Il Consiglio Comunale di Capaccio (foto by StileTV) |
E' una buona notizia e risponde al comune sentire della gran parte della popolazione. La questione da sempre discussa è riesplosa all'indomani della proposta del Sindaco del comune della Piana dei Templi, il dott. Italo Voza, di dare un nome nuovo allo scalo di Capaccio (Nuova Paestum). Le reazioni a questa notizia furono le più diverse, con prese di posizioni favorevoli o nettamente contrarie. Ma ben presto la polemica ha toccato anche la denominazione dello stesso comune. Le proposte si sono susseguite, come le critiche. Così per un Aurelio Di Matteo, che suggeriva "Città di Paestum", sono seguite le intelligenti provocazioni del prof. Giuseppe Liuccio, fino a quella teatrale di Gillo Dorfles,"Capaccio? Ricorda di più il nome di una pietanza".
Scelta coraggiosa quella di Voza, ma che mi ha sorpreso perché inattesa ed improvvisa.
Alla riunione informativa con il Sindaco, in cui gli ex componenti della vecchia Commissione per la Toponomastica Cittadina, relazionarono sul lavoro svolto nella precedente consigliatura, Voza espresse solo la volontà di cambiare il nome allo Scalo di Capaccio. In effetti, però, nel corso dell'incontro si toccò anche questo tema, ma solo in via teorica.
Sono sorpreso anche perché, a mio parere, sulla materia della delibera assunta dalla Giunta Comunale, a norma di Regolamento, sarebbe dovuta essere investita preventivamente la Commissione toponomastica, che, però, ricordo ha solo funzioni consultive e propositive, essendo la competenza e la potestà solo dell'organo di governo cittadino. Commissione, che allo stato, non esiste non essendo stato convocato un Consiglio comunale per la nomina dei suoi componenti.
Ma qual'è l'iter della proposta di modifica della denominazione di un comune?
Legge Regionale 29 ottobre 1974, n. 54 regolamenta la materia.
All'art. 1 si stabilisce che anche alle variazioni di denominazioni comunali si provvede con legge. Quindi non con una atto amministrativo, ma con la massima norma dell'ente Regione.
All'art. 7 si sancisce che "le denominazioni comunali possono essere variate ove ricorrano esigenze toponomastiche, storiche, culturali o turistiche. La relativa deliberazione, adottata dal Consiglio Comunale, deve essere adeguatamente motivata.".
Con l'art. 8 i disegni e le proposte di legge regionale per le variazioni delle denominazioni comunali, "devono essere corredati:
Ciò significa, che dopo la deliberazione del Consiglio Comunale, deve esprimersi anche quello provinciale.
Solo dopo approda in Regione, o meglio, "alla Commissione Consiliare competente che li trasmette con propria relazione al Consiglio Regionale".
Qualora il progetto sia ritenuto proponibile, "il Consiglio regionale delibera, a norma dell'art. 60 della Statuto, la indizione del Referendum consultivo di cui al secondo comma dell'art. 133 della Costituzione." (art. 9).
Quindi parrebbe, con sollievo di tanti che vivevano un eventuale deliberazione degli organi comunali, come un scippo all'esercizio democratico, che il popolo sarà consultato, cioè vi sarà un referendum.
In realtà la questione in passato non apparve tanto pacifica e scontata. Nel 2003 anche la vicina Ascea voleva nella sua denominazione un richiamo all'antica città da cui trasse origine, Velia, per le stesse motivazioni di cui oggi si discute anche nella nostra cittadina. Si voleva che la denominazione del comune fosse Ascea-Velia. La proposta ricevette l'assenso del consiglio regionale campano con la legge 7 luglio 2003, n. 14, che la approvò senza indire, però, un referendum confermativo. Avversa a questa legge la Presidenza del Consiglio ricorse alla Corte Costituzionale perché non conforme al dettato dell'art.133, secondo comma, della Costituzione e dell’articolo 60 dello statuto della Regione Campania. Quest'ultima si difese motivando che non si trattava di un cambio di denominazione, quanto di un'aggiunta di un toponimo (Velia a quello di Ascea) e come tale il procedimento legislativo poteva non contemplare una consultazione popolare.
Per approfondire, leggi anche:I Capaccesi saranno chiamati alle urne per dire la loro. |
Qualora il progetto sia ritenuto proponibile, "il Consiglio regionale delibera, a norma dell'art. 60 della Statuto, la indizione del Referendum consultivo di cui al secondo comma dell'art. 133 della Costituzione." (art. 9).
Quindi parrebbe, con sollievo di tanti che vivevano un eventuale deliberazione degli organi comunali, come un scippo all'esercizio democratico, che il popolo sarà consultato, cioè vi sarà un referendum.
In realtà la questione in passato non apparve tanto pacifica e scontata. Nel 2003 anche la vicina Ascea voleva nella sua denominazione un richiamo all'antica città da cui trasse origine, Velia, per le stesse motivazioni di cui oggi si discute anche nella nostra cittadina. Si voleva che la denominazione del comune fosse Ascea-Velia. La proposta ricevette l'assenso del consiglio regionale campano con la legge 7 luglio 2003, n. 14, che la approvò senza indire, però, un referendum confermativo. Avversa a questa legge la Presidenza del Consiglio ricorse alla Corte Costituzionale perché non conforme al dettato dell'art.133, secondo comma, della Costituzione e dell’articolo 60 dello statuto della Regione Campania. Quest'ultima si difese motivando che non si trattava di un cambio di denominazione, quanto di un'aggiunta di un toponimo (Velia a quello di Ascea) e come tale il procedimento legislativo poteva non contemplare una consultazione popolare.
La Corte Costituzionale, alla fine sancì l'illegittimità costituzionale dell’articolo unico della legge
regionale della Campania 7 luglio 2003, n. 14 (Cambio di denominazione
del “Comune di Ascea” in “Comune di Ascea-Velia”), in quanto "anche l'integrazione della denominazione ne costituisce infatti una
modifica, come tale soggetta alla previa consultazione della popolazione
interessata ai sensi dell’art. 133, secondo comma, della Costituzione e
della corrispondente norma dello statuto".
Avremo, quindi, con buona pace di tutti, se la cosa procederà, una consultazione popolare.
Non posso però non esprimere una mia perplessità. Dato che si è avviato l'iter per il cambio della denominazione del nostro comune, perché fare le cose a metà?
Perché non proporre la denominazione "Città di Capaccio-Paestum"?
Eppure abbiamo tutti i numeri per essere città, almeno nel nome.
Credo che, come al solito, la fretta e la voglia di fare abbiano avuto il loro ruolo.
LA GIUNTA PROPONE DI AGGIUNGERE PAESTUM AL NOME DEL COMUNE - Comunicato stampa del Comune di Capaccio
Statuto Regione Campania, legge regionale N. 6 del 28 maggio 2009 - Regione Campania
Legge Regionale 29 ottobre 1974, n. 54, norme sulla istituzione di nuovi Comuni e sul mutamento delle circoscrizioni territoriali dei Comuni della Regione - Regione Campania
Referendum consultivo: vincono i "no"- Regione Campania
Sentenza n. 237 del 19/07/2004, per la modifica della denominazione del Comune e' necessaria la consultazione referendaria. Corte Costituzionale - francocrisafi.it