domenica 26 febbraio 2017

IL BORSINO DEI CANDIDATI SINDACI ALLE AMMINISTRATIVE 2017.

Anni fa le fiabe iniziavano con “C’era una volta…”.
Oggi sappiamo che iniziano tutte con “Se sarò eletto…”

(Carlyn Warner)


Premessa. 
Il presente borsino non ha alcun fondamento scientifico, non è frutto di sondaggi, ma semplicemente dell'analisi dei fatti, di deduzioni ed intuizioni personali.
Come tale fotograferebbe la situazione del momento e quindi sarà aggiornato costantemente.
Non vuole essere altro che un'ulteriore occasione di discussione e di riflessione sulle prossime elezioni amministrative.
In gioco l'occasione per dare una speranza di sviluppo a questo nostro paese.

6. Gennaro De Caro
E' quello con più problemi.
Avrebbe voluto che nascesse una proposta politica di sinistra a Capaccio. Purtroppo le divisioni del PD, gli egoismi incrociati, i tatticismi hanno fatto venir meno tale progetto e quindi la possibilità delle primarie. Il partito più importante della sinistra è in piena diaspora e sicuramente non sarà presente con una sua lista alle prossime elezioni.
Altro aspetto è la sua preclusione ad aggregare elementi provenienti da altre esperienze politiche, ma soprattutto, dopo anni di durissima opposizione all'amministrazione di Italo Voza, chi è stato parte di quell'esperienza di governo del paese.
Purtroppo De Caro non riesce ad aggregare neanche a sinistra.

5. Antonio De Rosa
Il noto medico capaccese ha avuto più volte la possibilità di essere candidato a sindaco di Capaccio, ma si è sempre sottratto alla "chiamata" malgrado le insistenze dell'allora parlamentare Gaetano Fasolino. Pare però che abbia così perso il momento.
Oggi non riesce ad aggregare oltre la ristretta cerchia degli amici di sempre.

5. Angelo Quaglia
E' un intelligente, fine e scaltro politico di vecchia scuola.
Al di là di qualche puntatina polemica non riesce ad emergere, ad affermarsi ed ad aggregare.
E' molto probabile che potrebbe alla fine convergere su qualche altro candidato sindaco.

4. Francesco Palumbo
Il già sindaco della vicina Giungano è la vera new entry.
Si presenta come un amministratore che bene ha saputo fare nel suo paese di origine ed è quindi da non pochi visto come una speranza per un possibile rilancio di Capaccio Paestum, certamente una realtà un po' più complessa del piccolo paesino cilentano.
E' stato in passato vicino a quel centro-destra che aveva il suo riferimento nell'ex presidente della provincia, on. Edmondo Cirielli. Oggi però un'insistente vox populi lo vorrebbe sponsorizzato da Franco Alfieri, sindaco della vicina Agropoli e consigliere politico di Vincenzo De Luca.
Con lui Giovanni Piano, fondatore del movimento Vola Alto e dirigente del locale circolo di Forza Italia, e Giuseppe Casella, amico d'infanzia di De Luca, che ha ufficializzato il ritiro della sua candidatura a sindaco a favore di Palumbo.
Non sappiamo però al momento la consistenza della dote che Piano e Casella portano nel loro matrimonio politico con il candidato giunganese.

3. Francesco Sica
Francesco Sica porta con sé quale biglietto d'ingresso al tenzone elettorale l'esperienza politica maturata prima come responsabile del PDL e poi come amministratore nella giunta Voza, dove come assessore ha, a detta di molti, ben operato.
A rafforzare la sua candidatura la convergenza su di lui del dott. Francesco Petraglia, che ha rinunciato a suo favore a candidarsi a sindaco. Con lui anche l'ex segretario del PD locale e candidato sindaco, Emanuele Sica. Anche in questo caso non abbiamo idea dell'effettiva consistenza in termini elettorali che tali convergenze avrebbero.
Altro punto a vantaggio di Sica è l'essere il più "popolare" tra i candidati, punto debole l'aver condiviso da amministratore le scelte fatte nella giunta Voza.
Ma proprio perché questo candidato dovrebbe puntare sul voto d'opinione, non avendo a quanto pare pesi massimi in termini elettorali, lo vediamo troppo assente dal dibattito politico. Vedremo nel proseguo se riuscirà ad apportare dei correttivi ad un'assenza assai imbarazzante.

2. Nicola Ragni.
E' stato il vero uomo forte della giunta di Italo Voza finché non si è consumata la rottura.
Intelligente e pragmatico in politica, ha dalla sua una profonda conoscenza dei meccanismi amministrativi e delle sue leve. Con lui altri due vecchi politici di lungo corso, Mauro Gnazzo e Pietro De Simone, ma anche quanti con i suoi "amici" al Consorzio di Bonifica di Paestum hanno governato questo ente.
Altra novità è che per la prima volta anche un membro della famiglia di Alberto Barlotti potrebbe essere candidato con lui.
Di certo non ha pregiudizi ideologici o "purismi" che lo limitino nella sua capacità di aggregazione, potendo potenzialmente realizzare una formazione elettorale di peso.

1. Italo Voza
E' il sindaco uscente. Dalla sua ha la possibilità di usare in chiave elettorale le leve che la macchina comunale gli consente. Non pochi anche i risultati amministrativi di cui può vantarsi, tra cui l'enorme quantità di finanziamenti per opere pubbliche intercettati, ma sconta anche alcuni insuccessi e fatti eclatanti di cronaca che hanno gettato qualche ombra sulla sua amministrazione (ed aggiungo su alcuni suoi diretti concorrenti).
Malgrado i pronostici avversi di non pochi "gufi" è riuscito a portare a termine la sua amministrazione. Ha perso nella lunga marcia non pochi "pezzi" ed altri non lo affiancheranno nella sua ricandidatura, ma ha anche saputo apparentemente ricucire quell'insanabile frattura con il locale circolo del suo partito d'elezione il PD ed ad aggregare forze nuove come i socialisti di Pinello Castaldi.
Al momento "sulla carta" la sua è la compagine elettorale più forte.

Nel mio attuale borsino manca uno dei protagonisti delle prossime elezioni: il Movimento 5 Stelle.
Al momento non hanno un candidato sindaco, che però pare sceglieranno nei prossimi giorni.
Lo inseriremo al prossimo borsino.




giovedì 2 febbraio 2017

Carlo Alberto Dalla Chiesa, Licio Gelli e Rosy Bindi: il Grande Fratello tra amore fraterno ed amore profano.

Metafora antimassonica
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E' il 17 marzo 1981 quando la Guardia di Finanza durante la perquisizione della villa di Gelli, Villa Wanda, e di una fabbrica di sua proprietà, la Gioele in provincia di Arezzo, rinverrà numerosi documenti tra cui la celeberrima lista degli iscritti alla P2 oltre a numerose “domande di iscrizione con firme illustri”, tra cui quella del generale Carlo Alberto della Chiesa.1
Come sappiamo è solo una delle numerose “liste” degli affiliati alla loggia massonica P2, che la Commissione Parlamentare Anselmi ritenne però attendibile nella sua relazione finale2, anche se non ne escludeva l'incompletezza. Lo stesso Gelli in seguito affermò che tale lista nulla era che un "brogliaccio" e che egli originali erano stati precedentemente distrutti. 3
Resta il dubbio che questa ed altre liste siano state rimaneggiate ampiamente sia escludendo nomi importanti, sia inserendone altri di del tutto estranei.

Su cosa fu la Loggia P2 si è discusso e si discuterà ancora senza probabilmente riuscire a comprenderne pienamente la realtà. Di fatto Licio Gelli divenne per molti da allora “il Grande Vecchio”, il grande tessitore di intrighi, ricatti, inganni e bugie.
In questa mia riflessione, premetto, non mi interessa il ruolo “politico” e “sovversivo” della P2 in sè, ne ripercorrerne la storia, quanto piuttosto alla luce delle recenti richieste della Commissione Antimafia, presieduta dalla Rosy Bindi, il ruolo di “luogo di potere” e di “grande attrattore” della Massoneria per quanti possono intravedervi un occasione di carriera o affari, o quanto meno un luogo dove “esserci” per chi vuol contare.

Interessante a tal proposito è la storia del gen. Carlo Alberto della Chiesa, indubbiamente un eroe della lotta alla Mafia e fedele servitore dello Stato, che pare abbia fatto richiesta di affiliazione alla P2, anche se poi non sappiamo se sia stato lì effettivamente iniziato.
Si narra che “tegolatori” di Dalla Chiesa furono il generale Raffaele Giudice e l'on. Francesco Cosentino grazie ai quali “fu “presentato” (avevano sottoscritto il modulo di presentazione per l’inserimento nella loggia) a Gelli”4.
Quali furono le ragioni per cui Dalla Chiesa bussò alla P2 non sono affatto chiare né note.
Diverse le opinioni.
C'è chi ritiene che lo abbia fatto “quasi involontariamente”: “anch’io, come altri, sono stato costretto a iscrivermi alla Loggia”5. Altri invece che non ne abbia intuito la gravità e pericolosità:Io ho fatto la domanda (…) per quanto ne sapevo, per le persone che conoscevo, si trattava di uomini per bene, servitori dello Stato..”.6
Difatti, se vera la citazione Giovacchino, se ne deduce che Dalla Chiesa si sentì probabilmente “costretto” ad affiliarsi alla P2 per “fare carriera”. Inutile ricordare come in quella loggia coperta il numero di alti ufficiali delle Forze Armate e di personaggi di vertice dei Servizi Segreti fosse altissimo. Cosa che ci fa propendere per tale ipotesi.

Di certo una loggia con centinaia di affiliati, se non addirittura oltre il migliaio come ritenuto da alcuni, non può in alcun caso trovare giustificazione in quella che è l'essere stesso di un ordine iniziatico che trova nella ritualità e nei lavoro collettivo la sua ragion d'essere. Evidentemente quindi la loggia P2 se fu formalmente parte dell'istituzione massonica, il G.O.I., non lo fu nella sostanza. Cosa rimarcata tra l'altro nella stessa relazione della Commissione Anselmi, che non solo indicò il Gelli come “un massone del tutto atipico”, ma aggiunge:
egli non si presenta cioè come il naturale ed emblematico esponente di un'organizzazione la cui causa ha sposato con convinta adesione, informando le sue azioni, sia pur distorte e censurabili, al fine ultimo della maggior gloria della famiglia; Licio Gelli, in altri termini, non sembra sotto nessun profilo, nella sua contrastata vita massonica, un nuovo Adriano Lemmi, quanto piuttosto un corpo estraneo alla comunione, come iniettato dall'esterno, che con essa stabilisce un rapporto di continua, sorvegliata strumentalizzazione”.
Anzi sempre la Commisione afferma che la “la presenza di Gelli nella comunione di Palazzo Giustiniani” appare 
“come quella di un elemento in essa inserito secondo una precisa strategia di infiltrazione... Questa infiltrazione inoltre fu preordinata e realizzata secondo il fine specifico di portare Licio Gelli direttamente entro la Loggia Propaganda, instaurando un singolare rapporto di identificazione tra il personaggio e l'organismo, il quale ultimo finì per trasformarsi gradualmente in un'entità morfologicamente e funzionalmente affatto diversa e nuova, secondo la ricostruzione degli eventi proposta. Quanto detto appare suffragare l'enunciazione dalla quale eravamo partiti, perché il rapporto tra Licio Gelli e la massoneria viene a rovesciarsi in una prospettiva secondo la quale il Venerabile aretino, lungi dal porsi rispetto ad esso in un rapporto di causa ed effetto, come ultimo prodotto di un processo generativo interno di autonomo impulso, assume piuttosto le vesti di elemento indotto, di programmato utilizzatore delle strutture e della immagine pubblicamente conosciuta della comunione, per condurre tramite esse ed al loro riparo quelle operazioni che costituirono l'autentico nucleo di interessi e di attività che la Loggia P2 venne a rappresentare.”7


Il giuramento firmato da C. A. Dalla Chiesa. In esso manca ogni riferimento di fedeltà allo Stato e alle sue leggi.

Dinanzi a questi precedenti la richiesta della Commissione Antimafia di avere le liste dei Massoni italiani non deve essere vissuta dalla comunità massonica italiana come un ulteriore episodio di quella guerra alla loro istituzione mai sopita specie in certi ambienti politici ideologicamente avversari o in altri ambiti come quello cattolico, ma come un'occasione per mostrare orgoglio, forza e trasparenza.
Se di certo la richiesta della stessa commissione parlamentare dei nominativi di tutti i massoni delle varie obbedienze italiane è abnorme ed immotivata (giusto sarebbe richiedere i piè di lista delle sole logge toccate dalle indagini), non è che questa non trovi una sua ragione alla luce di tanti precedenti giudiziari e di indagini delle procure italiane che mostrano una seria “infiltrazione” di interessi profani, se non addirittura criminali, attraverso personaggi non sempre limpidi (o spesso anche insospettabili) nelle varie articolazioni territoriali (specie al Sud) delle varie comunioni massoniche italiane.

Inutile ribadire che spesso le tegolature più che rispondere alle esigenze proprie di un ordine iniziatico sono piuttosto il frutto di logiche di prestigio, interesse o addirittura economiche (le capitazioni). Altrimenti sarebbe inspiegabile come possano esistere logge con un numero di affiliati non congruo, o meglio spropositato, rispetto a quelle che sono i numeri necessari per lo svolgimento dei lavori di loggia. Difficile immaginare un centinaio di fratelli che “lavorano” assieme negli angusti locali in cui spesso sono innalzate le colonne del tempio.

Così in Commissione Antimafia testimonianze come quelle dell'avvocato Amerigo Minnicelli, già Maestro Venerabile della Loggia 'Luigi Minnicelli' di Rossano (Cs) del G.O.I., destano allarme quando denuncia che, a causa delle lotte intestine tra le diverse fazioni della storica obbedienza, queste per rafforzarsi sono ricorse anche ad “un ingresso massiccio di persone senza che vi sia stato nessun efficiente controllo. Di qui i casi frequenti di indagini e condanne di iscritti al Goi, cosa che negli anni precedenti non avveniva”. Così fino al 1995 gli iscritti al G.O.I. in Calabria erano 600-700 ora sono 2600 "e non si giustifica una crescita in questi termini in alcun modo. Tutto ciò avviene per esercitare un controllo sulla organizzazione"8.

Come non di marginale rilievo è la necessaria trasparenza dell'istituzione (ma aggiungerei di ogni forma associativa) quando i suoi membri sono impegnati nella vita pubblica sia nelle istituzioni quali eletti che come pubblici ufficiali. Infatti se esiste un limite costituzionale di iscrizione ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia (poi ampiamente aggirato ad esempio in magistratura con la nascita delle varie correnti associative) è perché si è ritenuto preminente il diritto del cittadino, cioè la garanzia al cittadino ad avere un trattamento imparziale da parte di un pubblico ufficiale nello svolgimento della sua funzione.
Lo stesso principio è stato ribadito dalla Cassazione per quanto attiene l'appartenenza alla Massoneria del magistrato perchè ne preclude "di per sé l'imparzialità".9
Ma analogamente lo stesso principio varrebbe anche in tutti quei casi in cui il cittadino ha che fare con un pubblico ufficiale che sia in un appalto, un concorso o altro.

Così la Regione Marche varava una legge (n. 34 del 5 agosto del 1996) in cui disciplinava le nomine e le designazioni di sua spettanza prevedendo all'art.5 che i candidati a tali incarichi non dovessero essere affiliati alla Massoneria, per di più obbligandoli a sottoscrivere una dichiarazione in tal senso.
Il G.O.I. giustamente ricorse alla Corte Europea per i diritti dell'uomo, chein tale normativa ravvisò una violazione all'art.11 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo, in quanto violerebbe la libertà di associazione: l'art.5 della suddetta legge regionale metteva i Massoni dinanzi ad una scelta, quella tra la propria istituzione ed il concorrere ad un incarico in un organo regionale. “Per tale motivo, limita non solo la libertà di associazione di ciascun membro, ma anche quella dell'associazione stessa”. 10

Altro esempio è quello della Legge Regionale 15 febbraio 2000, n. 1 della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
 “ Tale legge stabilì, tra le altre, le regole da osservare per la nomina a cariche pubbliche di competenza della regione. Essa prevedeva in particolare l’obbligo per i candidati di dichiarare alla Presidenza dell’esecutivo regionale e alla commissione per le nomine del Consiglio regionale la loro eventuale appartenenza ad associazioni massoniche o in ogni caso di carattere segreto. L’assenza di dichiarazione costituiva condizione impeditiva della nomina. Da una nota del Consiglio regionale Friuli Venezia Giulia 15 settembre 2005 risulta che soltanto una delle 237 persone candidatesi ad un posto di consigliere di amministrazione in una società a partecipazione regionale, ha dichiarato di appartenere ad una loggia massonica. Questa persona è stata scelta dal Consiglio regionale per rivestire tali funzioni.11
La parte ricorrente sempre il G.O.I., che lamentava anche in questo caso una limitazione alla libertà di associazione. In questo caso nessuna limitazione all'accesso ad incarichi pubblici dovuti all'appartenenza massonica del candidato quanto la discriminante di doverla dichiarare. La Corte osservava che, fatti salvi i legittimi scopi di sicurezza nazionale e di difesa dell’ordine, non potendosi annoverare la Massoneria tra le associazioni a carattere segreto (e quindi rientranti nella normativa dell'art. 14 della Convenzione) e non essendo di per sé legalmente riprovevole non vi era ragione perché tale obbligo fosse vero soltanto per una Regione e non in tutta Italia, creando per di più una discriminante rispetto ad altre associazioni anch'esse non segrete e non tenute all'obbligo.

Ben diverso il caso in cui il Consiglio di Stato è chiamato ad esprimersi sulla legge della Regione Toscana n. 68/1983, che impone l'obbligo al soggetto designato o nominato ad una pubblica funzione, di comunicare alla Pubblica Amministrazione l'appartenenza a realtà associative che abbiano finalità dichiarate o svolgano di fatto attività di carattere politico, culturale, sociale, assistenziale o di promozione economica.

In questo caso, benché si tratta di una norma che esplica i suoi effetti solo nell'ambito territoriale della Regione Toscana, essa però non attua alcuna discriminazione a differenza dei casi precedenti discussi dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, perchè prevede un obbligo per i consiglieri regionali e per i titolari di nomine e designazioni regionali, che non riguarda un'unica ed esclusiva realtà associativa, ma bensì una pluralità di tipologie. Il principio espresso corte è che:
il soggetto che aspira al conferimento di un incarico pubblico è portatore (e di ciò deve essere consapevole) di un obbligo di trasparenza nei confronti della collettività che implica la possibilità di conoscenza, da parte dei cittadini, di profili della propria personalità e delle proprie opinioni e attitudini, sia come singolo che in qualità di appartenente al contesto sociale nel quale si esplica la propria attività: ciò è tanto più vero in relazione all’espletamento del mandato politico, ma è comunque di assoluta rilevanza anche nel quadro del conferimento di incarichi pubblici ad estranei all’amministrazione, in funzione dell’attribuzione di poteri pubblicistici e, anche, della correlata gestione di risorse finanziarie collettive.”12
Con tale normativa, quindi, si esprime il giusto principio che chi concorre ad un incarico pubblico debba dichiarare qualsiasi appartenenza egli abbia, che sia quella ad un partito politico, alla Massoneria, ad associazione religiosa e persino alla bocciofila del paesello.
E' indubitabile che in molti paesi cattolici esiste un pregiudizio antimassonico. Ma è anche vero che spesso la giusta riservatezza delle istituzioni massoniche è stata strumentalizzata contro la Massoneria stessa, come anche purtroppo è stata paravento, bisogna dirlo, per interessi profani che nulla hanno a che fare con un ordine iniziatico.

Pregiudizi ben più radicati e terribili sono stati sconfitti proprio con un scatto d'orgoglio, come nel caso di quello sull'omosessualità, attraverso una pratica quotidiana di testimonianza dei propri valori e di trasparenza. In molti paesi, come quelli anglosassoni, la Massoneria ha ben pochi elementi di riservatezza. Persino i massoni delle più piccole logge, nei paeselli più sperduti, organizzano manifestazioni e marce pubbliche. Insomma nessuno si nasconde, tutto alla luce del sole.

A quando  un Mason Pride in Italia?

Marcia cittadina della Provincial Grand Lodge of Devonshire.


NOTE:
1 De Luca M. – Buongiorno P., Storia di un burattinaio in AA.VV. L’Italia della P2, Mondadori, Milano 1981, p. 60
2 “Le liste sequestrate a Castiglion Fibocchi sono da considerare:
  • autentiche: in quanto documento rappresentativo dell'organizzazione massonica denominata Loggia P2 considerata nel suo aspetto soggettivo,
  • attendibili: in quanto sotto il profilo dei contenuti, è dato rinvenire numerosi e concordanti riscontri relativi ai dati contenuti nel reperto.”
    (Commissione parlamentare d'inchiesta - 12 luglio 1984)
3 Sandro Neri, Licio Gelli: parola di Venerabile, Aliberti, Reggio Emilia, 2006 .
4 Pennino G., Il vescovo di Cosa nostra, Sovera, Roma 2006, p. 121.
5 cit. in Di Giovacchino R., “Il libro nero della Prima Repubblica”, Fazi, Roma 2005, p. 91.
6 cit. in Carpi A.P., “Il Venerabile“, Gribaudo & Zarotti, Torino, 1993, p. 443.
    Nel libro “Delitto Imperfetto” (Melampo Edizioni, 2007), il figlio Nando a tal proposito ha scritto: “Verso la metà degli anni Settanta, in una condizione di relativo isolamento (si ricordino le ostilità che incontrava allora in larghissimi settori dell’opinione pubblica progressista), mio padre fu ripetutamente contattato e richiesto dai suoi superiori di entrare nella loggia segreta di Gelli, tramite la quale avrebbe ottenuto solidarietà e sostegno”. Sono proprio solidarietà e sostegno che avrebbero spinto il generale a far domanda per l’annessione alla loggia. Quella domanda di affiliazione a quanto pare vi fu, ma Dalla Chiesa non venne, per quanto ne sappiamo, però mai iniziato. Ecco perchè non comparirebbe nelle varie liste della P2, a differenza del fratello Romolo, che invece venne iniziato LM in quella loggia.
7Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2, Relazione di maggioranza. Licio Gelli, la loggia propaganda due e la massoneria. Conclusioni.
9 Cassazione, V sezione penale n° 1563 / 98.

10 Diritti dell'uomo e libertà fondamentali. La giurisprudenza della ..., Volume 3, di Michele De Salvia eVladimiro Zagrebelsky, pag. 454.



11 Giurisprudenza 26740/02 (31/05/2007),  Sentenza della Corte europea dei diritti umani.