martedì 30 ottobre 2018

BREVE STORIA DELLA BONIFICA E DELLA RIFORMA AGRARIA NELLA PIANA DI CAPACCIO PAESTUM

Edmund Hottenroth, View of the temples of Paestum in the evening light - Water buffalo in the Campagna, 1854 

La Piana agli occhi dei suoi primi abitanti si presentava ricca di corsi d'acqua, di lagune ed acque stagnanti, dove i paleo cordoni-litorali e le retrostanti superfici terrazzate dei dossi travertinosi di Gaudio, Seliano e Paestum offrivano suoli ben drenati su cui i primitivi abitanti svilupparono i loro insediamenti (l'area della città antica di Paestum tra la Basilica ed il Tempio di Nettuno, quella presso Porta Aurea, la Necropoli del Gaudo, la paleoduna di Capaccio Scalo, ecc.). Non mancavano boschi che dalla collina discendevano sulla Piana ricoprendola quasi per intero. 



E' in età greco- romana che si hanno le prime vere e proprie opere di bonifica della Piana. con un'ampia opera di canalizzazione, di irrigazione e bonifica, che interessava gran parte della zona pianeggiante estesa a settentrione del perimetro urbano di Paestum e che aveva i suoi  limiti nel fiume Sele a nord, nelle colline di Capaccio ad est ed il mare ad ovest . La scoperta di lapilli dell'eruzione del Vesuvio del 79 d. C. in alcuni di questi canali ha fatto ipotizzare gli storici che già in quell'epoca tale sistema dovesse essere ormai in crisi, cosa  che dovette contribuire ad un nuovo progressivo impaludamento dell'area.

E' però nel medioevo a partire dalla conquista longobarda che inizia una nuova fase di ripresa. 
L'attivismo dei nobili e funzionari longobardi, dei monaci basiliani e benedettini imprime una ripresa sia dello sfruttamento economico della piana che degli insediamenti abitativi. Le terre incolte vengono rimesse a cultura, grazie ad opere di drenaggio dei terreni e di canalizzazione dei piccoli corsi d'acqua. Opere idrauliche di cui sopravvive solo il cosiddetto acquedotto medioevale che alimentava le macine delle due Moline di Mare. Sorgono numerosi villaggi e casali come Gromola, San Basilio, Santa Barbara, Spinazzo, Capodifiume, Silifone e Mercatello. 

L'irrompere nel territorio verso la fine del secolo della guerra "del Vespro" (1282-1302), che vide proprio nella parte meridionale della provincia di Salerno svolgersi per 13 anni continui le fasi più aspre, lunghe e determinanti dello scontro terrestre fra Angioini ed Aragonesi, produsse la sistematica distruzione dei villaggi, delle colture, del patrimonio zootecnico ed un pauroso calo demografico a cui seguì un'inevitabile nuovo impaludamento della Piana di Paestum e l'inizio della decadenza ed abbandono di Caputaquis verso l'insediamento detto “li casali di Rodiliano di S.Pietro”, che in seguito prenderà il nome di Capaccio Nuova.

Rizzi Zenoni, No. 19. Eboli, Capaccio, Campagna, Sele fiume. Gius. Guerra inc. Nap. 1809. Atlante geografico del regno di Napoli 1808.


La Piana comunque non fu mai abbandonata e continuò ad essere abitata (anche solo stagionalmente) ed essere centro di interessi economici e sociali.
E' nella prima metà del settecento che iniziano nuove importanti opere di bonifica.
 ...Nel 1749 ed in 1750 a spese dell'Università, essendosi formato un alveo di larghezza di palmi 10 e di lunghezza un miglio, per fare in esso imboccare l'abbondante sorgiva dell'acqua della Salza, e deporla nel fiume di Capodifiume, per cui si resero asciutti circa tremila tomola di territorio, che prima erano impraticabili, denominati le Marene, Cardogna, Tufarella, Elice e tutto il recinto di Fiumarello...”. (memoria legale del 1771 di Gennero Mangone “Per l'Università e Cittadini della Città di Capaccio contro l'Illustre Principe di Angri”)


Nel 1818 viene proposto un progetto, che più di una mera bonifica, è piuttosto una vera e propria proposta di riforma e riassetto del territorio. La proposta è quella dei proprietari borghesi consorziati, coordinati da Andrea Dini di Giffoni, che è presentata al Ministro degli Interni purtroppo senza successo.
I lavori di bonifica nel dopoguerra.
Il progetto, straordinariamente moderno nella sua concezione prevedeva anche un vasto piano riorganizzazione e pianificazione del territorio.
Questo una volta bonificato doveva essere appoderato ed organizzato in nodi funzionali costituiti da centri di servizio articolati su due livelli di importanza diversa: alcuni dotati di un centro religioso, osteria, negozi, botteghe artigiane, ed altri costituenti dei veri e propri nuclei di servizi collettivi come la parrocchia, la farmacia e la rappresentanza municipale e giudiziaria.

Nel 1831 Carlo Afan de Rivera, direttore generale del Corpo di Ponti e Strade, Acque, Foreste e Caccia del Regno delle Due Sicilie, ebbe approvato un piano di bonifica, che fu il primo progetto organico di riassetto della Piana del Sele, che riprendeva idealmente le indicazioni di quello del Dini, affrontando saggiamente per primo il problema della bonifica e le opere necessarie per realizzarla.


I principi di “sistemazione” del territorio e di riassetto del regime idrico previsti nel progetto del de Rivera sono stati d'ispirazione di tutte le successive operazioni di bonifica fino al progetto redatto dal Consorzio di bonifica di Capaccio tra il 1926 ed il 1930.

Nel 1855 è istituita l'Amministrazione delle Bonifiche di Paestum.


Tra il 1856 ed il 1866 sono realizzati due canali paralleli alla costa, che confluendo nel Fiumarello-Lupata presso Paestum, prosciugarono le aree del Sele Morto e Laura pari a 1399 ha.


Dal 1864 l'autorità preposta alla gestione delle attività di bonifica è il Consiglio Generale di bonificazione ed Irrigazione, sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

E' solo però che nel 1880, che a seguito dell'Unità d'Italia, che riprendono i lavori nella Piana di Capaccio con la realizzazione del primo canale di derivazione del Sele lungo 3500 metri e dei derivanti di colmata Sele Morto e Quistione. Le opere avrebbero dovuto realizzare la colmata di circa 2500 ha tramite i deposito delle torbe, ma il sistema si rivelò poco efficace perché in 60 anni si riuscirono a bonificare solo 500 ha. Inoltre si completarono anche i canali di scolo Pantanelli, Compagnone e Laura, mentre il Capodifiume fu dotato di argini come nel progetto dell'Afan de Rivera, risolvendo lo storico problema delle esondazioni di questo fiume nelle zone di Paestum, Spinazzo e Linora.

Pianta della pianura del bacino del Sele in bonificamento. Dall’Archivio di Stato di Salerno

Il Piano Generale di Bonifica del 1914 ripropose il sistema della colmata per rialzare altri 2000 ha di terre depresse, ma anche in questo caso si rivelò troppo lento ed inefficace, anche a causa delle difficoltà congiunturale dovute alla contestuale guerra mondiale.

E' solo con la bonifica integrale del ventennio fascista che si ebbero consistenti investimenti nella Piana di Paestum.
L'inefficacia delle esperienze passata convinse la Società Anonima Bonifiche, costituita nel 1923 ad integrare il sistema della colmata naturale al sollevamento meccanico delle acque, avviandosi così alla bonifica integrale della piana.

L'istituzione del Consorzio di Bonifica Sinistra Sele avvenne per mano di numerosi proprietari fondiari presenti nei comuni di Capaccio, Agropoli, Albanella, Altavilla e Serre ed ebbe iniziale sede proprio a Paestum, poi presso l'attuale storica sede alla scalo di Capaccio.
Il Consorzio di Bonifica dei proprietari agrari locali subentrato quindi al vecchio concessionario (la Farina Valsecchi) per tutte le opere di bonifica, credette opportuno di avvalersi dell'opera di un' impresa già convenientemente organizzata. La scelta cadde sulla ditta Pasqualin e Vienna, con la quale stipulò, in data 29 giugno, un compromesso, con cui l'impresa si impegnava a provvedere alla compilazione di tutti i progetti occorrenti all'esecuzione dei lavori.

Acquedotto Rurale di Castrullo in costruzione. 
(Fonte: Archivio Università degli studi Roma Tre)
L'ente presentò un proprio progetto di massima firma di Albino Pasini, dell'importo di lire 63.588.186,00. Il progetto prevedeva interventi divisi per acque basse, medie ed alte. Quest'ultime provenienti dai versanti collinari vennero convogliate nei canali medi. La regimazione dei corsi d'acqua Pisciolo, Fosso della Cisterna, Pazzano, Acqua di Ranci, Ciorlito, Capaccio Vecchio, contribuirono ad un più razionale sfruttamento della risorsa acqua.


Accantonato il sistema della colmata si decise di passare di avviare il prosciugamento mediante il sollevamento meccanico (acque basse), affidando il drenaggio per gravità lo scolo delle sole “acque medie”. Per riuscirvi fu realizzato presso la Torre Kernot l'impianto “Idrovora”, capace di pompare 10,000 l/sec. servendo circa 1.600 ha di terreni produttivi.
Le “acque medie” ed una piccola parte di quelle “basse” furono convogliate alla foce Lupata (Fiumarello).



In sintesi le opere realizzate secondo il Piano del Consorzio di Bonifica di Paestum ammontarono a circa 22 km di collettori affluenti all'idrovora per le acque basse, e di altrettanti collettori di scolo per gravità, in opere di bonifica idraulica dei torrenti naturali per circa 8 Km, un acquedotto rurale per l'irrigazione (iniziato nel 1932), la rete stradale e l'elettrificazione della Piana, un mercato ortofrutticolo nei pressi del centro servizi di Capaccio Scalo.

Bonifica idraulica: canale delle acque medie. Consorzio di Bonifica di Paestum. 
(Fonte: Archivio Università degli Studi Roma Tre).
Nel 1932 iniziarono le opere per l'irrigazione della Piana realizzando l'acquedotto rurale della sorgente Castrullo, nel comune di Campagna, capace di irrigare 20.000 ettari di terreno, servendo i fabbisogni di 1.500 aziende attraverso 250 km di condotti. La rete di distribuzione fu realizzata con canalette prefabbricate pensili alte circa 1 metro, ancora parzialmente esistente, ma in larga parte manomessa, costituisce ancor oggi una parte caratterizzante del paesaggio della piana, specie lungo i campi e le stradine interpoderali, facendo da cornice alle coltivazioni e ai poderi.

E' con la legge n.841 del 21 novembre 1950 che anche nella Piana del Sele con un intervento pubblico di espropri e sdemanializzazioni, si apre la grande stagione della Riforma Agraria. Ad esserne interessati furono 8.948 ha, di cui però solo 7.274 ha furono suddivisi in 1.002 poderi e 713 quote, comprendenti i territori dei Comuni di Albanella, Altavilla, Serre, Eboli e Pontecagnano.



Ente protagonista della riforma fondiaria fu l'Opera Nazionale Combattenti (ONC).
Più precisamente nella Piana di Capaccio Paestum furono realizzati 308 poderi per una superficie complessiva di ha 1741.25.00 e 126 quote per una superficie complessiva di ha 186.10.00.

Poderi della Riforma in costruzione.
I primi tentativi dell'ONC di indirizzamento della conduzione dei fondi della riforma furono verso un ordinamento cerealicolo-industriale biennale. In seguitò si optò verso quello zootecnico-industriale-cerealicolo. In tal senso si incentivò la coltivazione delle foraggere poliannuali, ritenute una scelta strategica nel nuovo ordinamento zootecnico-industriale, superando così di fatto i limiti della passata economia agraria.
Contestualmente l'ente promosse l'innovazione dei mezzi di produzione con l'introduzione delle lavorazioni meccaniche, ma anche la diffusione delle moderne tecniche di concimazione e dei trattamenti antiparassitari.
Fu dato impulso allo sviluppo di una moderna zootecnia con l'introduzione di 2,000 capi bovini, 400 suini ed oltre 10,000 riproduttori avicoli.

Il Prodotto Lordo Vendibile (PLV) relativo ai terreni della riforma nel giro di dieci anni si quadruplicò passando dagli 885 milioni di lire del 1953 ai 4.226 milioni del 1962, più precisamente il PLV ad ettaro passò da 154.000 lire a 584.000 lire con un incremento del 370%.
Nel periodo 1950-1960 l'incremento degli allevamenti fu del 50%, il bovino passò da 8.430 capi a 16.540, mentre quello bufalino restò stazionario e si avviò a forme di stabulazione fissa.



Piazza Santini e la Chiesa di San Vito in costruzione.

La meccanizzazione nell'area della riforma ebbe un incremento del 370%, mentre nelle altre zone della provincia di Salerno si fermò al 210%.



Con la Riforma si diede anche seguito in chiave contemporanea a quel progetto di riorganizzazione e pianificazione del territorio immaginato dall'abate Andrea Dini nel secolo precedente: cioè la riorganizzazione del territorio attraverso una maglia di poderi e quote, serviti da una serie di infrastrutture quali ad esempio strade e opere per l'irrigazione, a cui s'aggiungono dei veri propri centri di servizio, cioè i borghi della riforma, nuclei iniziali di una nuova vita comunitaria, sociale, economica e politica.

Si costruirono gli edifici scolastici per far assolvere ai figli dei contadini l'obbligo scolastico, furono promossi corsi popolari per analfabeti e semianalfabeti, corsi di economia domestica rurale, altri corsi d'intesa col Ministero dell'Agricoltura e quello della Pubblica Istruzione, corsi di preparazione professionale, ecc. Nella fattispecie fu istituito a Gromola l'Istituto Professionale per l'Agricoltura.
Altre iniziative furono volte oltre che a dotare dei necessari servizi le nuove comunità anche a formare le prime basi di una nuova convivenza ed aggregazione sociale nelle comunità che nascevano nei vari borghi della riforma: gite d'istruzione anche fuori regione, proiezioni cinematografiche di carattere tecnico, l'apertura nelle borgate di ambulatori medici, biblioteche, circoli sociali, campi sportivi, chiese con annessi locali d'incontro, ecc.


Cartolina del borgo della riforma di Gromola.
Altro aspetto saliente fu la costituzione di una rete organica di cooperative sul territorio. 


Funzione primarie di tali cooperative era la fornitura di crediti e di servizi a prezzi più convenienti di quelli ordinari sul mercato, ma anche di collocamento delle produzioni in forma collettiva strappando prezzi più remunerativi e soprattutto evitando intermediari e concessionari.
Nello specifico a Capaccio furono costituite le Cooperative “Argiva”, “S. Giorgio” ed “Italia”, che raccolsero quasi duemila soci.

Si realizzò anche un livello associativo di grado superiore che riunisse ed organizzasse le singole cooperative in un consorzio o in cooperative specializzate come quelle nel settore lattiero-caseario, che organizzavano un servizio di raccolta, refrigerazione e collocamento presso le industrie casearie.
Esempio di consorzio che raccoglieva le singole realtà cooperative fu la Concooper (Sele d'Oro).

La bonifica e la Riforma Agraria furono gli strumenti di una “riorganizzazione razionale” del territorio della Piana di Capaccio Paestum, che produsse inevitabile ricadute positive sugli assetti economici e sociali della comunità locale. Tale assetto però fu susseguentemente manomesso da uno sviluppo economico, sociale e culturale del tutto confuso e non lungimirante. Un solipsismo individualistico ebbe la meglio sulle forme associative e di cooperazione promosse dall'ente di riforma determinandone il fallimento, ma anche sull'impianto stesso dell'organizzazione del territorio.



Uno sviluppo edilizio non organico e funzionale alle potenzialità del territorio, spesso culminante in un abusivismo diffuso, determinarono un guasto generalizzato del territorio, che compromise anche lo sviluppo del settore agricolo con la parcellizzazione dei poderi e delle quote. La fine dell'impianto della Riforma fu anche la fine di una dimensione etica e culturale dello sviluppo del territorio e della sua comunità.





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