mercoledì 1 luglio 2009

Un esempio di politica economica e sociale nella Capaccio di due secoli fa.



L'assalto al latifondo. Nella foto Gaetano Paolino che di quelle lotte di riscatto e libertà
 fu protagonista.


IL MONTE FRUMENTARIO DELLA PIETA’ (1845 – 1870)
Un esempio di politica economica e sociale nella Capaccio di due secoli fa’.
I parte
di Vincenzo Di Sirio

Il Monte Frumentario è un esempio di politica illuminata di quel nobilitato borghese che allora guidava le sorti del nostro paese, spesso negletto ingiustamente da certa letteratura, che seppe nei momenti di crisi economica, sociale e politica, creare anche strumenti d’intervento a beneficio della propria comunità. Cosa che oggi, invece, la leadership economica e sociale contemporanea non sa o non vuole fare, tutta presa a piegare istituzioni e politica al proprio tornaconto.

 Il 12 gennaio 1845 “giorno sacro alla nascita dell’Augusto Sovrano” (Ferdinando II), il consigliere provinciale Michelangelo Bellelli di Capaccio fece un deposito di 30 ducati presso l’Amministrazione Comunale per l’istituzione di un Monte Frumentario. La “generosa e pia opera” fu annunziata al pubblico, da Monsignor d’Alessandro, Vescovo di Capaccio, “allorché si andò in Chiesa per cantare l’Inno Ambrosiano” per quella “fausta ricorrenza”. Nasce così nella nostra cittadina il Monte Frumentario, una particolare istituzione di “beneficienza comunale” (oggi diremmo ente socialmente utile), il cui scopo era di assicurare la semenza ai piccoli proprietari ed ai coloni senza mezzi, concedendo mutui a breve termine in granaglie, con tenui interessi. La scarsità di capitali, infatti, era da sempre il problema dei piccoli proprietari terrieri, che spesso erano costretti a sottomettersi al gioco dell’usura. Strumenti come l’usura e le frodi non furono,infatti, estranee alla formazione delle vaste proprietà terriere locali. Così il 55% delle piccole e medie proprietà si ridussero in modo notevole nel decennio 1820 – ’30 finendo nelle mani di pochi.

Fu, infatti, precisa volontà del governo borbonico moltiplicare iniziative analoghe ai Monti Frumentari sul territorio della nostra provincia, sotto l’impulso dell’allora Intendente, Marchese Spaccaforno, per placare e lenire quel malessere economico che aveva creato le turbolenze sociali e politiche di quegli anni. Alla chiamata per l’istituzione di quel benefico ente risposero oltre il già citato M. Bellelli e il vescovo, anche D. Domenico Farinelli, Vicario Generale (15 ducati), Francesco S. Bellelli (15 ducati), Ferdinando Bellelli (15 ducati), Francesco dei baroni de Marco (15 ducati), la Casa comunale (15 ducati), d. D. Bamonte, per la Chiesa parrocchiale (12 ducati), Pantaleone d’Alessio (8 ducati), Gennaro d’Alessio (8 ducati), Domenico Maida (6 ducati), Giustino Cremone, Giudice Regio (4 ducati), Luigi Tanza (4 ducati), Michelangelo di Deo (4 ducati), Pasquale Bellelli (4 ducati), per un totale di 185.oo ducati. In realtà, però, quella somma rimase bloccata nelle casse comunali sino all’agosto del 1847. Infatti, il Monte Frumentario per esistere come persona giuridica avrebbe dovuto ricevere la Sanzione Reale. Nel frattempo l’intendente Spaccaforno (qualcosa di simile all’attuale prefetto) si preoccupò di ricevere l’assenso del Ministro degli Interni all’acquisto del grano da distribuire agli agricoltori indigenti. A tale compito fu delegato Michelangelo Bellelli, il quale però fu occupato per 2 mesi lontano da Capaccio. Si pose così il problema di comperare il grano a stagione inoltrata con l’inconveniente dei prezzi più alti o rimandare il tutto alla stagione successiva. Non mancarono tentativi dell’Intendente di far distribuire comunque il denaro nelle casse comunali ad un tenue interesse (6%). Tale proposta trovo però l’opposizione del sindaco Pasquale Bellelli che spiegò che “chi si è offerto per riceverlo” (il prestito) “non” ha “presentato verune garanzia”. Ed è naturale chiedersi, trattandosi di indigenti, come poteva essere il contrario? Ma le difficoltà presero anche altre forme come la ritrosia ed il timore di assumere da parte dei cittadini Capaccesi la responsabilità di amministratore del nuovo ente. 

Gennaro Bellelli  (Archivio Fam. Bellelli)

La scelta dei cittadini, che avrebbero dovuto ricoprire tale incarico, era fatta con la proposta alle autorità superiori da parte degli amministratori comunali di "terne di candidati" nelle cui note erano indicati oltre ai dati anagrafici anche “la condizione”, “l’abilità nella scrittura e nella contabilità” ma anche….la “condotta morale e religiosa”.

Le remore di questi nostri concittadini del passato ad accettare tali "onori" non erano del tutto immotivate. Infatti, per aspirare ad ogni incarico amministrativo, compreso quello decurionale (qualcosa tra il consigliere e l’assessore comunale), era necessario un idoneo censo, ma erano anche sicure le responsabilità derivanti dalla propria gestione amministrativa. Infatti, si doveva rispondere “in solido” per qualsiasi omissione, errore od abuso e l’amministrazione centralizzata borbonica non scherzava nei controlli e verifiche. 

 A tal proposito G. d’Alessio, proprietario, cerca di smarcarsi dall’incarico di amministratore del Monte Frumentario, adducendo cattive condizioni di salute, la dimora continuata nella Piana, ma soprattutto perché “la cattiva assistenza, che dovrebbe (al) l’individuo della 2^ terna, formata da persone idiote, mentre vi sono tanti distinti proprietari, ed in ultimo per allontanare la malevolenza e la calunnia, che ora fan tregua”.
Esattamente l’opposto di quanto oggi accade! 
Altro caso quello di A. Marandino, il quale fu anche segnalato, dal M. Bellelli, poiché aveva già esercitato la carica di cassiere della “Beneficenza” e di Cassiere Comunale. Questi osservava, sempre in una lettera all’Intendente, che tali incomodi dovevano svolgerli “i principali proprietari, i quali in Capaccio ve ne sono moltissimi, e che se ne vogliono togliere di mezzo da simili opere onorifiche?” E per se aggiunse di essere “quasi inafalbeto” e che per la carica di Cassiere Comunale e di beneficienza di essere stato solo lo “strumento della stentata firma”. Cosa che se vera farebbe pensare a diversi risvolti e ci farebbe comprendere anche il perché di certe rinunce.
Forse l’entusiasmo iniziale del neofita si scontrò con gli interessi consolidati dei gruppi di potere di allora. Comunque una ritrosia all’incarico pubblico che noi oggi non conosciamo mentre in molti, allora, si sentivano, non sappiamo quanto realmente, inadatti all’immane compito. Dubbio che non ha toccato apparentemente mai alcuni moderni amministratori del secolo passato e presente. Comunque non mancarono già allora anche altri cittadini pronti all’incarico e meno “scrupolosi” e timorosi di “malevolenze” e “calunnie”. Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo nella prossima puntata.