltre che poter dare un contributo fattivo e di idee nel progettare la Città Futura. Sono sicuro che presterebbero la loro opera gratuitamente, solo per passione ed amore di Paestum!


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1 commento:

  1. Un plauso per aver ricordato la storia di questa diatriba sulla denominazione del Comune. Inoltre anche per aver ricordato l'impegno passato del dott. Nigro in qualità di Consiglier comunale.

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