lunedì 29 ottobre 2012

LA GIUNTA DECIDE: CAPACCIO-PAESTUM SARA' LA NUOVA DENOMINAZIONE COMUNALE. IL REFERENDUM SI FARA', AI CITTADINI L'ULTIMA PAROLA.



Il Consiglio Comunale di Capaccio (foto by StileTV)
E' di oggi la notizia che la Giunta comunale, con apposita delibera (n. 316 del 26 ottobre 2012), invita il Consiglio comunale ad avviare l’iter burocratico per aggiungere il nome “Paestum” all'attuale denominazione di "Comune di Capaccio".

E' una buona notizia e risponde al comune sentire della gran parte della popolazione. La questione da sempre discussa è riesplosa all'indomani della proposta del Sindaco del comune della Piana dei Templi, il dott. Italo Voza, di dare un nome nuovo allo scalo di Capaccio (Nuova Paestum). Le reazioni a questa notizia furono le più diverse, con prese di posizioni favorevoli o nettamente contrarie. Ma ben presto la polemica ha toccato anche la denominazione dello stesso comune. Le proposte si sono susseguite, come le critiche. Così per un Aurelio Di Matteo, che suggeriva "Città di Paestum", sono seguite le intelligenti provocazioni del prof. Giuseppe Liuccio, fino a quella teatrale di Gillo Dorfles,"Capaccio? Ricorda di più il nome di una pietanza".

Scelta coraggiosa quella di Voza, ma che mi ha sorpreso perché inattesa ed improvvisa.

Alla riunione informativa con il Sindaco, in cui gli ex componenti della vecchia Commissione per la Toponomastica Cittadina, relazionarono sul lavoro svolto nella precedente consigliatura, Voza espresse solo la volontà di cambiare il nome allo Scalo di Capaccio. In effetti, però, nel corso dell'incontro si toccò anche questo tema, ma solo in via teorica. 

Sono sorpreso anche perché, a mio parere, sulla materia della delibera assunta dalla Giunta Comunale, a norma di Regolamento, sarebbe dovuta essere investita preventivamente la Commissione toponomastica, che, però, ricordo ha solo funzioni consultive e propositive, essendo la competenza e la potestà solo dell'organo di governo cittadino. Commissione, che allo stato, non esiste non essendo stato convocato un Consiglio comunale per la nomina dei suoi componenti.


Ma qual'è l'iter della proposta di modifica della denominazione di un comune?


Legge Regionale 29 ottobre 1974, n. 54 regolamenta la materia. 


All'art. 1 si stabilisce che anche alle variazioni di denominazioni comunali si provvede con legge. Quindi non con una atto amministrativo, ma con la massima norma dell'ente Regione.

All'art. 7  si sancisce che "le denominazioni comunali possono essere variate ove ricorrano esigenze toponomastiche, storiche, culturali o turistiche. La relativa deliberazione, adottata dal Consiglio Comunale, deve essere adeguatamente motivata."

Con l'art. 8  i disegni e le proposte di legge regionale per le variazioni delle denominazioni comunali, "devono essere corredati:
   a) dal parere espresso dai Consigli Comunali dei Comuni interessati;
   b) dal parere espresso dal Consiglio Provinciale."
Ciò significa, che dopo la deliberazione del Consiglio Comunale, deve esprimersi anche quello provinciale.
Solo dopo approda in Regione, o meglio, "alla Commissione Consiliare competente che li trasmette con propria relazione al Consiglio Regionale".  
I Capaccesi saranno chiamati alle urne per dire la loro.
    
Qualora il progetto sia ritenuto proponibile, "il Consiglio regionale delibera, a norma dell'art. 60 della Statuto, la indizione del Referendum consultivo di cui al secondo comma dell'art. 133 della Costituzione." (art. 9).

Quindi parrebbe, con sollievo di tanti che vivevano un eventuale deliberazione degli organi comunali, come un scippo all'esercizio democratico, che il popolo sarà consultato, cioè vi sarà un referendum.

In realtà la questione in passato non apparve tanto pacifica e scontata. Nel 2003 anche la vicina Ascea voleva nella sua denominazione un richiamo all'antica città da cui trasse origine, Velia, per le stesse motivazioni di cui oggi si discute anche nella nostra cittadina. Si voleva che la denominazione del comune fosse Ascea-Velia. La proposta ricevette l'assenso del consiglio regionale campano con la legge 7 luglio 2003, n. 14, che la approvò senza indire, però, un referendum confermativo. Avversa a questa legge la Presidenza del Consiglio ricorse alla Corte Costituzionale perché non conforme al dettato dell'art.133, secondo comma, della Costituzione e dell’articolo 60 dello statuto della Regione Campania. Quest'ultima si difese motivando che non si trattava di un cambio di denominazione, quanto di un'aggiunta di un toponimo (Velia a quello di Ascea) e come tale il procedimento legislativo poteva non contemplare una consultazione popolare.
La Corte Costituzionale, alla fine sancì l'illegittimità costituzionale dell’articolo unico della legge regionale della Campania 7 luglio 2003, n. 14 (Cambio di denominazione del “Comune di Ascea” in “Comune di Ascea-Velia”), in quanto "anche l'integrazione della denominazione ne costituisce infatti una modifica, come tale soggetta alla previa consultazione della popolazione interessata ai sensi dell’art. 133, secondo comma, della Costituzione e della corrispondente norma dello statuto".

Avremo, quindi, con buona pace di tutti, se la cosa procederà, una consultazione popolare.

Non posso però non esprimere una mia perplessità. Dato che si è avviato l'iter per il cambio della denominazione del nostro comune, perché fare le cose a metà?

Perché non proporre la denominazione "Città di Capaccio-Paestum"? 
Eppure abbiamo tutti i numeri per essere città, almeno nel nome.
Credo che, come al solito, la fretta e la voglia di fare abbiano avuto il loro ruolo.

Per approfondire, leggi anche:

LA GIUNTA PROPONE DI AGGIUNGERE PAESTUM AL NOME DEL COMUNE - Comunicato stampa del Comune di Capaccio
Statuto Regione Campania, legge regionale N. 6 del 28 maggio 2009 - Regione Campania 
Legge Regionale 29 ottobre 1974, n. 54, norme sulla istituzione di nuovi Comuni e sul mutamento delle circoscrizioni territoriali dei Comuni della Regione - Regione Campania 
Referendum consultivo: vincono i "no"- Regione Campania
Sentenza n. 237 del 19/07/2004, per la modifica della denominazione del Comune e' necessaria la consultazione referendaria. Corte Costituzionale - francocrisafi.it

venerdì 26 ottobre 2012

LA SICUREZZA A CAPACCIO TRA REALI EMERGENZE E SOLUZIONI SPOT

L'esercito a presidiare le nostre strade.
Negli ultimi 15 anni sul nostro territorio comunale vi è stato un aumento esponenziale di fatti criminosi. Quelli che più hanno colpito la pubblica opinione sono quelli inerenti la cosiddetta microcriminalità. I piccoli reati, che sono da sempre quelli che maggiormente minano la percezione di sicurezza dei cittadini. 
Non mancano o sono mancate poi "presenze inquietanti", come quelle di latitanti eccellenti.
Di sicuro sappiamo che il nostro territorio e da tanti anni luogo d'investimento di "capitali di dubbia provenienza", come ci ricordava l'ex sen. Gaetano Fasolino..

Quella della sicurezza è stata una discussione che da tempo riempe anche i titoli dei giornali. Le proposte apparentemente risolutive non si contano, sia da parte del comune cittadino, che delle forze politiche ed economiche del paese: dall'istituzione di un Commissariato di P.S., all'elevazione della locale Stazione dei Carabinieri di Capaccio Scalo a Tenenza, sino ad arrivare alla richiesta dei militari per strada.
Le amministrazioni comunali, poi, hanno cercato di dare risposte, ma senza un vero criterio organico di risoluzione del problema, muovendosi sull'onda della pubblica emotività e talvolta con soluzioni che a detta di alcuni non sono altro che "ingannevole pubblicità", cioè una risposta da spot pubblicitario, quindi fittizia, ad un vero problema.

Praticamente l'azione istituzionale si è esaurita nell'aumento del numero delle telecamere a sorveglianza del territorio (che ricordiamo è grande quanto l'intera città di Napoli e per di più con tante contrade, ciascuna un vero piccolo paese), con richiesta sin dal 1990 di aumenti degli organici dei carabinieri presenti sul territorio (ma che trovavano un limite nell'inadeguatezza delle locali stazioni dei carabinieri)  o dei VV.UU., le continue proposte d'istituzione di commissioni o comitati per la sicurezza.

Di fatto, invece, mai è stato affrontata la questione spinosa dell'organizzazione e coordinamento delle locali forze di polizia.

Ma la cosa che più colpisce è l'apparente incapacità cronica di chi nel nostro paesello parla di sicurezza di comprenderne appieno il significato e l'estensione del concetto, limitando il tutto alla semplice questione, anche se fondamentale, di ordine pubblico.

Ci si dimentica, ad esempio, della sicurezza stradale, del randagismo. dell'ambiente, della salute, delle emergenze da calamità naturali o meno e potremmo continuare... Tutti ambiti in cui l'ente comune ha sue competenze o che concorre con altri a trattarne la regolamentazione o l'eventuale risoluzione di potenziali e concrete problematiche. Tutti casi che ineriscono la sicurezza dei cittadini.

Ma soprattutto è il modo in cui sin ad ora ci si è correlati con tali problematiche ad esser discutibile.

La vecchia amministrazione comunale a seguito di una serie di fatti criminosi, come ci testimonia la stampa del tempo, decise di seguire una "linea dura"!

Il nubifragio del 2010
Vi era addirittura una assessorato alla sicurezza, cosa rara anche in una grande città, e si decise d'insediare un Comitato a supporto dell'Osservatorio della Sicurezza.
In realtà oltre a nuove telecamere di sorveglianza (che non sempre, però, a quanto si dice, sono state sempre operanti e funzionanti), all'ordinanza di chiusura dei pubblici locali entro un certo orario e simili non si è andati.

Soprattutto ricordo le polemiche inerenti la nomina dei componenti e le funzioni di quel Comitato di supporto.
Cosa abbia prodotto in termini concreti nessuno ha modo di saperlo. Non si sa nemmeno se e quante volte si siano riuniti. Probabilmente in termini concreti nulla, altrimenti la grancassa dell'informazione istituzionale si sarebbe fatta sentire, anche se questa suona anche per un nonnulla.

Di alcuni componenti dell'allora Comitato di Supporto dell'Osservatorio della Sicurezza ho stima personale, ma è anche vero che si può avere la più grande stima per la persona che è il muratore che ci viene a sistemare l'intonaco di casa, ma mai, dico mai, immagineremmo di fargli progettare il Palazzo dei Congressi o il nuovo Museo di Paestum. E' per questo tipo di scelte la nostra Capaccio non è cresciuta negli ultimi 25 anni. Ho la terribile sensazione che anche questa amministrazione rischi di fare lo stesso. La ricerca dello spot ad effetto è sempre la più facile via, come anche quella di inserire in una commissione solo personaggi in quanto amici di Tizio o Caio. Che è quanto fece la precedente amministrazione considerando che quale "competenza" bastasse il solo merito di aver indossato una divisa, sicuramente con onore e diligenza, ma ripeto senza porsi il problema di avere persone competenti per davvero in materia, che avessero esperienze pregresse nella progettazione della Sicurezza.

L'amministrazione comunale prima di convocare un tavolo delle autorità, come sembrerebbe intenzionato a fare, credendo di fare chissà che cosa, deve dotarsi degli strumenti tecnici, operativi e delle conoscenze specifiche per chi deve operare. Se qualcuno pensa che la sicurezza inerisca solo l'ordine pubblico, non sa proprio di che si sta parlando. Un Piano per la Sicurezza Urbana è qualcosa di simile ad un PUC. Non si può immaginare di fare interventi urbanistici senza un Piano Urbanistico Comunale. E chi è che fa un PUC? Un tecnico o un pool di tecnici! Le commissioni edilizie vengono dopo il PUC e servono ad applicarlo e a vigilare sul rispetto delle norme. Così anche le commissioni o comitati per la sicurezza (di qualsiasi genere e livello) debbono essere precedute da un Piano per la Sicurezza Urbana Integrata.

Per il PUC a Salerno, De Luca si è rivolto ad autorità riconosciute come Oriol Bohigas e Albert Puigdomenech, Capaccio ha avuto Airaldi e Forte. E per quanto si possa criticare quest'ultimo su alcune sue scelte non se ne può disconoscere la professionalità. Voglio dire che immaginare una commissione per la sicurezza senza prima un piano per la sicurezza è stupido, è un non senso, come anche pensare che il "cumpariello" di turno possa vestire i panni di un Bohigas. Spero che qualcuno, leggendomi, non mi dica adesso che non abbiamo bisogno di professoroni: "possiamo fare tutto in casa!" Perché in questo caso, a differenza dell'altro, sono necessarie competenze che attualmente presso gli Uffici Comunali non abbiamo. 

Quindi, prima di tutto un PIANO PER LA SICUREZZA COMUNALE, poi anche un comitato, o i tavoli con le altre autorità. Se l'ente non si dota di studi che individuino criticità sia organizzative, che territoriali e sociali, modalità d'intervento, protocolli di lavoro, strumenti di analisi rimarrà sempre allo spot o alla soluzione transitoria e momentanea, ma non risolutiva.

Esempi vari di piani per la sicurezza:
Progettazione e valutazione di interventi per la sicurezza urbana - Università di Milano-Bicocca, Facoltà di Sociologia
Piano sicurezza 2009 - Città di Trezzo sull'Adda, Polizia locale      
Urbanistica e piano della sicurezza urbana - campodellacultura.it

Piani sicurezza settoriali, esempi: 
Piano Comunale della Sicurezza Stradale - agenziamobilita.roma.it
 Linee guida per la pianificazione comunale di emergenza - protezionecivile.gov.it

 Un opinione:
Sicuruzza a Capaccio: nota di Taurisano - blog di Glicerio Taurisano 
Sicurezza, un concetto da chiarire - blog di Glicerio Taurisano

Tra cronaca e storia: 
Capaccio, allarme criminalità: sindaco Voza scrive a prefetto e carabinieri, chiesto comitato sicurezza - StileTV
Capaccio, sicurezza. Farro: "Forze armate in strada, l'avevo detto nonostante la miopia istituzionale - StileTV
Capaccio (SA) - Il sindaco chiede convocazione urgente comitato ordine e sicurezza pubblica - Radio Alfa
Capaccio, allarme sicurezza. De Caro: "Dall'Amministrazione solo fumo, convochi subito tavolo istituzionale con le forze dell'ordine" - StileTV 
Capaccio: Caserma dell’Arma a tappeto - Dentro Salerno
Insediato il Comitato a supporto dell'Osservatorio della Sicurezza: linea dura dell'amministrazione - Comunicato stampa del Comune di Capaccio
Convocato il Comitato a supporto dell'Osservatorio della Sicurezza - Comunicato stampa del Comune di Capaccio
 L'opinione - Capaccio: sicurezza, pulizia e decoro! - StileTV
La sicurezza a Capaccio - Circolo Giorgio Almirante
 Ancora sulla Sicurezza - Circolo Giorgio Almirante
Sicurezza a Capaccio-Paestum - Discussione sul Forum di Paestum.it
 Capaccio: l'assessore alla sicurezza Nacarlo fa un bilancio dell'estate - infoagropoli
Sicurezza, piano del Comune? - Circolo Giorgio Almirante
 AUTOVELOX: PRECISAZIONI DEL COMANDANTE DELLA POLIZIA LOCALE DI CAPACCIO PAESTUM, CAP. ANTONIO RINALDI - Comunicato stampa del Comune di Capaccio
 Le cose buone fatte dall'amministrazione - Discussione sul Forum di Paestum.it
Capaccio: Sicurezza Urbana, quanta sapiente conoscenza, quanta poca attività - blog di Glicerio Taurisano 




DA CAPODIFIUME A PONTE BARIZZO TRA BORGHI, MASSERIE E PODERI CHE HANNO DIRITTO ALMENO AD UNA STAZIONE FERROVIARIA !!!

pubblicata da Giuseppe Liuccio sul suo profilo Fb, il giorno Giovedì 25 ottobre 2012 alle ore 23.26 ·
 
Capodifiume, Capaccio - Paestum  (foto by Sergio Costa del Cilento)
Nel dolce tramonto di un caldo autunno sono ebbre di luce le anatre allo scialo libero dell'acqua dell'ansa del fiume, che fu santuario alla dea dei frutti. Il Salso gorgoglia e rifrange argento nel breve salto ad "impietrar le trabe" con il suo carico di sali raccolti nel ventre oscuro e misterioso della montagna. M'è sottofondo allegro di memorie ad evocare e ritmare la storia che qui ha radici antiche. A Capodifiume riscopro ed esalto l'anima di fauno della mia terra, ubriaco di agresti umidicci afrori nel verde della flora ripariale, con negli occhi il fasto dei fiori  e dei colori di stagione che arabescano i declivi accidentati della scalata del Calpazio. Poteva essere un parco fluviale di straordinaria valenza storica ed ambientale; è diventato una bella e gradevole struttura dell'accoglienza privata per la gioia degli amanti del relax e dei cultori della buona cucina.

Resta, comunque, una risorsa da immettere nel circuito fecondo della fruizione turistica per una  contrada, il Petrale,  che per quelli della mia generazione fu il primo saluto di vita e di commercio della pianura, con il Sale-Tabacchi-Alimentari e Diversi, per quanti scendevano dalle colline dell'interno.

La vecchia cava dismessa, che dà il nome alla contrada,,è ferita bianca nel verde della collina e canta epopea di sudori e fatica. Reclama un progetto di rinaturalizzazione con un melograneto a sbalzo di terrazzamenti, punto di accoglienza con chiosco a degustazione dei derivati dei frutti e bacheche/legenda a recupero di storia e di arte nella prismaticità delle sue espressioni (letteratura, pittura ed iconografia in genere) di una pianta, che è sacra al territorio. Sarebbe una tappa obbligata del turismo scolastico a riscoperta e valorizzazione di una pagina tanto bella quanto trascurata della storia.

La strada procede sull'onda di dossi ed avvallamenti là dove cede il posto alla collina e Capaccio trasmigra verso Roccadaspide.. La macchina avanza tra strade interpoderali alla festa di masserie,,minuscoli borghi rurali e micro-imprese industriali e commerciali. a prefigurare uno spontaneo polo di attività economiche in rapida e feconda espansione, e che necessitano di un serio intervento di programmazione, sempre che si metta in atto un piano intercomunale di riordino territoriale con la responsabilità condivisa dei comuni interessati:Capaccio, Roccadaspide ed Albanella.La vasta e popolosa contrada reclama interventi di servizi ed iniziative di socializzante rivitalizzazione in grado di coinvolgere una popolazione con l'occhio strabico verso Matinelle, da un lato, e Ponte Barizzo, dall'altro, per sfuggire alla noia ed alla solitudine dei poderi dopo il lavoro.La contrada potrebbe essere la sede ideale per una mostra permanente sulla storia della Riforma Agraria e relativo Centro Studi, punto di riferimento per seminari e convegni su passato, presente e futuro dell'agricoltura della piana (A Borgo San Cesareo, per esempio). Intanto la macchina procede ancora zigzagante tra strade interpoderali a riscoperta di contrade (Tempa San Paolo, Scigliati), dove gli assegnatari di prima, seconda e terza generazione hanno fatto miracoli di lavoro, rendendo fecondi terreni incolti e pietrosi. E con nella mente e nel cuore una scheggia di utopia mi prefiguro itinerari del gusto attrezzati con soste assaggi di prodotti tipici, vari con il variare delle stagioni, trasformando masserie e poderi in punti vendita, a chilometro zero, e,naturalmente, di calda ospitalità. Sarebbe un modo originale e pratico per rivitalizzare le campagne e sottrarre i contadini all'isolamento-E la fantasia galoppa sull'onda dell'entusiasmo in una con la macchina che procede spedita per Via Sorvella a conquista di Ponte Barizzo, che, a margine di Sele, fu ed, in parte,, ancora è protagonista di un'altra storia

Ma mi tormenta un interrogativo amaro: può una popolazione decentrata e coriandolizzata tra tante mini-contrade e masserie essere privata finanche di una Stazione Ferroviaria,, come dovrebbe essere quella di Capaccio? Non mi sembra giusto, E certamente non lo è sul piano della convivenza civile e della più elementare logica della distribuzione territoriale e della efficienza dei moderni servizi di una comunità, che, tra l'altro, nel nome di Paestum  è Patrimonio dell'Umanità. Ci pensino gli Amministratori a tutti i livelli e se ne facciano una ragione.

Giuseppe Liuccio
g.liuccio@alice.it

mercoledì 24 ottobre 2012

PER UNA NUOVA GRANDE STAZIONE A CAPACCIO SCALO

Pubblicato da Giuseppe Liuccio in Amici di Paestum.it su facebook il 24 settembre 2012.

La stazione di Paestum (foto StileTV)
Leggo su Positanonews, un articolo a firma di Angela Sabetta, ripreso da LA CITTA. Apprendo, così, che si lavora a tappe forzate per la ristrutturazione dell'attuale Stazione di Paestum, con la previsione, tra l'altro, di una piazza antistante con tanto di giardini ed il rifacimento del viale alberato di accesso all'area archeologica, partendo da Porta Sirena, dove dovrebbero essere installate artistiche bacheche informative per turisti e visitatori. 
  Se la ristrutturazione dell'attuale Stazione di Paestum ha come conseguenza l'ulteriore ridimensionamento dello Scalo/stazione di Capaccio, io non sono d'accordo non per partito preso, ma per fondate e motivate ragioni di funzionalità legate al presente e soprattutto al futuro, soprattutto se, come ha dichiarato pubblicamente il sindaco si prefigura a Capaccio Scalo un agglomerato, che abbia la dimensione e, soprattutto, le funzioni di una CITTA', come il territorio consiglia, consente ed impone. 
E ne sintetizzo le ragioni:
1) La stazione di Paestum potrebbe assolvere alle funzioni TURISTICHE e non completamente, in quanto le potenzialità di sviluppo del turismo del futuro sono anche nelle zone interne delle colline e delle montagne, i cui abitanti troverebbero la Stazione di Paestum eccessivamente decentrata e poco funzionale rispetto alle loro legittime esigenze.
2) ma sarebbe eccentrica anche rispetto alle zona popolosa del Rettifilo, per non parlare di Seude,Vuccolo Maiurano, Tempa San Paolo, Scigliati, Ponte Barizzo, Gromola e Laura, che si configura ogni giorno di più come naturale prolungamento dello Scalo verso il mare.
3) non è funzionale allo sviluppo agricolo e commerciale della pianura, soprattutto se resta ancora valida la localizzazione del nuovo Mercato Ortofrutticolo nella zona Cerro e la destinazione dell'attuale in opere di infrastrutturazione valide e funzionali alla CITTÀ FUTURA, qualunque ne sia il nome. 
4) non è funzionale a Capaccio capoluogo e ai tanti paesi del circondario:Trentinara, Monteforte, Magliano, Stio da un lato e Roccadaspide, Castel San Lorenzo, Felitto, Valle dell'Angelo, Laurino, Piaggine e Sacco dall'altro e Aquara, Ottati, Sant'Angelo a Fasanella, Roscigno, Bellosguardo, ecc. dall'altro versante del Calore, per non parlare di Altavilla ed Albanella. Ricordo a me stesso che quella stazione, storicamente nacque, anche, per soddisfare le esigenze di questo vasto territorio ed anche per questo che la Stazione si chiamò CAPACCIO ROCCADASPIDE. I l dottore Italo Voza, sindaco protempore di Capaccio, è troppo intelligente per non conoscere questa memoria storica.
5) non si può e no si deve cancellare con un traccio di penna o con una Delibera di Giunta affrettata esigenze di cittadini di un vasto territorio, che hanno diritti (acquisiti) per migliorare ed accelerare lo sviluppo; ed una Stazione Ferroviaria moderna e funzionale va in questa direzione. Signor Sindaco, signori assessori, sulla base di quale consultazione democratica avete preso questa decisione? Vi rendete conto che va contro gli interessi di una parte notevole dei vostri concittadini elettori?
6) Gli abitanti delle comunità/paesi, di cui ho fatto cenno prima, gli abitanti della Pianura, che gravitano intorno Capaccio Scalo (futura città) assommano ad oltre 50.000, più che sufficienti per una città di medie dimensione. Se la sentono gli attuali amministratori di privarli di una possibile stazione ferroviaria degna di questo nome? Di questo diritto? Non hanno messo in conto una loro protesta serrata in punta di diritto e di Legge? Non è meglio lavorare in armonia per la realizzazione di una Stazione Ferroviaria con tutte le funzioni che mi sono cimentato a prefigurare nella mia riflessione precedente? Oltretutto se la Nuova Stazione Ferroviaria assumerò questa forma, questo ruolo e queste funzioni Trenitalia potrebbe e dovrebbe considerare le fermate per lunga percorrenza, soprattutto se sollecitate, con atti formali, da circa 20comuni, tra cui quello prestigioso di PAESTUM.
 
RIPENSATECI, RIPENSIAMOCI. RIFLETTIAMOCI, E, INTANTO, CONFRONTIAMOCI!
 Giuseppe Liuccio




Carissimo Giuseppe,
bene hai fatto a porre la questione della centralità e strategicità dell'attuale fermata dello scalo di Capaccio. La penso esattamente come te non è una questione peregrina né politica, nel senso di essere argomento di lotta e diatriba politica, almeno per noi.
 La questione non è di oggi. Basta leggere qualche articolo degli ultimi anni, come farsi un giro sul web per appurarlo. E' cosa sentita non solo dai capaccesi-pestani, ma anche dalle comunità viciniori e limitrofe, come bene hai ricordato. 
Il punto è proprio che la possibile stazione di PAESTUM NUOVA è centrale per lo sviluppo di un intero territorio "nel senso più ampio di quello solo di una località o di un singolo comune". In fondo i progetti, come quelli della città nuova, si sostanziano nelle scelte concrete. Diventano realtà e non mere utopie o spot quando si è coerenti nelle scelte, almeno al fine dichiarato.
Come ho già detto, la scelta dell'attuale amministrazione risponde all'esigenza di un recupero della fermata di Paestum, che oggi è una delle vie di arrivo alla Paestum Archeologica. Bene, dunque, ha fatto a cogliere la disponibilità di RFI ad una sua valorizzazione e recupero dall'attuale degrado. Come ben diceva il consigliere Paolillo, Paestum è una delle poche stazioni storiche italiane, quindi anch'essa elemento della storia della nostra località. Male farebbe, invece,  l'amministrazione comunale se tali scelte corrispondessero ad un abbandono della fermata dello scalo di Capaccio, preludio ad una sua futura chiusura.  Non è un mistero, che alcune scelte sin qui fatte dalle amministrazioni comunali siano funzionali alla scelte di RTI in relazione all'alta velocità, che hanno portato alla chiusura dei caselli, alla trasformazioni delle stazioni ferroviarie locali in fermate, a prediligere la vicina Agropoli. Il prossimo passo, infatti, potrebbe essere proprio lo smantellamento della fermata dello Scalo.
Sarebbe un errore per le ragioni indicate dal prof. Liuccio. 
La fermata di Paestum è funzionale alla sola antica città archeologica, non all'intera comunità capaccese e a quelle viciniori. Non è strategica nelle progetto della città futura, che invece dovrebbe privilegiare l'altra, ma soprattutto è "morta", cioè senza ulteriori possibilità di sviluppi, legata come è a vincoli e a numerosi handicaps, quali quello dei collegamenti, in primis quello delle autolinee, che invece vede centrale lo scalo di Capaccio. 
Ci auguriamo che l'amministrazione comunale fughi ogni sospetto di una possibile chiusura futura della fermata dello scalo, che è l'unica, come osservava giustamente Liuccio, che potrebbe riacquistare anche il livello di stazione ferroviaria, con la possibilità, oggi per le scelte di RTI soltanto ipotetica, di avere anche fermate per treni a lunga percorrenza. Ma che soprattutto si attivi per un recupero anche dell'altra fermata in un'ottica di trasformazione, in un prossimo futuro, in stazione. Sono tanti i cittadini che lo chiedono e che aspettano in tal senso risposta.
enzodisirio
 Leggi anche:

E SE L'ATTUALE SCALO DI CAPACCIO/ROCCADASPIDE DIVENTASSE STAZIONE DI PAESTUM?  di Giuseppe Liuccio
Paestum, la stazione cambia volto: intesa Comune-Rete Ferroviaria Italiana - StileTV

 

martedì 23 ottobre 2012

E SE L'ATTUALE SCALO DI CAPACCIO/ROCCADASPIDE DIVENTASSE STAZIONE DI PAESTUM?

Pubblicato da Giuseppe Liuccio il giorno Martedì 23 ottobre 2012 alle ore 12.03 sul suo profilo di Facebook.





La proposta del Sindaco Italo Voza di cambiare la toponimastica di Capaccio Scalo in Paestum Nuova o Nuova Paestum ha scatenato un vivace dibattito a dimostrazione della attualità del problema. Io ho suggerito il solo nome di PAESTUM e ne ho motivato le ragioni in un mio precedente articolo, nel quale ho anche proposto di ipotizzare un vasto agglomerato urbano che abbia la dignità di una CITTA' per estensione territoriale e per ruolo e funzioni.Ho limitato l'analisi alla zona sud dell'attuale Stazione Ferroviaria, impegnandomi ad affrontare quella della zona a nord. E mantengo la promessa..

Nei lontani anni della mia giovinezza  la strada dalla Stazione per Capaccio era un nastro rettilineo fino al Petrale: Senza la barriera della variante a scorrimento veloce la pianura spaziava a perdita d'occhio verso le colline popolate di paesi, da un lato e dall'altro. Di fronte, la Madonna del Granato vegliava su uomini e campagne dalla balconata luminosa del Calpaziol Masserie e casali.radi,scandivano i ritmi del lavoro con i sudori dei salariati a gonfiare il portafogli dei latifondisti nell'alternarsi delle stagioni e delle colture.

Oggi " Il Rettifilo" è una contrada popolosa e vivace, con l'animazione civettuola delle attività commerciali e di servizi sul fronte strada e la paciosa aria di paese nell'interno, con orti e giardini ad arredo di case basse, linde, ordinate, lungo brevi rettangoli di vie a conquista di chiesa e/o ad incrocio di viale che ostenta con disinvoltura siepi di ulivi di geometrica fattura a guida verso l'Azienda Vannulo, santuario di prodotti di nicchia con l'oro bianco della mozzarella d'autore a farla da padrone, E', forse, la contrada più compatta delle tante della pianura.Forse sarebbe tempo di valorizzare un "territorio a quadrilatero" che trovi nella Stazione, nel Rettifilo, nell'Azienda Vannullo e nel Cafasso gli angoli di un raccordo fecondo, sempre che si bonifichi l'intera area con una funzionale rete stradale, a cominciare dalla valorizzazione dell'esistente, e si recuperi un patrimonio edilizio rurale in abbandono. Sarebbe, tanto per fare un esempio, uno straordinario contenitore di attività di socializzazione e/o di area espositiva il cadente "casino" D'Alessio in posizione centrale e a margine di strada interpoderale tra Rettifilo-Vannulo, da un lato, e Stazione-Cafasso, dall'altro. E ciò senza ipotizzare stravolgimenti di piano regolatore prossimo venturo, ma semplicemente recuperando e valorizzando l'esistente.

La vasta contrada sarebbe così destinata ad un grande sviluppo se solo si attivassero i tanti contenitori esistenti inutilizzati, facendone un polo di eccellenza articolato e vario nella prismaticità dell'offerta, che spazi dall'agricoltura di qualità, al commercio di nicchia, ai Beni Culturali ed Ambientali, al recupero della civiltà contadina e della memoria storica.Quanti, soprattutto delle nuove generazioni, sanno che da queste parti ci fu un "cimitero di guerra" e, un pò più giù, addirittura un tentativo di "aeroporto militare"!? (E l'ottimo e colto amico Enzo Di Sirio, che mi legge, di questa recente pagina di storia è cultore e maestro).Quella stagione del nostro vissuto collettivo, "Operazione Avalanche" e "Sbarco degli Alleati", è tutta da recuperare e potrebbe offrire una occasione straordinaria per attivare un filone turistico verso Inghilterra e Stati Uniti, che qui persero e seppellirono, anche se per breve tempo, i loro soldati caduti nella II Guerra Mondiale.Basterebbe istituzionalizzare un "Giorno della Memoria", collocandolo a ridosso dell'8 settembre, ipotizzando una serie di eventi sul tema. E sarebbe anche un modo per allungare la stagione turistica  Spero che sindaco ed assessori degati alla materia prendano in considerazione la proposta.
I due territori superabitati.potrebbero e secondoi me, dovrebbero costituire un UNICUM  per dare vita ad una "città" degna di questo nome e che si estenda in nmodo razionale ed organico dal Petrale al mare della Laura. Ma sono divisi da una strozzatura, l'attuale STAZIONE FERROVIARIA, che imporrebbe una rivisitazione di ruolo e funzioni, proprio a servizio e supporto della nuova nascente città del futuro.Per renderla tale urgono tre o quattro interventi che qui di seguito sintetizzo: a) riuso del patrimonio edilizio esistenze per dare corpo ed anima ad uno Scalo Ferroviario degno di questo nome; b)sistemazione dello spazio che va fino al LIceo Scientifico, ridisegnadolo con una palazzina centrale non priva di una certa monumentalità con relativa piazza ampia dotata di una serie di servizi (bar,ristoranti, infopoint, saloni di esposizioni dei prodotti tipici del territorio, edicola, libreria anche a supporto degli studenti del Loceo scientifico (superano i mille!!), stazione di arrivo e partenza dei pulmann da e per i paesi dell'interno fino a Laurino, Piaggine e Sacco, da un lato e a Stio, dall'altro, c)stazione di taxi, ecc. E sì perchè lo scalo  così configurato sarebbe la STAZIONE DI PAESTUM, mentre l'attuale stazione di Paestum potrebbe diventare PAESTUM SCAVI. L'ostacolo maggiore sarebbe, anzi è, come collegare con un sottopasso  comodo, ampio, vivibile, decoroso, illuminato con poster e vetrine espositive sui muri e che costituisca un passaggio pedonale di collegamento tra il due centri abitati a nord e a sud della linea ferroviaria. In questa maniera la Stazione Ferroviaria diventerebbe un altro "polo, cuore pulsante della nuova città". E' sotto gli occhi di tutti che l'attuale sottopassaggio  pedonale rabberciato alla meglio, invivibile, poco funzionale , creato con  assoluta miopia dalle Ferrovie e con il slenzio/assenso colpevole della locale classe politica amministrativa è totalmente inadatto.

 L'idea non è priva di fascino, ma di difficile realizzazione, perchè implica battaglie generose contro le resistenze, che non mancheranno, nel territorio e, soprattutto contro un colosso come le Ferrovie, che devono impegnare fondi notevoli per realizzarla, Se ne convincano Voza ed i suoi colleghi amministratori. E si attrezzino con una squadra o team, come dicono gli americani. Ma lo facciano. Nel territorio non mancano intelligenze e professionalità in grado di dare una mano per megafonare con tutti i mezzi e in tutte le direzioni l'importanza e la validità del progetto.(A quando un Ufficio Stampa degno di questo nome!?) Lo faccia il sindaco Voza e, secondo me, passerà alla storia della città e del territorio. Lo faccia e cominci a lavorarci fin da subito. Lo faccia, anche perchè lo reclamano i cittadini delle popolose contrade (Capaccio Scalo e Rettifilo).Lo reclamano i ragazzi del Liceo Scientifico che sono la nostra speranza e i cittadini,ci auguriamo operosi, di domani.  Vorrei tanto che succedesse!!! Così come vorrei che  si tenesse conto che  non c'è soluzione di continuità, ormai,tra gli -insediamenti abitati del Rettifilo e del Petrale, che è, da sempre, approdo e snodo di strade, quella d'acqua del fiume, che ferisce e feconda i campi, quella che penetra verso Spinazzo e il Varco Cilentano e, ancora, quella che, in comodi tornanti, scala la collina verso il capoluogo e quella, infine, che galoppa spedita alla conquista di Seude, Vuccolo Maiorano, Tempa San Paolo e Scigliati, isole di un arcipelago senza raccordi e connesioni.Ma questa è un'altra storia e con altre problematiche.

Giuseppe Liuccio
g.liuccio@alice.it


Leggi anche:
Capaccio Scalo, stazione ferroviaria tra degrado e disservizi - StileTV
Paestum, la stazione cambia volto: intesa Comune-Rete Ferroviaria Italiana - StileTV 
Stazione di Paestum - Wikipedia

Interessante anche: 
Qualcuno di Capaccio-Paestum che mi dia info? - it.answers.yahoo.com



venerdì 19 ottobre 2012

RENZI, IL GATTOPARDO E LA ROTTAMAZIONE.

Matteo Renzi  ( foto di Wikipedia)


Credo che la questione Renzi sia mal posta e poco compresa.
Renzi è una bufala e penso che come tale ci starebbe bene nel panorama pestano, immortalato, nel tempo, da tanti pittori proprio con questi splendidi e nobile animali.
A mio parere, Matteo Renzi è la risposta fisiologica, ma non per questo di per sé salutare, alla malattia geriatrica del PD.

Partito che comunque dimostra di essere tale e non mero contenitore o peggio padronale. Infatti, quando vogliamo identificare tanti dei partiti italiani, diciamo il partito di Di Pietro, di Berlusconi, di Grillo, Di Fini...
Il PD, invece, potrebbe difficilmente essere identificato con la figura di un leader indiscusso, padronale, piuttosto pensiamo ai vari Bersani, D'Alema, Veltroni.

In ciò Renzi gioca un ruolo determinante.
E' il ROTTAMATORE, l'uomo del ricambio generazionale. 

Verissimo!

Ma in ciò non è diverso da quei giovani che 20 anni fà "rottamarono" la vecchia guardia del PCI: i Cossutta. i Natta, gli Ingrao...
Anche quei giovani o quasi tali erano "il nuovo che avanza", innovatori, perché decisero di non essere più comunisti, ma democratici di sinistra. Si chiamavano: Occhetto, D'Alema, Veltroni..

E furono gli uomini del miracolo!

Infatti con la caduta del Muro di Berlino, gli ex PCI avrebbero dovuto avere un "ruolo marginale", subalterno al PSI di Craxi da sempre filo-occidentale e saldamente ancorato ai valori democratici.

Ed invece fù Mani Pulite!

La "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto fu sconfitta dall'homo novus, Berlusconi, ma comunque quella sinistra riuscì poi a diventare anche forza di governo!

Jean Leon Gerome Veduta di Paestum.
Renzi, in tal senso, segue la corrente e l'esempio.

La novità apparente è solo un ricambio generazionale, ma tagliata la testa del serpente, o le teste dell'Idra, il corpo rimane quasi lo stesso. Vi è il semplice innesto di un'altra o altre. Politicamente, la novità Renzi, è anch'essa una conferma: un partito sempre di più meno sinistra, come per la Svolta della Bolognina, ed a detta di alcuni più Berlusconiano nei temi, per altri, invece è la continuità delle proposte di proprio chi vuole rottamare, semplicemente nella sua vulgata sono confezionate meglio.

Solo chi non ha memoria può credere che Matteo Renzi sia realmente un innovatore.


E' un equivoco, un malinteso:

Renzi è un gattopardo!


PER UNA CITTA' DI PAESTUM IN ATTESA DI POSEIDONIA


Pubblicato da Giuseppe Liuccio, il giorno Domenica 14 ottobre 2012 alle ore 15.18,  sul suo profilo di Facebook.

Giuseppe Liuccio
Nel mio ultimo articolo ho lanciato l'idea/provocazione di RIFONDARE POSEIDONIA accorpando Agropoli e Paestum. Resto sempre più convinto della mia idea, anche se sono consapevole delle enormi difficoltà di realizzarla nel breve/medio termine e di doverla necessariamente collocarla nel futuro, se non addirittura nel futuribile.Con spirito pragmatico torno con i piedi ben saldi nel presente e mi riaggancio al dibattito piuttosto  vivace sulla "Nuova Paestum"
Il sindaco Italo Voza ha lanciato, di recente, una provocazione, che ha suscitato una serie di reazioni di segno opposto, ma, comunque, ha avuto l'effetto, certamente positivo, di focalizzare un problema reale, sul quale è opportuno, doveroso ed utile riflettere.Questa, in sintesi, la proposta: Abolire il vecchio toponimo di Capaccio Scalo, sostituendolo con  Nuova Paestum o Paestum Nuova.
"Nomina sunt conseguentia rerum" - sostenevano con saggezza gli antichi. E "Capaccio Scalo" nacque. quando la Stazione Ferroviaria era l'unico punto di riferimento per gli abitanti delle zone interne per le partenze:  voli di desiderio e di speranza per l'espatrio forzato, ottemperare agli obblighi della cartolina di precetto.   gli studi nelle città lontane,  il ricovero negli ospedali del capoluogo di provincia, ecc.  e relativi conseguenti ritorni. Partenze e Arrivi. Per il resto la Piana era zona malarica con salariati migranti che raggiungevano i campi di lavoro  a perdita d'occhio a raggiera dalla masseria del "signore"., scendendo all'alba dai paesi delle colline. L'assalto ai latifondi e la conseguente riforma agraria rivoluzionò storia, geografia ed economia e la pianura si popolò con borghi rurali disseminati dal Sele al Solofrone e dal mare alle colline con una logica di funzione allo sviluppo agricolo. Anche Capaccio Scalo si sviluppò con questa logica, a cui hanno fatto seguito Il Rettifilo da un lato e Laura dall'altro. Il commercio, prima, ed il turismo, poi, hanno prodotto una seconda rivoluzione geo-economica, che è ancora in atto. E Capaccio Scalo è cresciuta a dismisura, sull'onda, spesso, dello spontaneismo dettato da necessità e senza un preciso disegno urbanistico, per assenza totale, o quasi, della politica. Lo sviluppo, anche e, forse, soprattutto, quello urbanistico, lo ha imposto il mercato, che lo ha governato,o sgovernato, nella logica del profitto dei singoli e non nel superiore interesse della collettività:. Sono nati centri commerciali, studi professionali, banche, bar, ristoranti e tutta la vasta gamma di negozi funzionali ai bisogni della quotidianità di una umanità disaggregata che è cresciuta  di anno in anno e, spesso , di mese in mese.I palazzinari hanno fatto gli affari, i cittadini hanno avuto una casa, il territorio è stato devastato da una edilizia da rapina,.I ragazzi hanno avuto una scuola dell'obbligo I più grandi hanno avuto, tardissimo, un Istituto Superiore. Né gli uni, né gli altri hanno avuto luoghi funzionali alla socializzazione. Il tutto perché è nato ed è cresciuto un luogo da abitare non da vivere. Il tutto perché è mancata la Politica. Ora il sindaco Voza lancia un segnale,prendendo a pretesto la toponomastica; e va salutato positivamente perché è la spia di una esigenza reale, ineludibile e non più rinviabile:  ridisegnare   il territorio non tanto e non solo dal punto di vista meramente fisico urbanistico, anche se anch'esso importante, ma dal punto di vista delle funzioni a cui ogni centro abitato che si rispetti deve fare riferimento.Urge RAZIONALIZZARE L'ESISTENTE e fin da subito. Il sindaco ne ha lanciato il segnale.
Chiesa di S. Vito (Piazza Santini) nello scalo di Capaccio.
E, allora, non più Capaccio Scalo, e sono d'accordo; non Paestum Nuova o Nuova Paestum, che non avrebbe motivazioni né storiche, né, geografiche, né politiche, nel senso ampio del termine, ma semplicemente PAESTUM, riaffermando con un occhio alla storia, alla geografia, all'economia, la centralità di un nome che, se mai, deve corrispondere ad una vasta aggregazione urbana con la dimensione, il respiro e la dignità di una città.Se mai c'è urgenza e necessità di  riammagliare alcune contrade parcellizzate intorno ad un nucleo già esistente.:E Capaccio Scalo può assolvere a questo ruolo, come contrada più popolosa, candidandosi a diventare il centro propulsore della Città moderna. Ma la città ha bisogno di un'anima, che ne esalti l'identità, la visibilità e l'orgoglio di appartenenza. E da sempre in una qualsiasi città degna di questo nome c'è una Piazza con il Palazzo Comunale, la Chiesa Madre e tutta una serie di edifici funzionali alla socializzazione, nelle sue varie forme ed articolazioni ed in cui i cittadini si riconoscono e si identificano.Piazza Santini non risponde a questa logica, perché è decentrata, non è vissuta, non dispone di attività commerciali e della ristorazione, non ha centri culturali e di aggregazione, la stessa Casa Comunale non è sentita e rispettata come tale, né tanto meno amata dai cittadini, ma avvertita, per lo più, come luogo freddo di uffici anonimi in cui sbrigare frettolosamente pratiche e da cui scappare il prima possibile. Non ha un'anima, appunto. Non è il centro, il cuore pulsante di una città. E' fredda anche la Chiesa Parrocchiale che ha di antico soltanto il nome del protettore, San Vito, non certo la struttura urbanistica, anch'essa fredda e senza il pedigree del vissuto storico né  il fascino delle memorie delle grandi tradizioni. Casa Comunale, Chiesa Parrocchiale e Piazza potrebbero avere una loro centralità se diventassero cuore pulsante di una nuova città, da ridisegnare, delineandone i confini; lato monte, al Petrale e scendendo fino al mare della Laura. Naturalmente in questa ottica dovrebbe avere una sua centralità anche la Stazione Ferroviaria, che una politica miope della Società delle Ferrovie con il silenzio assenso, ancor più miope, dell'Amministrazione Locale, cancellò nelle sue funzioni dichiarandola, con un brutto termine "impresenziata". Forse in proposito è da riaprire un contenzioso in una visione nuova e più funzionale dello sviluppo dell'intero territorio, che abbia i confini nel Petrale e,scenda giù fino al mare, costeggiando.il Cerro da un lato e via Fornilli, dall'altro, tanto per cominciare- L'argomento è di straordinario interesse ed impone   una riflessione ampia, articolata ed approfondita, che mi riprometto di fare a breve.
Giuseppe Liuccio
g.liuccio@alice.it


Leggi anche:


venerdì 12 ottobre 2012

AURELIO DI MATTEO ED IL TABU' DELLA CAPACCESITA'

Aurelio Di Matteo
Mi fa piacere leggere ancora Aurelio Di Matteo. Il suo intervento è stato sin dall'inizio più che opportuno. Vorrei però indegnamente fare delle chiose al suo ultimo intervento.

 La questione del nome dello scalo di Capaccio, ma anche della denominazione del Comune stesso, non è cosa recente. Questo Di Matteo, come neo concittadino, non lo può sapere, come anche molti dei miei giovani concittadini. Se ne parla da più di trent'anni. Sono tre le generazioni di Capaccesi che si interrogano e si danno risposte diverse da sempre. Naturalmente campanilismi, approcci superficiali, incomprensioni e strumentalizzazioni  hanno sempre avuto un ruolo determinante in tali dibattiti.

 Già nel secolo scorso, precisamente tra l'89 ed il '90 "il Club del tempo libero"  (Redio-Paestum) promosse un'indagine conoscitiva sulla denominazione della Piana.

I quesiti posti erano:
  • "premesso: che il nome del Comune resti sempre Capaccio, saresti d'accordo che le contrade si unifichino sotto la denominazione "Paestum" (es. Salerno - Paestena, Napoli - Vomero, ecc..)?
  • Secondo te, lo sviluppo in tutta la PIana di un centro urbano con la denominazione "PAESTUM" (diversa da Paestum Archeologica) unitamente ad una migliore programmazione e ricettività turistica, contribuirebbe ad avere più economia, più lavoro..?"
Le schede compilate furono circa un migliaio. Il 70% rispose sì ad entrambi i quesiti, il 25% annotarono che era necessario accentrare i servizi e/o di pensare alla separazione dei  Comuni di Capaccio e Paestum. Non mancarono come nelle vere consultazioni elettorali le schede bianche, gli annulli, le offese a questo o a quel personaggio pubblico, come commenti che possono essere esemplificati in uno per tanti: Capaccio-Paestum è un comune da terzo mondo.

 Il patron di Radio Paestum , Nicola Nigro, allora consigliere comunale, si fece latore della proposta del cambio di denominazione della Piana in Consiglio Comunale. Le reazioni alla proposta furono già allora del tutto simili a quelle a cui oggi assistiamo. Malgrado anche ostracismi e alcune autorevoli contrarietà, la proposta ricevette l'interesse degli allora consiglieri comunali. Fu istituita una Commissione Consiliare "per l'istruttoria degli atti relativi alla denominazione della Piana, nelle persone dei consiglieri: il SINDACO (Pietro De Simone), NIGRO Nicola, De PALMA Giacomino, FASOLINO Raffaele, CAPO Lucio, VITOLO Vincenzo, BELLELLI Enrico".  Seguì la delibera del Consiglio Comunale N. 19 del 20/03/1990,  con cui si disponeva la denominazione unica della Piana (con esclusione, quindi, del territorio collinare) di PAESTUM, come anche l'adozione per questa di unico Codice di Avviamento Postale.
L'iniziativa pare ebbe anche l'autorizzazione del Ministero degli Interni e della Pubblica Istruzione, come il plauso di diverse autorità nazionali, tra le quali la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Tale provvedimento resto però, alla fine, lettera morta.

In seguito, sindaco Pasquale Marino,  con un ulteriore intervento, il Consiglio Comunale decretò la trasformazione dello scalo di Capaccio in "Capaccio Marittima", dimentico che tra il mare e lo scalo vi fosse una contrada di troppo: la Laura!

Tale dovrebbe essere la denominazione dello scalo, secondo anche lo Statuto Comunale, all'art.3, comma 4.
In realtà l'iter amministrativo non fu mai completato mancando il placet del Prefetto, come vuole la legge.

Le contrade di Capaccio-Paestum
 Nel 2010 venne istituita la Commissione per la Toponomastica Comunale e nella seduta d'insediamento il Sindaco, Pasquale Marino, chiese ai suoi componenti (Mario MELLO; Roberto PAOLILLO, Sergio VECCHIO, Vincenzo DI SIRIO) non solo di procedere al riordino e all'aggiornamento dell'odonomastica cittadina, ma anche di pensare ad una nuova denominazione per lo scalo di Capaccio.

Testimonianza del procedere della Commissione e tracce del dibattito cittadino sono leggibili anche su questo blog.

In realtà, però, della questione se ne è sempre dibattutto, a volte sommessamente, a volte pubblicamente, toccando spesso anche la denominazione del Comune medesimo.
Il merito del Sindaco Italo Voza è stato quello di riprendere il filo di un discorso, o forse un processo, mai terminato.

Diversamente da molti credo che l'attuale dibattito, che si è acceso intorno alla questione del nome con gli strascichi inevitabili anche campanilistici, sia un bene. Ciò che è mancato in questo paese è proprio un dibattito sull'identità. Come bene ha osservato Di Matteo, Capaccio-Paestum è la "Città dei venti borghi". Non è una comunità unica, ma un insieme di micro-identità. La colpa o il dolo, io preciserei, è della comunità capaccese originaria come di alcuni "personaggi". La Piana da sempre è terra di immigrazione. I nuovi venuti, gente ormai senza identità e radici, se non la memoria della terra natia, hanno trovato un elemento comune identificativo nella nuova realtà abitativa nella magnificenza e maestosità dei Templi di Paestum. I vecchi Capaccesi, invece, hanno continuato ad avere il luogo della memoria nel paese sulla collina. Paradossalmente i veri eredi e discendenti degli antichi Pestani sono proprio loro e non i nuovi venuti.

Giustamente osservano che anche Capaccio ha una sua storia. Ed è così! Ma qui sta la colpa. Non aver saputo trasmetterla ai nuovi venuti.Un esempio è il patrono del comune, San Vito, che per molti è solo il santo venerato nella parrocchia dello scalo. L''unico elemento religioso unificante parrebbe essere, ma in verità si sbaglierebbe, il culto della Madonna del Granato. Se poi aggiungiamo, che anche urbanisticamente e culturalmente non esiste neanche l'Agorà, cioè la piazza della Città, la cosa diventa più che evidente: non esiste una comunità! Ben venga quindi un dibattito, a mio parere. Per  Aurelio Di Matteo, è solo una questione di marketing territoriale. O almeno parrebbe esserlo.Cosa di cui è più che esperto e titolato. Ma in gioco, a mio parere, c'è di più. Non essendovi comunità, un comune sentire, valori comuni e condivisi, una comune visione del mondo, non vi può essere nemmeno un "Progetto" per la Città Futura.

Ben venga allora parlare del nome, per innescare non solo un dibattito sull'identità, ma come lo stesso Di Matteo, Giuseppe Liuccio e tanti altri hanno osservato, anche interrogarsi ed ipotizzare su un progetto di sviluppo complessivo del nostro territorio. Senza questi elementi la questione del nome sarebbe del tutto vana. Il solo cambio del nome, per una mera questione di marketing. di per sè senza un progetto ed una vera programmazione sarebbe senza alcun senso e soprattutto inutile.

In ultimo mi domando come mai si persevera nello stesso errore di sempre. Abbiamo intelligenze e competenze sul territorio che rimangono inutilizzate. Come dire che i foderi combattono e le spade ...
Perché personaggi come Giuseppe Liuccio o Aurelio di Matteo non sono resi partecipi dall'attuale amministrazione comunale nel "Progetto per Capaccio-Paestum"? Hanno competenze e contatti per promuovere intelligentemente e professionalmente il nostro territorio oltre che poter dare un contributo fattivo e di idee nel progettare la Città Futura. Sono sicuro che presterebbero la loro opera gratuitamente, solo per passione ed amore di Paestum!


Leggi anche:



martedì 9 ottobre 2012

NON SERVE CAMBIARE IL NOME SENZA UN PROGETTO

  di Enrico Bellelli
Enrico Bellelli
Sulla nuova denominazione da dare a Capaccio Scalo non posso non dire la mia, stimolato dai tanti interventi che ci sono stati. 
Innanzi tutto il problema non si racchiude nel se cambiare o meno il nome di Capaccio Scalo, perché se alla proposta seguisse un progetto di sviluppo del territorio saremmo tutti d’accordo, ma se invece si cambia solo il nome e non si procede a varare un progetto, anche a lungo termine, di sviluppo di tutto il territorio, proprio non ci stò.
Si dovrebbe prendere coscienza che Capaccio Scalo è divenuto un motore di sviluppo della piana che va rivisto e corretto, ed intorno ad esso far rifiorire tutti gli altri borghi della Piana. 
A tal proposito mi è piaciuto molto l’intervento del Prof. Liuccio, quando scrive come sia necessario “riammagliare” il territorio e questo potrebbe verificarsi proprio intorno al centro propulsore della Piana: Capaccio Scalo. 
Naturalmente, fuor di polemica, la dobbiamo finalmente smettere con tutti i campanilismi che si sono verificati negli ultimi decenni. Penso che questa sia stata una delle iatture che non hanno permesso alla Piana di tenere il passo con i tempi, oltre alle responsabilità politiche di chi ha amministrato. E del resto, oggi che si ragiona in termini di EUROPA, non ci possiamo più soffermare a ragionare in termini di contrada. 
Ben venga quindi l’iniziativa dell’Amministrazione Voza, ma che tenga in conto che ora non si può perdere più tempo e che bisogna voltare pagina per favorire lo sviluppo di tutta la Piana e complessivamente di tutto il Comune. Dico così perché non mi sono dimenticato di Capaccio Capoluogo, non sono tra quelli che la vogliono relegare a un ruolo marginale o isolato, ma anche in questo caso bisogna parlare chiaro e procedere con idee chiare e fattive. Se Capaccio Scalo ha assunto, negli anni, un ruolo trainante dello sviluppo non solo della Piana ma anche dei paesi contermini, Capaccio ha bisogno di tutt’altre cure, una riqualificazione urbanistica del centro storico, del resto questa operazione è stata fatta in tanti altri paesi del Cilento ed ha funzionato, perché non da noi? Quindi riqualificare il centro storico e favorire tutta una serie di attività legate all’attività turistico alberghiera (v. piccole pensioni nei palazzi antichi) e infine favorire una vocazione culturale (anche in questo caso mi sovvengono in aiuto gli scritti di Peppino Liuccio) in cui tutte una serie di attività possano trovare una collocazione idonea e fattiva. 
Per quanto riguarda il nuovo nome da dare a Capaccio Scalo, se ci sarà una presa di coscienza che da più parti viene sollecitata, non sarebbe male mettere insieme le nostre due realtà storiche: Capaccio e Paestum e denominarla quindi Capaccio-Paestum.
Capaccio Scalo (foto tratta da LoScirocco.net)
 
Questo l'intervento di Enrico Bellelli, ex amministratore comunale, nell'agorà di Amici di Paestum su FB, che ho ripreso e pubblicato sul mio blog perché lo ritengo un importante contributo all'attuale dibattito in corso, puntuale, propositivo, concreto e non certo vanamente polemico e strumentalmente o stupidamente fazioso in un senso od in un altro. Aggiungo di seguito la mia risposta al suo thread.
 Grazie Enrico, per il tuo intervento. In verità l'aspettavo. Tu sei stato uno di quei "giovani" impegnati in politica, che volevano modernizzare questo comune. Le tue riflessioni sono più che condivisibili. Infatti la questione del nome non è semplicemente e meramente toponomastica, ma voleva proprio riavviare un dibattito sull'"IDENTITÀ" senza il quale la realtà sociale, culturale e antropica di questa Comune rimarrà sempre parcellizzata senza mai diventare per davvero COMUNITÀ. Come anche finalmente far ragionare i nostri concittadini, le forze politiche, le realtà sociali, economiche e culturali di questo nostro paesello sulla "CITTÀ FUTURA", su un progetto di sviluppo. Già nella tua passata esperienza politica hai affrontato la questione. Fra il 1989 ed il 1990, come ben ricorderai, ma non i nostri immemori concittadini, fù già istituita un Commissione Consiliare (composta da te, l'avv. DE SIMONE, allora Sindaco, dal dott. G. DE PALMA, da R. FASOLINO, L. CAPO; V. VITOLO, N. NIGRO), che deliberò su iniziativa dell'allora consigliere Nigro Nicola, la proposta di un unico cap per la Piana e il superamento delle contrade con la denominazione unica della stessa in PAESTUM (con eccezione del territorio collinare). Proposta fatta propria dal Consiglio Comunale ed anche autorizzata dal Prefetto, quale organo competente di controllo in tali temi. Credo che tale delibera andrebbe ripresa, come mi piacerebbe anche un tuo contributo in questa agorà virtuale sul dibattito di allora su questi temi che non fu solo politico ma anche comune, anzi più che sentito, tra la gente. Perchè troppo spesso ci si dimentica in questa nostra realtà che le cose hanno una storia e che in tanti hanno lavorato per far crescere questo paesello. QUESTO E' UN PAESE DI IMMEMORI.


Leggi anche: