sabato 30 novembre 2013

MASSONERIA, TEMPLARISMO E SETTE NEL SALERNITANO: AFFARE E MALAFFARE? I NOMI DEI MASSONI SALERNITANI

Poteri occulti.
Qual'è il motore della Storia?
E' proprio come l'abbiamo studiata sui libri di storia o c'è qualcosa che ne determina il movimento senza che gli stessi contemporanei ne siano necessariamente consapevoli?
C'è una partitura occulta che appare solo quando si superano i luoghi comuni e le mitologie retoriche che l'ufficialità ci mostra?

Oggi un pò tutti sappiamo quanti avvenimenti storici importanti possono essere letti anche sotto la luce di nuove prospettive, dove ad essere protagonisti ed attori non sono sempre e solo quegli ambienti e personaggi di cui la storia ci racconta. Anzi, a volte anche le personalità storiche e determinati avvenimenti paiono, alla luce di queste letture alternative della storia, assumere contorni inaspettati: così è per la rivoluzione americana, che vide tra i suoi promotori moltissimi massoni (1), ma anche per quella francese (2), quella Russa (3), il nostro Risorgimento, come anche lo stesso italico Fascismo (4).
Quindi l'occulto, cioè ciò che è nascosto, inteso come motore della storia, ma potremmo dire anche di molti fatti di cronaca.

Che esistano "luoghi" dove si incontrino le varie forme del "Potere" è cosa più che evidente. Uno di questi è la Massoneria. 
Bisogna, però, anche dire, che è necessario fare un distinguo tra il pensiero ed il movimento massonico, inteso come una forma di neoumanesimo, ma anche di esoterismo, e come tale "strumento di liberazione" individuale e collettivo, e la Massoneria intesa come istituzione, e quindi come "luogo di Potere", cioè quale luogo di ambizioni ed affari (forse dovremmo dire in diversi casi noti di malaffare). Così la Massoneria non di rado, suo malgrado, è il punto di covergenza di uomini che agiscono nelle istituzioni religiose, dello Stato, nella politica, del mondo degli affari e delle professioni, come anche della malavita organizzata.
E' ciò è tipico di ogni movimento, che sia religioso, politico o di qualunque altra natura. Ciò perchè alla fine le istituzioni sono meri strumenti, ma ciò che determina la bontà o meno dell'istituzione stessa, o meglio del suo "fare" è l'uomo del momento che vi si trova ad agire. Uomo, che, come tale, porta con sè tutti i limiti e pregi della propria condizione umana.

Diventa così interessante iniziare una "mappatura" del potere, o meglio dei luoghi dove si prendono le decisioni (che non sempre sono quelli istituzionali, che spesso diventano passivi ricettori di decisioni prese altrove) anche nel nostro territorio.


Sappiamo che la Massoneria ha avuto un ruolo determinante nei moti rivoluzionari del secolo XIX, ma meno sappiamo di quanto abbia influito nella politica contemporanea e in tanti fatti di cronaca economica, quale strumento di potere e di élite. Ciò vale anche per gli altri "possibili luoghi del potere", che siano altre forme associative dove è possibile intrecciare relazioni e aprire contatti, come il Rotary o i Lions, i partiti politici o altro ancora. 

In realtà della fratellanza massonica salernitana e dei suoi membri sappiamo ben poco anche se alcune Obbedienze massoniche nazionali comunque trasmettono gli elenchi dei propri iscritti presso le Prefetture. (5)

"Da Alessandria a Salerno riuniti i Fratelli delle Gran Logge" da lapulceonline.it

Un articolo del Corriere del Mezzogiorno (6) ci informa sinteticamente che le logge massoniche salernitane sono ben sette tutte aderenti al Grande Oriente d'Italia e cioè a Salerno la "Giuseppe Mazzini", la "Mentana", la "Giovanni da Procida" e l'ultima, costituita proprio quest'anno, l' "Antonio Genovesi". A Nocera Inferiore troviamo la loggia "Aurora", a Sarno il "Circolo Democratico", mentre a Montecorvino Pugliano è attiva "Libertà e pensiero". (7)
L'articolo, poi, aggiunge che "c'è anche un esponente politico salernitano, che ricopre un ruolo istituzionale, a capo di una delle logge massoniche presenti nella provincia di Salerno. Mentre alla guida della loggia Genovesi c'è un dirigente di partito".

Non paiono esistere invece derivazioni salernitane della Gran Loggia Regolare d'Italia, anzi quelle campane sono soltanto due, la napoletana "Motherland" e la casertana "Heredom". (8)

De Il Real Ordine A.L.A.M. nulla sappiamo delle sue articolazioni territoriali. I suo sito a proprosito è muto (9).

Degli intrecci tra ambienti occulti ed affari anche con risvolti locali, la cronaca ci dice qualcosa, venendo appena lambito questo "buco nero", solo grazie a indagini della magistratura su eventi quasi sempre d'interesse nazionale. Ricordiamo ad esempio lo scandalo della cosiddetta P3, che ha visto coinvolto il sindaco della vicina Pontecagnano Faiano, Ernesto Sica (10) oppure, come per alcuni pare, il caso di Monsignor Nunzio Scarano (11).

Ma quanto è potente la massoneria nel Salernitano e in Campania? Quale la rete di relazioni che essa ha intessuto?
La domanda è di difficile risposta, ma possiamo dare uno sguardo ai nomi dei massoni salernitani e ciascuno di noi farsi un'idea. La fonte è il Centro Studi Malfatti, che ha pubblicato "la lista dei massoni italiani" sul suo sito. Lista che non sappiamo quanto sia attendibile e quanto precisa, per cui è da prendere con un sano dubbio. E' stata pubblicata sul sito del centro studi a marzo del 2010, ma ciò non ci da alcuna indicazione su quanto in realtà sia vecchia (probabilmente risale agli anni '90 del secolo scorso).
Numerosi i "fratelli massoni salernitani", tra cui non mancano quelli capaccesi. Da leggere tutta, anche per i nomi di presunti massoni napoletani, come per quelli delle località a noi vicine a cominciare da Battipaglia.


La lista dei Massoni italiani è consultabile a questo 
(per visualizzare il PDF cliccare col tasto sinistro del mouse sulla scritta "link")


Esiste poi la variegata galassia neo-templare, che sia di filiazione cattolica o esoterica-massonica. Anche in questo caso pochissime notizie. L' Ordine Militare e Religioso dei Cavalieri di Cristo, Gran Priorato d'Italia è presente a Salerno con un Comando Provinciale, il cui referente è Fra Dott. Ernesto Marino (12). Vi è l'O.H.M.S.T.H. "Gran Priorato d'Italia", con una Commenda a Caserta, guidata dal Commendatore Fr. Pierfelice Trapassi (13). L'Ordre Souverain et Militaire du Temple de Jèrusalem, Gran Priorato d'Italia, vede la Campania nel Gran Balivato Centro Sud Tirreno, guidata dal Visiteur (Ispettore) Antonio Maffione. C'è anche l' OSMTJ - Gran Priorato della Lingua d'Italia, aderente all'OR.MO.TE., di cui è anzi il principale animatore. Costituito come ONLUS il 25 luglio 2002 a Pagani (Salerno), ha incorporato altre filiazioni minori e ha oggi sede a Roma. La nostra provincia rientra nel Gran Balivato della Magna Grecia


Martina Castellana, apprezzato medico salernitano, è il primo transessuale a ricevere l'investitura di "dama" dell'Ordine dei Cavalieri di Malta. Attenzione però..ci sono Cavalieri di Malta e Cavalieri di Malta (tratto da


Poi ci sono gli ordini cavallereschi, quelli veri e quelli "farlocchi". Anch'essi numerosissimi con molti aderenti anche locali. Ma la trattazione dell'argomento ci ruberebbe molto spazio per cui lo rimandiamo a tempi più propizii.

Non mancano anche i gruppi di tradizione Rosacruciana. 
L'Associazione Rosacrociana Oceanside (A.R.C.O.) è attiva almeno nel capoluogo campano. La Lectorium Rosicrucianum - Scuola Internazionale della Rosacrice d'Oro è presente a Napoli.

Per il Ministero dell'Interno (14) i gruppi Gnostici a Salerno si limitano al solo Movimento Gnostico Cristiano Universale d’Italia (M.G.C.U.I.), il Cisnur invece individua anche l'Associazione Geofilosofica di Studi Antropologici e Culturali (A.G.E.A.C.). Tra quelli Magici sempre il Ministero segnala l'Accademia Miriamica Kremmerziana Pitagorica o Fratellanza di Miriam solo a Napoli. Mentre il Cisnur segnala sia la Schola Philosophica Hermetica Classica Italica, Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam (S.P.H.C.I. Fr+Tm+ di Miriam) che l'Accademia Kremmerziana Napoletana. Sempre come convivio di magia cerimoniale è presente a Napoli la Dragon Rouge - Ordo Draconis et Atri Adamantis con la Loggia Sothis. Per i culti ufologici sempre a Napoli è presente il Movimento Raeliano. Da segnalare poi a Castel Volturno un gruppo spiritisco di origine brasiliano cioè Ordem Espiritualista Cristã Vale do Amanhecer, a Napoli l'Istituto Gnosis ed il Centro Italiano di Parapsicologia. Come gruppi New Age è attivo a Napoli Il Sentiero (The Pathwork).

Certo sembrerà a molti strano che io abbia citato oltre alla Massoneria anche organizzazioni come quelle neotemplari, i cavalleriati e delle sette. La cosa non deve però sorprendere, perchè malgrado ci dicano che la magia e l'occulto siano roba del popolino, in realtà sono ampiamente diffusi proprio tra coloro che contano, che siano del mondo della politica, degli affari o delle arti (15). Dice infatti Giorgio Galli: "La presenza di una cultura esoterica alle origini dello Stato moderno è un fatto storicamente accertato e che, come tale, potrebbe non essere ritenuto meritevole di ulteriore attenzione, ciò non sorprende quanto la presenza di astrologi nella Cancelleria di Hitler o nella Casa Bianca di Reagan." (16)
Ed aggiuge Paolo Franceschetti: "Una delle cose che, negli studi di questi anni, mi ha sorpreso di più, è stato lo scoprire che la magia è uno degli strumenti più potenti utilizzato dai personaggi più famosi e influenti della terra; reali di casate europee, presidenti USA e primi ministri italiani, francesi, spagnoli; politici (i più insospettabili, da Bertinotti e Borghezio, a Berlusconi o Prodi), personaggi TV, ecc." (17) (18).
Basterebbe, poi, semplicemente dare un'occhiata alle frequentazioni di Gustavo Rol, il noto sensitivo e veggente italiano, per capire quanto il fenomeno sia stato ed è tutt'ora diffuso proprio nell'èlite (19).  

Vi sorprendereste nello scoprire quanti insospettabili politici ed uomini di cultura e di affari ai massimi livelli in Italia sono attenti studiosi e praticanti delle più diverse dottrine megiche ed esoteriche dall'antroposofia, all'ermetismo di stampo pitagorico e rosacrociano fino a quasi-religioni come quella raeliana o lo spiritismo, come anche di singolari pratiche e strani ausili (20) e di come questi comuni interessi possano anche essere strumenti propiziatori di ben altri "affari".
Ma questa è un'altra storia. 


NOTE:
(1) Alcuni come Carpeoro dicono sia nata più che in ambienti massonici in quelli rosacruciani.
(2) Dove il motto "Liberté, Égalité, Fraternité", che quella rivoluzione fece proprio, era quello della Massoneria.
(3) "A fare la Rivoluzione Comunista in Russa erano due soggetti. Uno si chiamava Lenin e l'altro Trotsky. Bisogna spiegare alla gente che Trotsky non era uno qualunque. Trotsky era il Gran Maestro della Massoneria russa, 33° grado del Rito Scozzese, che va in Germania, si fa dare il simbolo disegnato da un disegnatore, che lo fa esattamente con lo stesso metodo simbolico di squadra e compasso, perchè il simbolo del Partito Comunista quello è! Si fa dare 14 milioni di marchi dalla Loggia Rosacroce Tre Globi di Berlino, va in Russia e come garante di questo finanziamento organizza, per la Massoneria, con Lenin la Rivoluzione Russa". Dall'intervista di Giovanni Francesco Carpeoro (ovvero Gianfranco Pecoraro, ex direttore della rivista esoterica Hera, Maestro Venerabile della Gran Loggia Serenissima, oggi, sciolta per confluire negli ALAM) su "Massoneria e Rivoluzione Russa", Youtube
(4) Moltissimi fascisti furono massoni tra i tanti: Italo Balbo, Dino Grandi, Roberto Farinacci, Michele Bianchi, Emilio De Bono, Giacomo Acerbo, Achille Starace. Allo stesso Mussolini fu conferito dall'allora Gran Maestro della Massoneria di Piazza del Gesù (cioè la Gran Loggia Nazionale d’Italia) Raoul Vittorio Palermi il brevetto di 33esimo grado (Ferruccio Pinotti, Fratelli d’Italia, BUR-Rizzoli, Milano, 2007, p. 328). Anzi il Sansepolcrismo (cioè il cosiddetto "fascismo delle origini", ossia quello ispirato ai principi enunciati da Benito Mussolini il 23 marzo 1919 all'atto di fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento durante l'adunata di Piazza San Sepolcro a Milano) fu il tentativo della sinistra socialista, quella massimalista, di coniugarsi con il nazionalismo per realizzare quella rivoluzione socialista in Italia, che sin ad allora era stata velleitaria e fallimentare. Inutile dire, che i socialisti del tempo erano tutti Massoni.
(7)Confronta anche per notizie delle altre logge italiane e campane il sito ufficiale del Grande Oriente d'Italia (GOI).
(8) Dal sito ufficiale della Gran Loggia Regolare d'Italia
(9) Link al sito de Il Real Ordine A.L.A.M. .
(10) Loggia P3 e scandali politico-giudiziari: a processo va anche Ernesto Sica.  
(11) Lo scandalo che ha visto coinvolto monsignor Scarano, addetto all'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), ricorda quello dello Ior di Marcinkus ( IOR NAME IS 007: DA MARCINKUS A SCARANO, GLI INTRECCI TRA SERVIZI, MASSONI E VATICANO- Dagospia), come i tanti salernitani coinvolti come imputati (Don Nunzio e il riciclaggio L’elenco completo degli indagati, La Città di Salerno) ci fanno pensare che fosse un "canale" operante anche nel nostro territorio. Interessante poi anche il coinvolgimento nel fattaccio del Sacro Ordine Militare Costantiniano (Le banconote sotto la tonaca, Repubblica).  
(12) Link al sito dell' Ordine Militare e Religioso dei Cavalieri di Cristo. Gran Priorato d'Italia.
(13) Link al sito dell'O.H.M.S.T.H. "Gran Priorato d'Italia".
(14) Ministero dell'Interno. Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Direzione Generale Polizia di Prevenzione. Documento concernente: “Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia. Febbraio 1998.” 
(15) "Esoterismo e politica": medium e riti magici vicini al potere nel saggio di Giorgio Galli
(16) Giorgio Galli, «La magia e il potere. L'esoterismo nella politica occidentale», p. 13, I Quarzi, Lindau. s.r.l.
(17) Il commento è presente sul blog dell'avvocato viterbese, che rientrando nel genere "complottistico", quale fonte è da prendere con le debite misure di prudenza, anche se personalmente trove molte delle sue teorie quali interessanti spunti di riflessione e di approfondimento.  La magia. Cos’è, perché funziona, e per quale motivo i politici la usano in segreto.
(18) Così troviamo due premi Nobel come William Butler Yeats e Thomas Stearns Eliot o uno scienziato quale William Crookes nell'ordine esoterico della "Golden Down". La sorella del filosofo francese Henri Bergson, Moina, sposerà addirittura Samuel Liddell MacGregor Mathers, che assieme al dott. William Wynn Westcott e a William Robert Woodman creerà l’Ordine ermetico della "Golden Dawn" nel 1888. 
Sir Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, credeva nientemeno che alle fate. Egli si convertì, durante la guerra, allo spiritualismo ma "invece di seguire il percorso dei suoi compagni verso la metafisica, aderì a una ricerca portata avanti da certi membri della Società Teosofica convinti che delle fate fossero state fotografate nella valle di Cottingley, nello Yorkshire. Fu solo nel 1935 che le fate di Cottingley vennero definitivamente smascherate… Nonostante questo, il libro di Doyle attrasse un vasto pubblico" (James Webb, Il sistema occulto. La fuga dalla ragione nella politica e nella società del XX secolo, Sugarco Edizioni, Milano, 1989).
La guardia del corpo dell’armatore greco Aristotele Socrate Onassis, Frank Monte, in una autobiografia-scandalo, ha fatto rivelazioni incredibili. Monte, che è stato l’uomo accanto al quale Onassis ha trascorso gli ultimi cinque anni della sua esistenza, nel suo libro: "La spia degli uomini duri", scrive che il magnate aveva tra i suoi vizi la passione per orge omosessuali e la celebrazione di messe nere. Amava anche travestirsi da donna. Secondo Monte, il miliardario greco, che sarebbe stato dedito al satanismo e alla magia nera "sarebbe stato iniziato proprio da Maria Callas, ma aveva ben presto superato la maestra improvvisando dei sabba per i quali aveva addirittura fatto erigere un apposito tempietto, dove officiava i riti" ("Corriere della Sera", 2/11/91). 
L’ex guardia del corpo svela ancora che alle messe nere di Onassis e della Callas avrebbe partecipato anche l’attore inglese Richard Burton. Altri attori satanisti sarebbero stati Bobby Beausoleil, Jayne Mansfield, Kim Novak, Roman Polansky (cosa che ha aperto vari scenari ben lontani dalla verità processuale sia sulla morte della moglie Sharon Tate che sulla sua "presunta" pedofilia) e Sammy Davis Junior (che chiese di tenere segreta la sua adesione), tutti appartenenti alla Chiesa di Satana di San Francisco, fondata nel 1966 da Anton Szandor LaVey. Il regista Polansky, nel suo film "Rosemary’s Baby", fece interpretare la parte del diavolo allo stesso LaVey.  
Al giornalista Maurizio Blondet un misterioso individuo, che egli definisce come "un esperto di un genere assai speciale", confidò che anche l’attrice Jodie Foster avrebbe fatto parte, come sacerdotessa, della sètta "Skull and Bones" (Teschio e ossa) e fece anche altri nomi di importanti personaggi dello scenario mondiale (M. Blondet, Gli "Adelphi" della dissoluzione, ediz. Ares, Milano 1994, pagg. 230-234).  
(19) Tra i tanti: De Gaulle, Mussolini, Pio XII, Einstein, Croce, Fermi, Picasso, Dalì, D'Annunzio, Cocteau, John Fitgerald Kennedy, Federico Fellini, John Cage,Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni, Nino Rota, Alberto Sordi, Franco Zeffirelli, Giorgio Strehler, Valentina Cortese, Giovanni Agnelli, Cesare Romiti, Vittorio Gassman, Guido Ceronetti, Valentino Bompiani, Vittorio Messori. Addirittura nel 1981 il presidente Reagan gli invierà un telegramma di ringraziamento per aver contribuito con il suo aiuto "metafisico" alla liberazione del generale americano James Lee Dozier.
(20) Scrive il Maestro Venerabile Gioele Magaldi del Grande Oriente d'Italia Democratico (GOD) nella sua "Lettera Aperta N°2  al Fratello Silvio Berlusconi del 9 dicembre 2010" : "In questi giorni corre voce che Virginia Sanjust (te la ricordi, Virginia, in relazione ai tuoi riti di magia sessuale? ) sarebbe in procinto di fare approfondite confessioni sugli aspetti esoterico-magici dei suoi rapporti erotici con te e con il tuo ambiente.". E nella  Lettera Aperta n.1 al Fratello Silvio Berlusconi del 26 luglio 2010 aggiunge: "Fanno persino sorridere le modalità approssimative e incerte con le quali alcuni giornalisti e/o studiosi hanno infine messo in luce la natura “iniziatica” e “massonica” del complesso di Villa Certosa in Sardegna (Residenza da Te personalmente curata, nella realizzazione, sin nei minimi dettagli) o del Tuo Mausoleo funebre ad Arcore, all’interno di Villa San Martino. Persino l’autorevole Prof. Marcello Fagiolo - che meglio di altri ha spiegato la natura esoterico-massonica del Mausoleo funebre voluto per sé e i suoi più fidi adepti dal Fratello Silvio Berlusconi - non ha dato una lettura ermeneutica esaustiva e completa di questo e di altri complessi architettonici fatti realizzare con convinto piglio da Libero Muratore dall’attuale Presidente del Consiglio italiano. Di una esplicazione compiuta e filologicamente rigorosa delle realizzazioni paesaggistico-architettoniche di significato massonico-iniziatico del Fratello Silvio, ci occuperemo ben presto Noi di Grande Oriente Democratico. Per rendere effettivo omaggio al genio latomistico di questo Fratello, se non altro.Caro Fratello Silvio, vogliamo “rivelare” alla pubblica opinione i tuoi robusti interessi in fatto di Astrologia? Vogliamo dire che non soltanto hai sempre avuto attorno a te (sedicenti) esperti di questa antica Scienza Iniziatica - consultati ad ogni piè sospinto - ma tu stesso ne sei un appassionato cultore? E diciamolo, via! Mica ti vorrai portare tutti questi segreti nel Mausoleo Massonico…"
Interessante anche l'intervista rilasciata da Magaldi a Luca Teolato per ilDirigibile (La P3 ha sede ad Arcore ed è nata nel 1991) dove a proposito delle presunte pratiche di Magia Sessuale di Berlusconi e del suo ristretto entourage afferma: " Esistono tre cerchi nella ritualità massonica Berlusconiana. C’è il primo, ristretto e riservato a chi appartiene alla loggia di Arcore. C’è il terzo cerchio delle feste aperte a tutti dove il sesso, la ritualità e i balli sono una cosa abbastanza volgarizzata, dove c’è la vulgata banale della freschezza giovanile che dà ristoro ai maturi e agli anziani. La cosa veramente interessante è il secondo cerchio e bisognerebbe chiederne conto a personaggi come Virginia Sanjust, che ha frequentato il Cavaliere, a Maria Pia La Malfa, moglie del fratello di Dell’Utri, e a tante altre donne che si dice siano state coinvolte in rituali di tradizione di magia sessuale occidentale. C’è la convinzione che queste pratiche allunghino la vita, come appunto gli elisir di lunga vita. Anche il nome Ruby  - dice Magaldi – che non è quello reale della ragazza balzata alle cronache degli ultimi giorni, ha una spiegazione. E’ un nome classico di un certo ambiente di magia sessuale occidentale che viene usato e riusato. La Ruby che ci interessa non è quella di oggi che va a sculettare in discoteca, ma quella che ci riporta ad un ambiente dove accadono più cose strane di quanto non si creda» afferma il Maestro Venerabile."

 

giovedì 28 novembre 2013

Far politica a Capaccio: deferenza, consenso e protesta.



di Enzo Di Sirio


Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi e veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza. (G. Bruno)


Nelle mie precedenti riflessioni pubblicate su Unico, ho cercato di individuare le ragioni “storiche” e “culturali” per le quali è difficile nel nostro paesello attribuire identità ed appartenenze a chi fa politica. In questa, invece, vorrei toccare un altro aspetto, quello dei “luoghi”, che dovrebbero essere attori principali e motori della Politica, intesa nel suo senso più alto, cioè quello che inerisce i fatti della Polis (la Città) e le modalità ed i contenuti dell’azione politica.

Oggi, apparentemente, a Capaccio pare esserci un solo “luogo”, dove si discute e ci si confronta, ed è il PD. Anche se appare più un partito d’apparato che di iscritti, i quali sembrano essere chiamati in causa solo al momento della prova dei rapporti di forza, come ad esempio nei congressi o le primarie. Ciò non toglie, che nel bene e nel male, è uno dei pochi luoghi dove comunque ci s’incontra, si discute, ci si confronta e magari si litiga anche, dove si cercano modalità di confronto con gli eletti, che sia la formazione di un gruppo consiliare (che pone in evidenza delle contraddizioni politiche) o il tentativo di far “sintesi”, come nella mozione congressuale, che ha visto parte della dirigenza del partito e degli eletti convergere su Landolfi, il candidato di area deluchiana.

Esistono, poi, partiti con organigrammi ed iscritti solo su carta, come il PDL e FdI

Persino l'UDC, che pur aveva fatto immaginare durante il periodo elettorale una certa vitalità, appare ormai gestito come “cosa privata” ed è solo sulla carta.

C’è, poi, l’API, che sembra vicina ad Enzo Sica ed il movimento di Giovanni Piano, Vola Alto.

“Per quanto riguarda il Movimento Vola Alto da me creato ed iscritto a Livello Nazionale con quasi 600 tesserati ha come riferimenti politici Salernitani”, ha affermato Giovanni Piano, gli onorevoli Mara Carfagna, Enzo Fasano e Franco Cardiello del PDL e l'on. Edmondo Cirielli ed Antonio Iannone di FdI.  “Vola Alto”, quindi, pare collocarsi a destra, anche se in posizione dialettica con la cosiddetta “destra di governo e civica” dell’attuale amministrazione Voza.

Purtroppo questo interessante esperimento politico pare scontare una sovraesposizione del suo leader e l’apparente incapacità di essere “movimento”, inteso nel senso di una pluralità di soggetti, iscritti e simpatizzanti, che movimentano la sua vita interna come il manifestarsi coralmente nella vita politica del paese.

Sempre in area centro-destra è recente l’indiscrezione, non so quanto fondata, che vorrebbe il “transito” di tre consiglieri comunali importanti nel Nuovo P.S.I. di Antonio Fasolino e di Stefano Caldoro.  Operazione, se confermata, che darebbe “un peso” ed “un ruolo” ancora maggiore ai tre consiglieri in seno all’amministrazione comunale, i quali oltre a possedere “le chiavi” per le porte della Regione, potrebbero rimettere in gioco lo stesso avvocato Fasolino apparentemente “tagliato fuori “, all’indomani delle elezioni amministrative, da quella compagine civica che tanto aveva contribuito a far nascere.

La politica, quella vera è partecipazione. Prevede l'esistenza in vita del Cittadino, che virtuosamente scaccia la moneta cattiva, cioè i sudditi ed i clientes emarginandone i riferimenti padronali.
C’è, poi, la “sinistra massimalista ed ambientalista” capaccese, che sotto varie forme e sigle comunque anima l’asfittica vita politica e culturale del paese, anche con interessanti manifestazioni e proposte di contenuti, ma che è discontinua o assente nella fase di controllo e verifica dell’azione amministrativa degli enti sul territorio.

In sostanza quello che è accaduto a Capaccio è la vanificazione o l’annullamento di quei luoghi aperti ai cittadini e deputati alla partecipazione ed al confronto politico, che abbiano forma realmente civica o partitica.

Di fatto il tentativo di far nascere un reale movimento civico a Capaccio fallì subito dopo le elezioni del 1995, quando, Pietro De Rosa, il fondatore delle liste “Rinnovamento” e “Venti Nuovi” si trovò ad essere “esternalizzato” dagli eletti, facendo venir meno quella dialettica fondante l’originaria civicità, quella cioè tra movimento organizzato e la sua rappresentanza elettiva in seno all’ente comune. In sostanza quando gli “eletti” (in ogni senso vogliate intenderne la parola) non ebbero più necessità di confrontarsi con quanti li avevano votati, rimanendo unici interpreti della loro azione politica ed amministrativa.

Dopo di allora, quindi, si ebbero solo aggregazioni elettorali, pseudo politiche (come quella dell’esperienza della sindacatura Sica) o pseudo civiche (come quelle dell’esperienza Marino o Voza), che in realtà nulla erano se non dei gentlemen's agreement (cioè dei patti tra gentiluomini) in cui i singoli o gruppi cercavano di piazzarsi sul carro del possibile vincente.

Personalmente penso che l’antidoto a questa antipolitica sia tornare ai “luoghi della politica”, cioè ai luoghi dove il comune cittadino, come simpatizzante o iscritto, possa partecipare alla determinazione dei programmi e dei contenuti dell’azione politica-amministrativa, confrontarsi con gli eletti per realizzare quella “verifica” democratica delle cose fatte o da farsi ed il reclutamento o la selezione della classe dirigente.

E ciò indipendentemente se la forma scelta della partecipazione politica dei cittadini sia partitica o di associazionismo civico.  Perché ritengo che questi “luoghi” siano anche scuole di democrazia e di senso civico. 

La grande sfida è però culturale più che politica. Quella di ridare centralità alla gente e di renderla soggetto attivo dei processi politici, protagonista più che mero soggetto delegante, cittadino e non cliente o suddito, timorosa persino di dar voce ai propri pensieri, recuperando quella dignità che anche in situazioni personali, economiche e sociali più difficili non impedì ai Capaccesi dei due secoli precedenti al ventunesimo di battersi per i propri diritti. Le “battaglie per la terra” per strapparla al monopolio di pochi è cosa appena di ieri. Allora mi domando: possibile che i nipoti, più acculturati, di quegli uomini che compirono tali imprese, oggi, possano essere meno capaci ed ardimentosi di chi li ha preceduti? 

Diceva Luigi Sturzo: “le rivoluzioni sono figlie di idee e di sentimenti prima che di interessi”.

venerdì 22 novembre 2013

La millenaria storia dei mulini di Capaccio Paestum: risvolti economici e sociali.

 di Enzo Di Sirio


Capo di Fiume
La prevalente attività cerealicola nella Piana di Paestum fece sì che numerosi mulini vi fossero presenti in ogni epoca.
Tanti i documenti d'epoca in cui sono descritti tali mulini a partire dal fondamentale Codex Diplomaticus Cavensis. 
La prima testimonianza storica è nel C. D. C. e risale al 963 d. C. e li localizza sul fiume Trabe, ai piedi del Monte Calpazio, dove era arroccata la città medievale di Caputaquis .
La presenza di altri mulini è attestata sempre nel Codex al 1036, in località "Murinianum", che farebbe pensare possa essere l'aggettivo derivato dal sostantivo mulino con sottintesa la parola "fundum".
Nel 1052 un altro mulino è segnalato sul basso corso di Capo di Fiume in localita "Cornitu".

Nell'aprile del 1041 l'abate della chiesa salernitana di S. Massimo a Tripualdo commissionava la costruzione di due mulini "in locum Paestum, ubi ad Sanctum Basili dicitur". I tempi per la messa in  opera erano assai stretti, almeno uno doveva essere pronto nel successivo mese di maggio, il secondo, possibilmente entro giugno. I mulini di cui si parla sono le note "Muline di Mare", che erano fornite di due mole ciascuna e dovevano essere in grado di poter lavorare giorno e notte. I concessionari avrebbero pagato il censo in natura (grano ed orzo) nel successivo mese di settembre provvedendo anche a loro spese al suo trasporto sulle spiagge salernitane. Le Muline di Mare restarono in funzione sino alla fine della prima guerra mondiale quando furono trasformate in centrali elettriche. 

Il Catasto Murattiano, ad inizio secolo diciannovesimo ne enumera ben otto (1). Cosa che testimonia non solo una grande produzione locale di granaglie quanto anche come questi mulini potessero servire anche le località limitrofe.
Nei primi decenni del trecento il Vescovo di Capaccio, Filippo di Santomango, concesse il Santuario di Novi Velia al Barone Tommaso di Marzana. Il corrispettivo in denaro venne versato dal barone ad un mercante salernitano Nicolò Solimena, che acquistò per conto della Mensa Vescovile alcuni mulini già in funzione a Capo di Fiume.
Tra i proprietari, oltre alla già citata Mensa Vescovile, vi erano i feudatari di Capaccio, cioè i Doria, ma anche la Commenda di S. Giovanni di Rodi e l'Amministrazione dei Beni Riservati a S. M., che subentrò alla Commenda nel 1816 nella proprietà di un mulino a Capo di Fiume.  

Dagli atti notarili si evince:


N° mulini Proprietari Località
1 Commenda di S. Giovanni Capo di Fiume
2 Mensa Vescovile di Capaccio Capo di Fiume
2 Famiglia Vita Capo di Fiume
1 Famiglia De Agelis Capo di Fiume
1 Feudatario di Capacio Capo di Fiume
2 Feudatario di Capacio Muline di Mare (Licinella)
4 Duca di Giungano Varco del Carro (Spinazzo)

Nel corso del settecento vi sono numerosi cambi di proprietà, come quello di G. Sica e dell'Abazia di S. Benedetto di Salerno (2). Ma la più importante per l'entità patrimoniale è quella del Duca di Giungano, che cede la Difesa di Spinazzo, con la vigna ed i quattro mulini annessi, più altre proprietà a Giungano (3).

Il numero dei mulini nel secolo successivo si ridurra a unidici.



N° mulini Proprietari Località
1 Michelangelo Bellelli Capo di Fiume
1 Gaetano Bellelli Capo di Fiume
1  Ex Feudatario di Capaccio Capo di Fiume
1 Fam. D'Alessio Capo di Fiume
1 Mensa Vescovile di Capaccio Capo di Fiume
2 Fam.Vita Capo di Fiume
2  Ex Feudatario di Capaccio Muline di Mare (Licinella)
2  Ex Feudatario di Capaccio Varco del Carro (Spinazzo)

Michelangelo Bellelli acquistò il Mulino di Capo di Fiume nel 1829 da Marcantonio Doria, Conte di Capaccio. Questi a sua volta dall'Amministrazione dei Beni Riservati a Sua Maestà, che in precedenza l'aveva acquisita dalla Commenda di S. Giovanni nel 1816, come appare dai "processetti" sul Catasto Murattiano (4).
Altro importante cambio di proprietà di un mulino è quello del 1861 tra l'Arcidiacono de Angelis ed il d'Alessio.

Dagli atti notarili del XVIII secolo appare che i mulini non venivano "condotti" dai loro proprietari, ma di solito dati in fitto e ciò sia che i proprietari fossero istituzioni, come la Mensa Vescovile o la Commenda di San Giovanni, che nobili, quali il Conte di Capaccio o il Duca di Giungano, ma anche borghesi che vivano more nobilium, come per le famiglie Vita o de Angelis.  

La locazione di un mulino cominciava con un'asta.
Questa era condotta da un notaio con il metodo della "candela". L'asta era di solito preceduta con una vera e propria pubblicizzazione della stessa con "banni" e con "l'affissione di editti nei soliti luoghi".
L'incanto si teneva in mattinata nella pubblica piazza, che a Capaccio doveva essere nei dintorni dell'attuale Piazza Orologio, dove sorgeva la cattedrale.
Ad ogni nuova offerta si accendeva una candela e se non ne arrivavano di nuove prima che la stessa si consumasse vi era l'aggiudicazione. Quindi il notaio procedeva a stilare il contratto di locazione.

Questi atti notarili hanno di solito una tipica modalità di compilazione: la descrizione del mulino, la sua ubicazione, le condizioni, il prezzo e le modalità di pagamento.
La descrizione, in genere, si limitava alla menzione della ruota di legno, della mole di pietra, di due martelletti di ferro e di generici "altri ordigni necessari da poter macinare grano, od altro" (5).

La durata del fitto era in genere di tre anni. Un eccezione da me riscontrata è quella della locazione dei mulini di Varco del Carro da parte del Forlano (6) ai fratelli N. e P. Barlotti nella seconda metà del XVIII secolo.
Il fitto generalmente pagato in natura (grano) o parzialmente in moneta (7) era corrisposto in rate mensili.
Draconiane le condizioni di pagamento poste dalla famiglia Vita. Questa esigeva che le rate fossero pagate puntualmente, e fin qui nulla di strano, però poi aggiungeva nelle postille: senza alcuna eccezione "tanto in caso di peste, ovvero guerra...quanto di ogni altro impedimento e caso fortuito, divino ed umano".

Importanti le clausole per la manutenzione dei mulini. Usualmente quando la spesa era inferiore ai 5 carlini era a carico dei conduttori, altrimenti del proprieterio.

Altre particolari condizioni le troviamo sempre nel contratto di fitto dei mulini in Capo di Fiume della famiglia Vita.
  1. I conduttori devono "teneri netti l'acquari di detti 2 mulini ed espurgarli in caso contrario il signor Vita a loro spese possa far pulire e nettare detti due mulini da altre persone" (8).
  2. Qualora "non vi sia grano da macinare in detti mulini debbano detti conduttori subito calare li trappeti dell'acquari affinchè si asciugano le ruote di legno e che ogni volta mancheranno di farlo debbano pagare, al detto sig. Vita, carlini 5".
  3. I conduttori "debbano mantenere netti e puri di ogni cosa immonda" i mulini, "la casa sottana", la torretta e lo stallone senza "farvi entrare nè starci porci", e che per qualunque danno arrecato sono obbligati "a proprie spese a rifarlo" (ex novo), cioè a sostituire la cosa danneggiata.
  4. Altra clausola era che l'orto murato davanti ai mulini (esclusi altri due che rimangono nella disponibilità del proprietario) "si possa dai detti conduttori coltivare...ma che metà del raccolto vada spartito col Vita che in ogni tempo si può ripigliare l'orto".
Il più importante divieto che troviamo nei contratti di fitto, come anche in quello citato, è il divieto di "associazione" con nuovi soci e con i conduttori di altri mulini. Questa però pare sia stata una pratica comune, che costò anche la risoluzione del contratto di fitto per alcuni.

I mulini a Capaccio erano numerosi, testimonianza anche dell'importante attività cerealicola nella zona, di cui sette a Capo di Fiume. Ciò significava anche una dura concorrenza nell'attività molitoria fra i vari "impresari". Da qui la necesità per alcuni di associarsi, dividendo e compensando così il rischio, spese e profitti, come anche il tentativo di altri di realizzare un vero e proprio monopolio per controllare quello che doveva essere uno degli affari dell'epoca.
Questi "patti di associazione" venivano anche sanciti con veri e propri atti notarili, nei quali le parti s'impegnavano anche ad "accaparrarsi" quel tale mulino, così come si "obbligavano d'assistere personalmente in dette moline come da dovere e non mancare qualsiasi causa o pretesto".
Da un atto notarile del 1747 risulta che sei cittadini capaccesi erano riusciti eccezionalmente a fittare tutti e sette i mulini di Capo di fiume. 



La ruota del Mulino d'Alessio oggi "Le Trabe"
L'attività molitoria era tipica di quell'eterogeneo ceto che cercava di emergere tra gli spazi lasciati liberi o concessi da quello dominante.
Capaccio come tutti i centri del Regno di Napoli dell'epoca era dominata economicamente e socialmente da un ristretto numero d'individui ed istituzioni: il feudatario, il clero e quella borghesia che viveva more nobilium, tutti accumunati da un'identica conduzione dei loro beni quella della rendita. 

La piccola proprietà esisteva, ma se era unica fonte di reddito, era sempre a rischio nei periodi di recessione o di carestia, guerra o malattie endemiche, di essere fagocitata dai grandi proprietari dell'epoca.

Per chi voleva elevare il proprio stato economico e sociale non rimaneva che darsi alle attività imprenditoriali all'ombra del feudatario e degli altri potentati come a danno del Comune, cosa che li accumunava anche al feudatario che fu protagonista di storiche usurpazioni proprio a danno della comunità capaccese.

Così a lungo andare nel '700 a Capaccio si formò una categoria di benestanti, che diversamente da quanto avveniva nel vicino Cilento, si distingueva oltre che per la media proprietà, soprattutto per la maggior parte dei casi, per il possesso di capitali commerciali, di masserie di animali proprie o in fitto, per il commercio di grano e per i fitti, sub affitti di terre, mulini, di diritti feudali o di pascolo. Tra quest'ultimi sono da ricordarsi i diritti di "fida", che vennero anch'essi monopolizzazti da questo ceto emergente (9), come lo furono anche i fitti dei beni del Conte di Capaccio, degli altri nobili presenti con loro proprietà nella Piana di Capaccio e degli enti ecclesiastici (Mensa Vescovile, Parrocchie, ecc.).

E' da questa borghesia di fittavoli e di massari, che si svilupperà all'ombra della feudalità, che sorgerà, poi, quel ceto di proprietari terrieri che soppianterà la vecchia nobiltà assumendone le funzioni economiche e sociali nel XIX secolo.

Non sorprende quindi la scelta di metodi aggressivi anche nella conduzione dei mulini come ad esempio i patti di associazione. Erano gli strumenti con cui si cercava da parte di questi emergenti di stabilizzare il proprio ruolo e massimizzare i profitti. Ma è anche vero che tali accorgimenti si scontravano con la volontà dei maggiorenti e quindi dei proprietari dei mulini, di non vedere i loro beni deprezzati o strumento dell'arricchimento altrui, volendo mantenere la loro posizione dominate.

Così non era difficile che si cercasse da parte di costoro di alimentare una rotazione nel fitto dei loro beni per non fare che questi fossero sempre nelle mani di alcuni e per non rafforzarne le posizioni.
D'altra parte i patti di associazione potevano essere realmente nocivi, in quanto i conduttori potevano dirottare, per comodità o necessità, partite di grano da macinarsi altrove a danno dell'attività del mulino che in precedenza ne aveva sempre beneficiato.

Così assistiamo dalla lettura degli atti notarili dell'epoca a diversi cambi di mano nella conduzione dei mulini. Ad esempio i due mulini della famiglia Vita fittati dal settembre 1745 all'agosto 1748 a G. Suozzo e D. A. Spinillo per 300 tomoli di grano l'anno, passano nell'agosto del 1746 al settembre del 1747 nelle mani di E. Lucifero e G. di Ceia per solo 150 tomoli e 1/2 di grano l'anno, dopo la risoluzione del contratto di fitto con i precedenti conduttori perchè rei di patti d'associazione. Ma i subentranti nella conduzione dei mulini non vengono riconfermati per il triennio successivo, vedendosi sostituti nel fitto per 300 tomoli di grano l'anno da G. Marino, G. Franco e M. Niglio.

Interessante poi come i contratti di fitto ci permettano di scoprire anche il declino economico di alcune zone del nostro territorio. 
Particolare il caso dei 4 mulini del Conte di Capaccio a Varco del Carro, confinante con l'odierna Spinazzo, che per il triennio 1743-1746 furono fittati per 300 tomoli di grano l'anno. Il prezzo di fitto di quei mulini nel triennio 1761-1754 scese a 160 tomoli. Nel 1778 il fittavolo del Conte di Capaccio, il Forlano, li sub-affitta dal 1778 al 1784 (cioè per sei anni) ai fratelli N. e P. Barlotti per 50 tomoli di grano l'anno, più 30 carlini per la vigna lì vicina (10).

Abbiamo visto che il fitto dei mulini, ma in realtà anche di altri beni, avvenivano in "genere". Ma difficilmente i grandi proprietari, il feudatario, gli enti ecclesiastici e le grandi famiglie borghesi, sino all'eversione della feudalità, si interessavano della loro commercializzazione nei grandi mercati del tempo.

In realtà ciò avveniva attraverso intermediari, che acquistavano il grano in loco, cioè col solito metodo dell' "Asta con accensione delle candele", che anche in questo caso avveniva nella pubblica piazza di Capaccio Paese.

Marina di Paestum di Alessandro La Volpe

Il grano, quindi, acquistato dagli agenti locali ma anche da mercanti di altre località , veniva, poi trasportato sulla costa di Capaccio, nel luogo di caricamento, detto "di Brianza" in località Torre di Pesto. Da qui il grano procedeva verso Salerno e gli altri luoghi di "approdo" del grano capaccese, che come per quello cilentano e del Vallo di Diano, erano la Costiera Amalfitana, Eboli ed il Golfo di Napoli.

La millenaria storia dei nostri mulini termina all'inizio del secolo scorso con la trasformazione in centrali elettriche di alcuni di essi, che sono anche gli unici di cui ancora noi moderni abbiamo testimonianza, e cioè i primi ad essere trasformati in centrali, cioè le Muline di Mare, che erano di proprietà della famiglia Maida e quelli di Capo di Fiume, che erano di proprietà della famiglia d'Alessio, cioè l'attuale ristorante "Le Trabe". Questa fu la più importante centrale elettrica capaccese che insieme all'altra nel 1927 producevano energia di poco inferiore ai 100 HP (11). 

Note:
(1) A.S.S., Catasto Provvisorio. Il "Quadro Riassuntivo" ne indica 8, ma da un riscontro delle diverse partite pare che essi in realtà fossero ben 11: due e non uno quelli di Vittoria Vita (n. partita 531) e per i mulini del feudatario di Capaccio (n. p. 185) due a Vado (=Varco) del Carro e le due Muline di Mare.
(2) Il Sica e l'Abazia di S. Benedetto di Salerno da un riscontro sul Catasto Onciario appaiono proprietari di mulini, siti a Capo di Fiume, ma non compaiono nè negli atti notarili succesivi nè sul successivo Catasto Provvisorio, deducendosi da ciò che se ne erano liberati precedentemente.
(3) Nel 1705 Pirro Pinaideis de Guinara morì senza eredi e i suoi feudi (Giungano e le signorie di Spinazzo e Convincenti) furono devoluti al Fisco (V. Rubini, La coppola di don ciccillo ed altre storielle pestane di V. Rubini, Ed. Delta 3, 1996,p.75). In seguito appare come proprietario della "Difesa di Spinazzo" e dei suoi mulini Garofalo Juniore, duca della terra di Giugano.
(4) I "processetti" per le mutazioni delle quote erano una procedura prevista dall'art. 9 della legge del 9 ottobre 1809, che prevedeva che il Sindaco e tre Decurioni potessero correggere o aggiornare il Catasto, "caricando" o "scaricando" alle diverse partite (ditte) i beni acquistati o venduti.
(5) Particolareggiata, invece, la descrizione dei mulini fatti nell'atto notarile di fitto dei 2 mulini di proprietà di Giuseppe Vita a Giovanni Sozzo e Domenico Antonio Spinello nell'agosto del 1745. I mulini siti in Capo di Fiume sono "dentro due stanze di casa coverta di imbrici, oltre ad un'altra casa sottana con torretta nuova di sopra, un'altra stanza per cucina e stallone nuovo per abitazione colli soliti acquari del detto fiume, ruote di legno, moli di pietra ed altri strumenti di ferro necessari a detti mulini, con orti attigui".
(6) Palazzo Forlano è uno delle più belle e grandi case palazziate di Monticello, sul capoluogo, trasformato dopo il terremoto dell'ottanta in un'attività di ricezione turistica e di ristorazione.
(7)  Così la Mensa Vescovile per il periodo 1749-52 fittava i propri mulini per tomoli 75 e ducati 35. 
(8) Cautela questa molto importante se nel 1859 il Barone De Marco, subentrato probabilmente alla famiglia Vita nella proprietà di detti mulini, avvierà una causa contro i sig.ri E. Bellelli e G. d'Alessio (anch'essi proprietari di mulini) colpevoli, a suo dire, di aver, con dei lavori su un argine di uno dei canali di Capo di Fiume, diminuito il volume d'acqua utile per movimentare i macchinari dei suoi mulini. In secondo grado una perizia accertò che l'inconveniente deriva dalla mancata pulizia del tratto di canale che portava l'acqua ai mulini del De Marco.
(9) La "fida" era il canone che si pagava in compenso della concessione di far pascolare un animale in un terreno, che era gravato dall'onere di consentirlo ai cittadini di un determinata località. 
(10) I mulini di Varco del Carro (che probabilmente sfruttavano le acque del Solofrone) erano dipendenze della "Difesa di Spinazzo", località di Capaccio confinante con Giungano (signoria del cui feudo era anticamente parte), Cicerale, Ogliastro C.to ed Agropoli. Varco del Carro era quindi anche località di macinatura del grano per le zone vicine oltre che di transito per il Cilento. Era una delle poche zone della Piana ampiamente coltivata. Le cose, però, cominciarono a cambiare già nel 1656 con la scomparsa del casale di Convincenti a seguito della peste che sterminò i suoi abitanti.
(11) Come risulta da un ricorso della società elettrica del d'Alessio, la Società Salernitana di Elettricità, con sede a Salerno, al Consiglio Provinciale di Salerno, datato 20/21/1928, contro il carico fiscale a cui questa era stata sottoposta.