martedì 14 ottobre 2008

La morte della Polis. Quando tutta la città era scuola di politica, vita civile e cultura.



“Liberamente noi viviamo…
di fronte alle leggi siamo tutti uguali…
amiamo il bello e ci dedichiamo al sapere…
con il diletto scacciamo il dolore…
…tutta la città è la scuola della Grecia.”

[Pericle, Epitaffio pronunziato per i caduti ateniesi nel primo anno della guerra del Peloponneso; secondo Tucidide, II, 35-46]





Carissimo Pietro,
come sai ti seguo da sempre con interesse ed attenzione.
Mi sembra che tu abbia colto il senso primo della mia analisi, che andava al di là degli sterili ideologismi, per focalizzarsi su una questione prettamente locale, ma anche di portata ontologicamente più ampia, che potremmo sintetizzare nella morte della polis.
La Polis, come microcosmo, come rappresentazione di un modo di essere che è stato tipico dell’occidente e che si è manifestato attraverso idee come quella di cittadino, contrapposto a suddito, di democrazia, come governo dei più contrapposto a quello di uno o di pochi.
La Polis, come luogo dei molti, dove hanno cittadinanza la politica dei soggetti e la democrazia delle relazioni. Dove l’individuo è attore protagonista e non mero delegante o spettatore assente.
I nostri antenati, i cittadini della “Universitas Civium Caputaquae”, si riunivano in quella che è ora Piazza Orologio, ad imitazione dei più lontani Poseidonati , per tenere “libero parlamento” sulle questioni che riguardavano la loro comunità. Oggi non solo assistiamo all’assenza dei e dai “luoghi” della polis, ma addirittura alla negazione dell’essenza stessa dell’essere cittadino: la non partecipazione, l’assenza distratta o pavida dalle questioni generali, salvo la salvaguardia del piccolo tornaconto personale, se il singolo ne ha la forza. “Ma qui vale la pena ricordare che nell’antica Grecia l’individuo ridotto alla sua finitudine sostantiva, senza più possibili aggettivi qualificativi, ristretto alla datità della sua origine privata, cioè l’antipode esatto del politès, del cittadino aperto allo scambio comunitario, veniva senza indugio nominato idiotès. Un idiota” (Raffaeli M., L’uno e l’altro senza Venerdì, il Manifesto 24 febbraio 2006).
Questo era il punto nodale. La mancanza di dibattito nel paese sulle questioni che lo riguardo, “ il silenzio assordante” che come un eco si diffonde dai portici di Capaccio Scalo, ai giardinetti di Capaccio Capoluogo sino alla più periferica delle nostre contrade.
Eppure l’essenza stessa di una comunità è nel dialogo, nella partecipazione, nella solidarietà e si manifesta nella sua capacità di governare il presente e progettare il futuro.
Ma come si può realizzare ciò senza dibattito? Senza conoscenza dei “processi” e dei “fatti”?
Non è una questione di ideologie o appartenenze, ma il tutto si riduce ad una pura e semplice domanda:potere agito o potere subito?

La polis aveva il suo concretizzarsi storico in luoghi fisici e luoghi simbolici:
l’agorà (la piazza), la stoà (il mercato coperto) e il theatron (il teatro).
Ovvero i luoghi della Politica, dell’Economia e della Cultura.
Eppure io, misero fantasma della grandezza dei Padri, volgo il mio sguardo a quella che dovrebbe essere la città moderna e non la vedo.

Le ideologie sono finite ma io sono ancora Democratico Progressista.


Sono un democratico progressista e nelle ultime elezioni comunali ho sostenuto il candidato Sindaco Di Lascio e il suo programma.
Dal ’96 ho sposato il credo di John Kenneth Galbraith che nel libro “La Buona Società” riporta la tesi, che abbattuto il Muro di Berlino nell’89, con la definitiva sconfitta dell’impero Sovietico e dell’ideologia comunista come modello sociale, la distinzione ideologica non avviene più tra destra e sinistra tra capitale contro forza lavoro.
La separazione in essere, scrive, è tra i ricchi e chi si appresta a diventarlo e i poveri. Chi sono i ricchi? Coloro che non vogliono rinunciare ai loro privilegi, mentre i poveri non hanno voce in politica. Che cosa è la buona società? Come dovrebbe essere fatta? Quali obiettivi dovrebbe porsi, partendo dal presupposto dell’esistente divario tra chi è più fortunato e chi è privo di mezzi?
“La buona società deve garantire a tutti i suoi cittadini la libertà personale, la soddisfazione di tutte le necessità primarie, l’uguaglianza razziale ed etnica e la possibilità di una vita gratificante”.
“E’ nella natura di ogni classe privilegiata, afferma inoltre Galbraith, sviluppare la propria giustificazione politica e spesso una teoria economica e sociale che la sostenga al meglio”.
In Italia e nel mondo, è prevalso il modello liberista senza regole inaugurato da Reagan nel 1981 quando nel discorso di insediamento pronunciò:” Lo Stato non è la soluzione, lo Stato è il problema"
Oggi è il liberismo capitalista mondiale a crollare come ideologia e siamo tutti più poveri. In tutte le Nazioni è stato deliberato l’intervento dello Stato.
Non so quali saranno le evoluzioni sul piano monetario internazionale e la crisi quali e quanti ripercussioni avrà sugli equilibri politici mondiali . Posso immaginare e auspicare che solo un mix ben dosato ed equilibrato di liberismo e di socialismo potra' dare risultati utili per tutti e senza eccessi per nessuno. E saranno solo governi seri e composti da gente capace e onesta che lo potranno fare. Apprezzo la tua sollecitazione e i tuoi interventi se come me immagini che un futuro migliore è possibile. Per quanto mi riguarda hai avuto la possibilità di leggermi su Unico, sia quando c’era Sica che oggi, non disdegnando critiche e suggerimenti nell’uno e nell’altro caso…….inutilmente.
Rimanere prigionieri delle ideologie comporta la giustificazione di tutto, di tutti e di ogni cosa vi appartenga. In molti, troppi casi, ha permesso a molti faccendieri e trasformisti di rimanere a galla, nascondendosi sotto l’ombrello ideologico di destra o di sinistra. La selezione va fatta all’origine.
Ritengo, e da più tempo lo scrivo, che esistono persone di destra, di centro, di sinistra perbene, con o senza tessera, e dall’incontro delle stesse potrà nascere la sintesi progettuale per il buongoverno di Capaccio-Paestum.
Onesta` politica e trasparenza sono obblighi primari per chi ritiene di servire il proprio Paese senza nessuna pretesa di avere in mano la verita' indiscussa o indiscutibile.
Riscoprendo lo spirito dell’agorà greca e i valori di democrazia, dialogo, accoglienza, partecipazione, solidarietà, sviluppo e la lotta contro ogni privilegio e il potere senza responsabilità, e la base programmatica lasciataci in eredità da Gigino, si può immaginare di perseguire in una diversa e più avanzata forma di democrazia, un diverso sistema di relazioni tra amministrazione, territorio e società, al di là delle vetuste forme organizzative destra-sinistra, di costruire “assieme” la “Città Futura”.
Pietro De Rosa
demop@inwind.it

Questo intervento di Pietro è in risposta al mio A.A.A. Cercasi sinistra disperatamente!!!!!!!!.

martedì 7 ottobre 2008

A. A. A. CERCASI SINISTRA DIPERATAMENTE!!!!!!!!!!!!

Visto da destra: esiste una sinistra a Capaccio?

A qualcuno sembrerà una domanda provocatoria. Ma per chi come me è, nel suo piccolo, un curioso della politica a Capaccio sorge spontaneo domandarselo.

Non è una questioni di simboli o appartenenze cartacee, ma di quello spirito libertario e democratico che (ahimè!) non vedo. Spirito che si concretizzava in un forte protagonismo e attivismo sociale e politico soprattutto su importanti temi per la comunità.

Apparentemente le ultime amministrative hanno fotografato due sinistre. Quella di “governo o mariniana”, che si è presentata come civica, incorporando in sé anche uomini ed esperienze apparentemente diverse e quella di “opposizione” o “ideale” che si raggruppò intorno al carisma e alla forte personalità del compianto prof. Luigi Di Lascio.

Tralasciando fatti e misfatti dell’amministrazione
comunale, che pur in alcuni suoi aspetti sono salienti, appunterei la mia attenzione sul modello "pseudo-civico" di Marino e su quello “alternativo” o "critico" di Di Lascio.

Già nella scorsa campagna elettorale politica sono cominciati ad emergere i primi scricchiolii del modello civico.Fondato sull’idea della centralità del leader (il candidato sindaco) e del suo ristretto cerchio, tale progetto ha rigettato il ruolo dei partiti, considerati inutili “ammennicoli”. Un esempio è il silenzio di partiti e movimenti ufficiosamente rappresentati in amministrazione (PD, Pdci e liste), che in momenti delicati della vita della coalizione come di importanti provvedimenti per il paese, non hanno fatto ascoltare la propria voce ne avuto alcun ruolo. In tal senso sembrano non aver alcuna autonomia dalla compagine amministrativa ed appaiono soltanto come “prolungamenti funzionali”.

Il recente dissenso interno alla maggioranza, negato ufficialmente, ma ampiamente discusso sotto i portici di Capaccio Scalo, nelle barberie e nei sottoscala, è stato posto in luce solo da un articolo pubblicato da Oreste Mottola su Unico. Il che, in un paese come Capaccio di grande tradizione civile e politica, è già grave di per se. Di passaggi ufficiali non ve ne è traccia. L’assenza del ruolo dei partiti ha ridotto tutto a un apparente episodio di mero tornaconto di consiglieri rimasti con le “briciole in mano della torta della festa”. Delle ragioni del dissenso, se esiste, a questo punto è lecito chiederselo, ufficialmente nulla si sa.
Di illazioni, anche gravi, se ne sono fatte sulla questione,eppure nulla è stato portato sul piano politico. I partiti e i movimenti, che, in condizioni normali, avrebbero dovuto avere un ruolo di mediazione, oltre che di guida in una amministrazione comunale, tacciono. Anzi sono inesistenti.

Il malessere dei comunisti italiani è stato messo in luce già nella scorsa campagna elettorale quando Pinello Castaldi si lamentò in pieno Consiglio comunale di alcune fughe in avanti di esponenti della maggioranza che si dichiararono del PD pregiudicando, a suo dire, data la contestuale candidatura di Mauro Gnazzo alle politiche, le ragioni costituenti della coalizione stessa, civica, e non politica. Infatti, ricordiamo come il sindaco, il suo vice ed altri esponenti minori si dichiarassero del partito di Veltroni in piena campagna elettorale. Il malcontento già serpeggiava in vari consiglieri, anche se pareva ardere solo sotto la cenere, per arrivare, poi in un recente passato, addirittura, alla remissioni delle deleghe da parte di Castaldi . Un atto grave che però non ha avuto pubbliche motivazioni né di natura politica che amministrativa.

Silenzio!

Non manca poi il caso PD.

Dopo il successo delle primarie, a cui sembra abbiano partecipato un po’ tutti, anche qualche esponente di Forza Italia, del Partito Democratico non se ne è saputo più nulla. Salvo la parentesi elettorale dove quel partito ha subito e dovuto rincorrere, tra l’altro con scarsa efficacia, le iniziative del centro-destra.
Dopo mesi di letargia finalmente la nomina dei suoi organi rappresentativi. Al di là della conferma, come da pronostico, del “delfino della famiglia Valiante”, come fu definito in un celebre comunicato dell’addetto stampa comunale, le sorprese non sono mancate, con l’esclusione di esponenti e nomi storici della sinistra capaccese e la comparsa di altri non certo con denominazione di origine controllata. Tanto che si è parlato di “corpi estranei” e di “occupazione manu militari” del partito. Di certo questo PD appare come incapace di una proposta politica, stritolato come è negli ingranaggi dell’azione dell’amministrazione comunale, anzi sembra non avere né un ruolo distinto né un’identità propria. Di classe dirigente non è il caso di parlarne proprio. Non abbiamo avuto notizia alcuna di una proposta nè di un’idea o di un progetto avanzato. Eppure di scelte importanti in amministrazione se ne sono fatte e tuttora se ne fanno.
Sembra che nell’amministrazione Marino tutto ruoti intorno al ruolo degli eletti, in verità solo alcuni. Tanto che il primo cittadino ha sempre con orgoglio richiamato l’investitura popolare a governare e a decidere, senza mediazioni, in solitario come ragione fondante della sua azione politica e amministrativa.

E che dire dei partiti e movimenti che si raccolsero intorno a Di Lascio?

Inesistenti.

Dalla morte del professore non si è avuta notizia ne di un’azione politica ne di un’ iniziativa.
Unica uscita pubblica il manifesto in cui si disconosceva la sig.ra Maria Vicidomini, subentrata a Di Lascio, come rappresentante in Consiglio Comunale di Città futura. Peraltro senza replicare a quello dell’amministrazione che invece esprimeva solidarietà e su cui ci sarebbe stato molto da dire.
Eppure nel recente passato abbiamo visto gli Stazionanti (persone e movimenti , più o meno, sono quelli che aderirono al progetto Di Lascio) impegnarsi sulla questione della stazione di Paestum e sottopasso, della via intorno alle mura, ma nulla, e ripeto nulla, abbiamo inteso su altre questioni importanti che riguardano la collettività in cui vivono. Eppure di cose rilevanti su cui vi è effettiva possibilità di incidere ed essere determinanti , al di là dello sterile porre il punto, se ne sono viste dalla scomparsa del professore De Lascio ad oggi. Non ultimo il PUC. Già nella fase preliminare della redazione degli indirizzi alla relazione programmatica sul PUC non vi è stata alcuna partecipazione apparente ne alcuna preposta. Eppure per un movimento che si denomina “Città Futura” non esprimere opinioni , suggerimenti o indicazioni su questo importante strumento urbanistico che determinerà la città futura è paradossale. Soprattutto se si pensa che esso avrà risvolti non solo urbanistici, ma economici e sociali rilevanti.

Attualmente tali movimenti appaiono come un corpo senza testa.
Un movimento anarcoide di radical chic senza un obiettivo comune e un comune denominatore. Le ragioni del fare politica e del bene comune evidentemente da sole non sono sufficienti.
Cercasi leader disperatamente!

Purtroppo!

Che la Vicidomini avesse ragione a lamentarsi della mancanza di indicazioni sulle questioni amministrative e politiche dai suoi movimenti di riferimento?

Nei Simpsons il beone Barney alla richiesta del barista Boe di accompagnare Homer all'uscita esclamava: "Esiste un'uscita?"

A Capaccio basterebbe interrogare molte facce conosciute della sinistra per leggere sui loro volti:

"Esiste una sinistra?"

Siamo italiani, non c'e' altro da dire. Bisognerebbe solo fare.